da: Il Fatto Quotidiano
Legambiente
fa business con l’ecologia. I dubbi degli esperti: “E’ una onlus”
La
principale organizzazione ambientalista italiana ha quote in alcune società,
come Azzero CO2 che investe sulle fonti rinnovabili grazie anche agli incentivi
pubblici e ha come clienti alcuni colossi dell'energia. Oltre ai potenziali
conflitti di interesse, c'è il rischio di incompatibilità tra affari e settore
non profit di utilità sociale. La replica dell'associazione: "Il nostro
impegno concreto è utile a indirizzare le scelte industriali e ambientali del
Paese"
di Luigi
Franco
Oltre 115mila tra iscritti e sostenitori.
Più di 3mila giovani che partecipano ai suoi campi di volontariato. Tante
iniziative a difesa di natura e territorio. Ma Legambiente non è solo questo:
la più importante e influente organizzazione ambientalista italiana fa anche
business. Su che cosa? Su ambiente e fonti rinnovabili, con tanto di potenziali
conflitti di interesse. Ma non solo, perché Legambiente è una onlus,
un’organizzazione non lucrativa di utilità sociale. E secondo gli esperti
interpellati da ilfattoquotidiano.it, il docente di Diritto commerciale
all’Università degli Studi di Milano Ugo Minneci e il consulente su
legislazione e fiscalità degli enti non profit Carlo Mazzini, “una onlus non potrebbe detenere partecipazioni in grado di garantirle il controllo di società di capitali, pena la perdita dello status stesso di onlus e delle conseguenti agevolazioni fiscali”. Senza contare che quando non è la stessa Legambiente a fare impresa, ci pensano diversi suoi dirigenti e consiglieri nazionali ad aggiungere al loro ruolo di ambientalisti quello di imprenditori.
legislazione e fiscalità degli enti non profit Carlo Mazzini, “una onlus non potrebbe detenere partecipazioni in grado di garantirle il controllo di società di capitali, pena la perdita dello status stesso di onlus e delle conseguenti agevolazioni fiscali”. Senza contare che quando non è la stessa Legambiente a fare impresa, ci pensano diversi suoi dirigenti e consiglieri nazionali ad aggiungere al loro ruolo di ambientalisti quello di imprenditori.
Azzerare
la CO2? Con la srl è meglio
Per combattere il surriscaldamento globale
la soluzione è una: limitare le emissioni di anidride carbonica. Dall’enunciare
un sacrosanto principio ambientalista a farci sopra affari il passo è breve.
Tanto che il principale braccio operativo di Legambiente si chiama proprio
Azzero CO2, una srl con 119mila euro di capitale sociale che offre diversi
servizi, dalla consulenza in ambito energetico alla progettazione e
realizzazione di impianti che sfruttano fonti rinnovabili. Il business tira,
grazie anche a clienti come il colosso Enel, Edison e Sorgenia, tutti attivi
nel settore energia.
Legambiente possiede direttamente il 36%
della società, mentre il 15% è in mano alla fondazione Legambiente Innovazione,
che per l’associazione si occupa dei premi alle imprese che sviluppano prodotti
innovativi dal punto di vista della sostenibilità ambientale. Gli altri due
soci sono il circolo di Legambiente ‘Festambiente’ (9%) e l’associazione Kyoto
Club (40%), anch’essi legati alla onlus ambientalista. I circoli, nello
statuto, sono infatti definiti “organi decentrati di Legambiente”. Kyoto club
invece è un’organizzazione non profit presieduta dal neo presidente di Terna
Catia Bastioli che tra i propri soci ha la stessa Legambiente insieme a molte
società che operano nel settore dell’energia e alle industrie dell’eolico che
fanno parte dell’Anev (Associazione nazionale energia del vento). Tra i suoi
scopi, si legge sul sito, c’è quello di “stimolare proposte e politiche di
intervento mirate e incisive nel settore energetico-ambientale”. Fare lobby, insomma,
con il supporto di Legambiente, che in Kyoto club può contare sul vice
presidente Francesco Ferrante, membro del direttivo dell’organizzazione verde
ed ex parlamentare del Pd.
Il ruolo di Legambiente nella gestione di
Azzero CO2 è evidente: tutti i vertici della società fanno parte anche degli
organismi dirigenti della onlus che, va detto, contano più di 400 persone. Il
presidente di Azzero CO2 Giuseppe Gamba è un membro della presidenza del
comitato scientifico di Legambiente, l’amministratore delegato Mario Gamberale
è nel consiglio nazionale, mentre il consigliere della srl Sandro Scollato è
nel direttivo nazionale e ha sostituito poco più di un mese fa un altro
dirigente di Legambiente, Mario Zambrini. E gli altri due consiglieri di
amministrazione? Edoardo Zanchini è il vice presidente della onlus, mentre
Andrea Poggio ne è il vice direttore generale. Azzero CO2, insomma, è una
diretta emanazione di Legambiente.
Niente che l’organizzazione ambientalista
abbia mai tenuto nascosto. Anzi ne ha sempre fatto una ragione di vanto, visto
che secondo i vertici con il business bisogna sporcarsi le mani per indirizzare
le scelte industriali e ambientali del Paese. Il vice presidente Zanchini, che
per Legambiente è anche responsabile del settore Energia, spiega infatti:
”Quando qualche anni fa abbiamo creato Azzero CO2, l’idea era quella di
promuove il settore dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili. Se
dobbiamo cambiare il mondo una parte di questo sforzo dobbiamo farla anche noi.
Ad Azzero CO2 diamo un mandato preciso, di fare campagne che altrimenti non
farebbe nessun altro, come quella per la sostituzione di coperture di amianto
con il fotovoltaico. Il nostro obiettivo è fare gli interessi del Paese andando
nella direzione delle rinnovabili, non far guadagnare Azzero CO2″.
Ma c’è un rischio. Se da un lato si
partecipa alla definizione delle leggi come maggiore associazione ambientalista
italiana e dall’altro lato si fa impresa, per esempio grazie agli incentivi
alle fonti rinnovabili, si cade nel più classico dei conflitti di interesse. E
si finisce per essere accusati da altre associazioni ambientaliste, come Italia
Nostra, di essere “una potente lobby con solidi legami con il mondo economico e
con il mondo politico”. Del resto Legambiente ha radici ben piantate nel Pd,
soprattutto negli Ecodem del suo presidente onorario Ermete Realacci, e fronde
che crescono veloci nella nuova formazione Green Italia. Mentre diverse
industrie, alcune del settore energia, sono state spesso generose a garantire
alla onlus sponsorizzazioni e partnership.
Dirigenti
della onlus in prima linea
Se non è Legambiente a fare affari
attraverso Azzero CO2, a farli, o almeno a provarci, sono diversi suoi
dirigenti attraverso altre società. Come nel caso del consigliere nazionale
dell’associazione ambientalista Lorenzo Partesotti, che con la sua Solaris
negli anni scorsi si è speso invano per la costruzione di un impianto eolico su
monte dei Cucchi, sull’Appennino Bolognese. Chi realizzò lo studio di impatto
ambientale favorevole al progetto, in quel caso? Ambiente italia, una srl che
fino a poco più di un mese fa era socia di Azzero CO2, prima di essere
sostituita dal circolo di Grosseto Festambiente. Ambiente Italia è una srl
fondata tra gli altri da Realacci, che ha partecipato anche alla nascita del
Kyoto club. Realacci a un certo punto ne è uscito, ma tra i proprietari di
Ambiente Italia ci sono ancora ben cinque membri del vertice nazionale di
Legambiente: Giulio Conte, Duccio Bianchi, Marina Alberti, Maria Berrini e
ancora una volta Mario Zambrini, che oltre a essere socio è anche
amministratore unico della società. E che cosa fa Ambiente Italia? Oltre a
studi di impatto ambientale per la costruzione di impianti eolici per clienti
come Agsm e Sorgenia, offre servizi di consulenza al gruppo Salini costruzioni
e al colosso del cemento Colacem.
Zanchini in tutto ciò non vede alcun
problema: “Siamo felici che ci sia contaminazione nel gruppo dirigente di
Legambiente – spiega -. Ci sono persone che magari non la pensano come noi,
lontane da noi, ma che sono interessate ai nostri temi e ai nostri obiettivi.
Così facciamo in modo che facciano parte del gruppo dirigente. Noi cerchiamo di
spingere in certe direzioni di cambiamento e quindi coinvolgiamo esplicitamente
anche gli imprenditori”.
Ma così quelli che dovrebbero essere i
soggetti controllati dagli ambientalisti finiscono per essere i clienti dei
vertici della principale associazione ambientalista o, attraverso Azzero CO2,
dell’associazione stessa. E gli affari vanno pure bene. Azzero CO2 nel 2013 ha
realizzato ricavi per 4,6 milioni di euro e un utile di 34mila euro, limitando
le conseguenze della crisi e del taglio degli incentivi sui 6,4 milioni di
ricavi e i 136mila euro di utili registrati nel 2012. Ambiente Italia ha
incassato nel 2012 2,1 milioni, con un utile di 129mila euro.
Un
sistema di società che fa business sull’ambiente
Le ramificazioni che partono da Legambiente
vanno oltre Azzero CO2. Che infatti possiede al 100% la società di servizi
editoriali Qualenergia e quattro srl (Eternet Free 1, Eternet Free 2, Eternet
Free 7, Eternet Free Azzero CO2) che fanno affari installando impianti
fotovoltaici sui tetti, un business che gode degli incentivi pubblici e che è
stato spinto anche dalla campagna di Legambiente ‘Eternet Free’, finalizzata a
promuovere la sostituzione di coperture in eternit con celle fotovoltaiche.
Eternit Free Azzero CO2, per esempio, nel 2012 ha realizzato impianti per un
valore complessivo di quasi 600mila euro, come indicato in bilancio. Azzero CO2
possiede inoltre il 10% in Esco Lazio srl, una società con interessi nel biogas
e nel fotovoltaico con ricavi che nel 2012 sono stati di 1,2 milioni di euro e
con quote in altre quattro società che operano nel settore energia.
Una piccola holding, questo è anche
Legambiente. Che è pure socia al 10% di Menowatt GE srl, una società che si
occupa di tecnologie per l’illuminazione pubblica e per motori efficienti e che
fino alla fine del 2013 era posseduta al 70% da Sorgenia, la società del gruppo
Cir della famiglia De Benedetti che partecipa all’azionariato della centrale a
carbone Tirreno Power di Vado Ligure, finita al centro di un’inchiesta della
procura di Savona con ipotesi di reato che vanno dal disastro ambientale
all’omicidio colposo. E che dovrebbe pertanto essere un nemico giurato degli
ambientalisti, piuttosto che un alleato. “Abbiamo fatto dure battaglie contro
le centrali a carbone di gruppi come Sorgenia o Enel – ribatte Zanchini -.
Quando però queste società fanno interventi di efficienza energetica e di
rinnovabili non abbiamo problemi a collaborare con loro e fare accordi che
vanno nella direzione verso cui spingiamo”. Nessun imbarazzo, dunque, in
Legambiente. Del resto Sorgenia ha sempre garantito alla onlus laute
sponsorizzazioni e tuttora ha in pegno il 14% delle azioni di Menowatt GE.
Ma i business di Legambiente non finiscono
qui. La onlus possiede anche il 50% di Vivilitalia, una società che si occupa
di turismo sostenibile, mentre il suo circolo Festambiente ha in portafoglio
anche il 40% di Solaria, un’altra srl attiva nel settore delle rinnovabili. E’
stata invece chiusa Car Sharing Italia, una srl per il noleggio di vetture
ecologiche messa in liquidazione dopo la perdita da 206mila euro registrata nel
2009. Da non dimenticare poi l’Editoriale la Nuova Ecologia, la società
cooperativa promossa da Legambiente per pubblicare la rivista
dell’associazione.
Una
onlus che fa impresa? Per gli esperti è vietato
Favorire le leggi sugli incentivi alle
fonti rinnovabili e poi sfruttare tali incentivi per fare affari? Di certo c’è
un problema di opportunità e di potenziali conflitti di interesse. Ma non è
tutto. Perché Legambiente è una organizzazione non lucrativa di utilità
sociale. Può una onlus fare impresa attraverso altre società, come Azzero CO2?
No, secondo gli esperti contattati da ilfattoquotidiano.it. Carlo Mazzini,
consulente sulla legislazione e sulla fiscalità degli enti non profit e
curatore del sito Quinonprofit, spiega: “Attraverso alcune circolari l’Agenzia
delle entrate ha stabilito in passato che una onlus non può avere
partecipazioni tali da poter gestire, dirigere e indicare gli amministratori di
una società, a meno che tale società non sia un’impresa sociale che non
distribuisce gli utili”. Una regola che è in conflitto con la situazione di
Legambiente e Azzero CO2, il cui statuto addirittura dà diritto ai soci “che
siano associazioni ambientaliste riconosciute” di ricevere una percentuale
maggiorata degli utili.
“La ratio delle indicazioni dell’Agenzia
delle entrate – continua Mazzini – è che una onlus possa investire in società
di capitali solo con finalità di risparmio, ma senza avere partecipazioni di
controllo. In modo da evitare che si possa fare impresa con soldi che
provengono da donazioni, e quindi da una fiscalità agevolata”. Analoga
l’opinione di Ugo Minneci, docente di Diritto commerciale all’Università degli
Studi di Milano: “La onlus non si può trasformare in una sorta di capogruppo di
società di capitali, altrimenti finisce per tradire la sua vocazione. E rischia
di perdere lo stato di onlus e le conseguenti agevolazioni fiscali”.
Argomentazioni a cui Zanchini replica così:
“La partecipazione è divisa tra diversi soggetti e noi non esprimiamo il
controllo di Azzero CO2, perché il controllo lo fa il management”. Ma se il
management fa parte del vertice di Legambiente? “L’accusa mi fa ridere –
risponde il vice presidente della onlus -. Mario Gamberale (amministratore
delegato di Azzero CO2, ndr) è un cittadino che decide di dare una mano a
un’associazione ambientalista e fa parte del suo consiglio direttivo, come
alcune centinaia di persone. Il management non dipende da noi. Come Legambiente
esprimiamo solo gli indirizzi di Azzero CO2 per quanto riguarda le scelte sulle
campagne e sulle iniziative che ci interessano. E controlliamo che non vengano
fatte cose che vanno contro le nostre idee. Per esempio abbiamo posto il veto
sulla realizzazione di impianti fotovoltaici a terra”. Parole che di certo non
negano la partecipazione di Legambiente alla gestione della società.
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