mercoledì 18 giugno 2014

Bruno Tinti: “L’Anticorruzione con le mani legate”



da: Il Fatto Quotidiano

L’anticorruzione e la sorveglianza sulle amministrazioni pubbliche non le ha inventate Renzi. L’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici esisteva dal 1994 e la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche dal 2009. Averle unificate nella nuova Autorità affidata a Raffaele Cantone è la dimostrazione della loro inutilità (d’altra parte, con quello che la magistratura ha scoperchiato…); e dell’inefficacia del controllo attribuito a persone provenienti dal mondo della politica o della pubblica dirigenza. Era necessaria, si è capito, una personalità esterna al mondo da controllare: un Cincinnato o, se volete, un Ambrosoli. Un buon inizio dunque. Naturalmente non si va alla guerra senza armi. E la creatura di Cantone, l’Anac, ne ha ricevute due importanti.

1) Può ricevere notizie e segnalazioni di illeciti, il che sembra ovvio e in effetti lo è; ma il denunciante può essere mantenuto anonimo e, nei casi in cui sia assolutamente indispensabile farlo venire allo scoperto, non può essere licenziato dalla società denunciata. Una sorta di testimone della regina che sarebbe bellissimo esportare in ambito penale, magari con l’“immunizzazione” del corruttore o del corrotto che denuncia per primo il reato. Nessuno ci
proverebbe più sapendo che, al primo accenno di indagine, scatterebbe la gara a chi denuncia l’altro. Va da sé che, se la denuncia è calunniosa, 10 anni di prigione non glieli leva nessuno.

2) Propone la procedura di commissariamento per le imprese i cui amministratori siano indagati per corruzione, concussione e turbativa d’asta. Ma non tutte, e questo è il primo punto critico. Solo quelle che hanno avuto appalti per l’Expo. Il Mose non è degno di altrettanta attenzione? E altri grandi appalti (magari da limitare con una soglia di rilevanza economica)? E poi proporre non vuol dire ottenere: non è l’Anac che adotta il provvedimento, è il Prefetto a cui l’Anac lo propone. Però la nuova legge dice che il Prefetto “può” nominare il commissario, “valutata la particolare gravità dei fatti oggetto dell’indagine”. E qui si aprono molti buchi neri.

Se c’è un’indagine penale la “proposta” dell’Anac è obbligata, non discrezionale: la legge dice “propone”, non “può proporre”. Ma la decisione del Prefetto è discrezionale: dispone il commissariamento “valutata la particolare gravità dei fatti oggetto dell’indagine”. Quindi chi deciderà di commissariare questa o quella impresa non sarà Cantone ma qualche sconosciuto Prefetto. Al di là del dato formale, i Prefetti dipendono dal Ministro degli interni e l’Anac da quello dei trasporti, si può essere certi che Cantone non dipende da nessuno e che lo stesso non può dirsi con sicurezza per ogni Prefetto.
Certo, un conflitto Anac-Prefettura sarebbe imbarazzante per il Governo; ma di Autorità – magari senza Cantone – finite come reggicoda della politica (vi ricordate le conversazioni tra B e Innocenzi dell’Agcom?) ce ne sono state molte.
E poi c’è il problema Tar. Il provvedimento del Prefetto è ricorribile in via amministrativa. I presupposti del ricorso sarebbero: la qualità di indagato dell’amministratore, e qui c’è poco da discutere; e “la particolare gravità dei fatti”. E qui ogni avvocato potrà riempire volumi. Al ricorso può seguire la sospensiva: il commissario potrà essere messo in stand-by fino alla sentenza. E poi comunque c’è il Consiglio di Stato.
INSOMMA, questo inciso puzza tanto di sistemi ben conosciuti dalla politica: si fa finta di costruire e si apprestano i sistemi per distruggere. Era molto meglio condizionare il commissariamento alla sola iscrizione nel registro degli indagati; così com’è si rischia una tela di Penelope.
Infine c’è un altro problema non da poco. Sarebbe meglio parlare di amministratori dell’impresa e non dei “componenti degli organi di amministrazione”. In questo modo il commissariamento potrebbe scattare anche se indagato è l’amministratore di fatto e non il semplice prestanome sbattuto in CdA e che non sa nulla di nulla. Si sa bene che i “padroni” di una società spesso non hanno nulla a che fare con gli “organi di rappresentanza legale o di amministrazione”.
Detto questo, l’Anac potrebbe essere una buona cosa. Perché c’è Cantone. Ci avessero messo il solito grand commis, si può esser certi che sarebbe stato fumo negli occhi. Il che ci riporta al grande pensiero di Snoopy sdraiato sul tetto della sua cuccia: “Se la mente del giudice funziona, la legge è sempre buona.”

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