da: Lettera 43
Inchiesta Mose, Venezia
s'indigna per lo scandalo
La città travolta
dalla Tangentopoli. Tra lo stupore di molti. E la soddisfazione di altri.
Il viaggio di Lettera43.it in Laguna.
di
Elisa Lorenzini
La
notizia in poche ore ha girato ogni angolo della città. Sugli autobus, sui
vaporetti, nei bar, negli uffici e nei negozi man mano che si alzavano le
saracinesche.
La città è in subbuglio per quella che è stata ribattezzata la Tangentopoli veneta, nell'ambito degli appalti del Mose, il sistema di dighe mobili progettato per difendere Venezia dall'acqua alta e che per qualcuno è inutile e dannoso.
La città è in subbuglio per quella che è stata ribattezzata la Tangentopoli veneta, nell'ambito degli appalti del Mose, il sistema di dighe mobili progettato per difendere Venezia dall'acqua alta e che per qualcuno è inutile e dannoso.
GLI
ARRESTI IN POLITICA. A finire in manette sono stati il sindaco Giorgio Orsoni -
ai domiciliari con l'accusa di finanziamento illecito per la sua campagna
elettorale del 2010 - ma pure l'assessore regionale alle Infrastrutture Renato
Chisso e il consigliere regionale del Partito democratico Paolo Marchese.
Insieme con loro ci sono altri personaggi eccellenti arrestati per il totale di 35 in manette (tra quelli in carcere e altri ai domiciliari) e 100 indagati.
Insieme con loro ci sono altri personaggi eccellenti arrestati per il totale di 35 in manette (tra quelli in carcere e altri ai domiciliari) e 100 indagati.
Crosta (Camera di
Commercio): «Mai immaginato uno scenario così»
È rimasto amaramente stupito il segretario
della Camera di Commercio veneziana Roberto Crosta appena saputa la notizia.
«Non avrei mai pensato che si aprisse uno
scenario così complesso e difficile, il coinvolgimento di simili nomi non
l’avrei mai immaginato», spiega a Lettera43.it.
PARTITO TUTTO DA BAITA. Il riferimento è a
quel 28 febbraio 2013 quando con l’arresto di Piergiorgio Baita, allora ai vertici
di Mantovani, l’azienda di riferimento impegnata nella costruzione del Mose, ci
fu la prima scossa che ha poi condotto ai nuovi arresti.
Il segretario guarda, però, al futuro: «Se
la magistratura dimostra la verità delle accuse è da ripensare una nuova classe
dirigente. I cittadini devono capire che Venezia non è morta e trovare nel Dna
la forza per ripartire».
VENTATA DI ARIA NUOVA. Il presidente
dell’Associazione veneziana albergatori (Ava) Vittorio Bonacini plaude alle
forze dell’ordine e magistrati: «È un vaso di Pandora che si è
scoperchiato». Poi aggiunge: «Quel che sconvolge è la scoperta di una prassi
comune del muoversi a vari livelli con pratiche illecite. Stamattina alcuni tra
i veneziani si sono svegliati male, ma altri si sono alzati con una ventata
d’aria frizzante».
ORA SPAZIO AI GIOVANI. Lo dipinge come un
mal costume di origini italiche che non fa onore al sistema Italia.
La ricetta per il futuro? «Bisogna investire sui giovani affinché cessi la mentalità di corruzione e cortesie, auspico uno sforzo dell’intellighenzia per riappropriarsi dei destini e della dignità della città».
La ricetta per il futuro? «Bisogna investire sui giovani affinché cessi la mentalità di corruzione e cortesie, auspico uno sforzo dell’intellighenzia per riappropriarsi dei destini e della dignità della città».
La
Cgil della Laguna: «Sistema corrotto, sfregio per la città»
I sindacati chiedono alla città di reagire.
Roberto Montagner, segretario generale
della Cgil veneziana parla di «un vasto sistema di corruzione che rappresenta
uno sfregio per la città, per i suoi abitanti e per i lavoratori»: «Questo
cancro deve essere estirpato per rendere Venezia una città pulita sotto il
profilo istituzionale e morale perché senza queste prerogative non può
conquistare posizioni di eccellenza».
NON COINVOLGERE VENEZIA. La Cgil invoca
misure preventive di trasparenza e legalità degli appalti, e chiede che la
vicenda non paralizzi la vita della città, ingessando questioni cruciali come
l’aggiustamento dei bilanci comunali con la complicata trattativa di vendita
del Casinò.
A RISCHIO PORTO MARGHERA. Ma più di tutto
il sindacato teme per le sorti di Porto Marghera: tra gli arrestati c’è anche
Giovanni Artico, commissario straordinario per il recupero dell’ex
petrolchimico.
Montagner chiede che il tavolo sulle Bonifiche prosegua per definire gli investimenti e l’insediamento di una nuova chimica verde. Per questo si appella al governo.
Montagner chiede che il tavolo sulle Bonifiche prosegua per definire gli investimenti e l’insediamento di una nuova chimica verde. Per questo si appella al governo.
LA CISL NON È STUPITA. Non è stupita di
leggere nuovi risvolti dell’inchiesta Mose la segretaria regionale Cisl Veneto
Franca Porto. «Invece», dice, «sono stata molto colpita dalla trasversalità
politica e professionale degli arrestati e dai loro nomi, cioè rende la cosa
più grave».
Secondo Porto sono due le riflessioni da
fare: «La prima è l’assenza di alternanza di governo, ritengo che debbano
esserci almeno due opzioni alternative altrimenti il rischio è l’occupazione
dell’amministrazione per lungo periodo cosa che crea pericolose zone grigie. La
seconda è la necessità di procedere a una sburocratizzazione per avere più
trasparenza negli atti».
Colamarco (Uil): «È
stata una burrasca a ciel sereno»
Gerardo Colamarco, segretario Uil del
Veneto, racconta così la giornata: «È stata una burrasca a ciel sereno e mi
auguro che non siano danneggiate le opere in corso come il nuovo tram, il Mose
e il progetto di autostrada del mare di cui è stato inaugurato il terminal per
traghetti a Fusina».
IL RITORNO DEI NO MOSE. Il sistema di dighe
anti-marea all’epoca aveva avuto tra i suoi più tenaci oppositori il movimento
No Mose di cui faceva parte Luciano Mazzolin, ora portavoce dell’associazione
ambientalista Ambiente Venezia.
«Ci saranno altre sorprese», prevede,
«perché questa è solo una prima parte le ramificazioni politiche, ci sono
coinvolgimenti più ampi anche a livello nazionale, oggi è crollata solo una
parte ma non tutti».
LE ACCUSE AL CVN. Secondo Mazzolin tutti i
mali partono dal Consorzio Venezia Nuova (Cvn), il concessionario unico del
Mose, attivo dagli Anni 90.
Il progetto è passato attraverso diversi
governi e sindaci. «Che fine hanno fatto tutti i politici e gli organismi
tecnici che hanno dato l’ok», si chiede Mazzolin, «c’è una connivenza a tutti i
livelli, le ramificazioni vanno cercate a livello nazionale».
BATTAGLIA DELL'OPPOSIZIONE. Davanti a Ca’
Farsetti, la sede del Comune, mentre la giunta era riunita a porte chiuse,
c’erano una manciata di consiglieri comunali, sbigottiti.
Per il capogruppo del Gruppo Misto Renzo
Scarpa «si sono fatte opere discutibili per mazzette». Per Gianluigi Placella,
leader del M5s in Consiglio «il sistema era tutto tarlato»: «Prima o poi era
chiaro che sarebbe crollato ma quando denunciavamo ci accusavano di essere
sciacalli».
LA GIUNTA CON ORSONI. La giunta difende il
sindaco, promettendo che «l’impegno amministrativo continua», come ha detto il
vicesindaco Sandro Simionato.
Intanto Fratelli d’Italia, Gruppo Misto,
Prima il Veneto e Lega Nord hanno organizzato un presidio di protesta davanti
al municipio per chiedere le dimissioni del sindaco. Altra tegola per il primo
cittadino che, però, ha incassato la solidarietà del sindaco di Torino,
Piero Fassino.
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