Gli aiuti a cittadini e imprese non
arrivano. Della cassa integrazione non si vede nemmeno l’ombra. Eppure i prezzi
salgono. Come fanno le persone così a sopravvivere? Senza stipendio e con i
prezzi che lievitano? Il coronavirus ritocca (all’insù) il conto della spesa
degli italiani. I prezzi dei beni alimentari, come riporta Repubblica citando
l’Istat, sono cresciuti del 2,8% ad aprile, molto più di un’inflazione rimasta
ferma al palo. “La realtà degli scaffali dei supermercati racconta però una
storia più turbolenta: il costo delle arance è cresciuto del 24% nel primo mese
di lockdown per la caccia ‘salutista’ alla vitamina C e per l’aumento del 30%
dei costi logistici”.
Altri dati? “Il prosciutto cotto è balzato
del 13% (dati Ismea) perché nessuno ha più voglia di accalcarsi ai banchi dei
salumi e compra la busta preaffettata, che è più cara. Il boom della domanda ha
mandato alle stelle il prezzo dell’alcol, mentre il costo di cavolfiori (+93%),
broccoli, carote e cipolle è stato trainato all’insù dalla richiesta di verdura
non deperibile. La chiusura di bar e ristoranti, che coprono il 35% degli
acquisti alimentari in Italia, ha messo ko carne, latte e formaggi stagionati,
le frontiere blindate hanno bloccato import ed export, la mancanza di
braccianti stranieri ha penalizzato i raccolti. E la gente, impossibilitata a
muoversi, è stata costretta a far la spesa nel negozio più vicino a casa e non
in quello più conveniente”.
Gli effetti sui prezzi sono stati però a
macchia di leopardo. “Lo stop alle importazioni, per dire, ha fatto schizzare
all’insù le quotazioni dei peperoni siciliani — spiega Fabio Massimo
Pallottini, numero uno di Italmercati, i magazzini all’ingrosso tricolori —
favoriti dal mancato arrivo dei concorrenti da Spagna e Nord Africa”. Le
fragole, per dire, sono partite al rialzo negli ultimi giorni. Lo stesso
capiterà per le albicocche che oltretutto scarseggeranno in questa stagione.
“Il listino di carne bovina – si legge sempre su Repubblica – e suina vive
invece una situazione bipolare: i prezzi all’ingrosso sono scivolati del 35%,
quelli al dettaglio sono rimasti più o meno sui livelli pre-coronavirus o
addirittura cresciuti come è successo ai wurstel (+11%) e alla carne in scatola
(+6%) grazie al sostegno della domanda”.
Cosa succederà ora? Nel medio periodo
torneremo agli equilibri e ai numeri di vendite del passato, come sostiene
Brisigotti su Repubblica. E l’apertura delle frontiere e la fase tre
risolveranno i problemi di import e logistica. Ma il vero tema è quale sarà in
futuro la capacità di spesa delle famiglie. Con una recessione profonda in
vista, il problema, più che il costo della spesa, sarà la possibilità di fare
la spesa.
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