da: Il Fatto Quotidiano
Lo so, è un pensiero ricorrente, ma all’irresponsabile che cova in me stuzzica
l’idea di un Matteo Renzi che avesse il coraggio di mandare a casa il
governo Conte. E non soltanto per l’imperdibile spettacolo che ne seguirebbe.
Anche in
politica infatti il bluff può essere
un’arte. Per dire, la Marcia su Roma, che l’esercito regio avrebbe potuto spazzare
via senza problemi (e Mussolini ne era conscio) è un caso di scuola. A cui,
evidentemente per la sua monumentale tragicità, è assurdo accostare i continui,
maldestri tentativi di estorsione del senatore di Scandicci. Che alla vigilia
del voto sul ministro della Giustizia, Alfredo Bonafede, farfuglia un “ci voglio pensare” che nel linguaggio della casbah di Montecitorio significa: “quanto mi
dai?”.
A nostro modesto avviso, il premier potrebbe tranquillamente respingere il ricatto del palo della banda
dell’ortica senza particolari conseguenze. Mettiamo però il caso che al piromane per caso sfugga un cerino
acceso e che il Paese apprenda che il governo, oplà non c’è più, e che di
conseguenza tutti gli orripilanti decreti
contenenti i miserevoli 55 miliardi di aiuti alla popolazione siano
rinviati a data da destinarsi. Nella nostra perversione vorremmo che fosse lo
stesso Renzi a spiegarlo agli
italiani (magari da un bunker sotterraneo protetto da teste di cuoio), per
vedere l’effetto che fa.
Licenziato
l’avvocato pugliese, non così sgradito alla maggioranza degli
italiani (ma sono dettagli), e dopo essermi
ben apparecchiato con patatine e popcorn, mi godrei:
a) la ricerca immediata di un De Gaulle della Provvidenza, come
auspicato dai più esimi editorialisti;
b) in assenza di un generale a portata di
mano, la successiva processione nel
casale umbro di Mario Draghi che, qualcosa mi dice, potrebbe anche
sciogliere i cani;
c) l’appassionante
lettura delle testate Fca, una volta
che il prestito di 6 miliardi e rotti,
già proposto dal governo dell’inadeguato premier evaporasse come rugiada di primavera.
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