da: https://it.businessinsider.com/ - di
Andrea Sparaciari
«Di quei 21 milioni, 10.000 euro li ha
donati il mio Studio, avendo io insistito perché fossero destinati proprio lì e
non ad altre iniziative anti-Covid19. Sono un pirla». È il tweet che il 13
maggio scorso l’avvocato milanese Giuseppe La Scala – persona assai nota, un
po’ perché “volto” dei piccoli azionisti del Milan, un po’ perché a capo di uno
studio legale che annovera 200 avvocati e 150 dipendenti – ha lanciato
nell’etere.
Nel suo cinguettio è racchiusa tutta la
frustrazione dei molti “donors” che avevano creduto nel progetto Ospedale in
Fiera e per questo, nella fase più grave dell’epidemia, hanno messo mano al
portafogli.
Una struttura che, a fronte di un
investimento tra i 21 e i 26 milioni di euro (la cifra esatta ancora non è
quantificata), ha portato soccorso a poco meno di una ventina di pazienti
totali.
Un ospedale talmente utile, che si avvia ad
essere smantellato a breve, sebbene il presidente Attilio Fontana continui a
ripetere che proprio la sua inutilità sia stata un clamoroso successo.
«È come se fai un’autostrada a otto corsie
che costa miliardi e poi gioisci perché nessuno la usa, visto che tutti usano
il treno… Non è che c’è da festeggiare. Hai solo pagato un sacco di soldi per
una cosa inutile»‚ ironizza La Scala.
Quell’ospedale-astronave (come lo aveva
definito il suo creatore, Giudo Bertolaso, prima di cadere infermo) «rimarrà
sempre pronto, sarà sempre allestito e sarà uno dei presidi più importanti», ha
dichiarato Fontana a Sky Tg24 il 18 maggio scorso, «è talmente importante che
nonostante le strumentali polemiche che si sono fatte è stato preso ad esempio
da tante altre Regioni e anche da una nazione importante come la Germania, che
a Berlino ha realizzato una cosa assolutamente identica alla nostra. Se si
vuole fare polemica, si può fare polemica su tutto».
Nonostante la difesa d’ufficio del
governatore lombardo, sono in tanti a “voler fare polemica”: dalle opposizioni
al Pirellone (cosa scontata), a quanti in quella struttura i soldi ce li hanno
messi. Come appunto l’avvocato La Scala, intenzionato a vederci chiaro,
avviando anche azioni legali per ottenere una rendicontazione puntuale e
trasparente di ogni singolo euro.
«Abbiamo capito tutti che c’è qualcosa
che non va in quell’operazione», racconta a Business Insider Italia, «per
questo come donatori faremo una serie di accessi agli atti per vedere i conti:
alla Fondazione di Comunità Milano (che ha in pancia il fondo sul quale sono
affluiti i soldi dei donatori, ndr), alla Fondazione Fiera (che aveva avviato
il fondo, ndr) e alla Prefettura di Milano, per capire che tipo di sorveglianza
ha effettuato sugli atti delle due fondazioni. E anzi, colgo l’occasione per
lanciare un appello a tutti quelli che vogliono vederci chiaro, unitevi a
noi!».
Insomma, non l’ha presa affatto bene La
Scala, anche perché aggiunge:
«quei 10 mila euro li hanno tirati
fuori tutti quelli che lavorano nel mio studio, autotassandosi. Nonostante la
“rella” (i tempi di vacche magre, in milanese, ndr) avevo insistito io affinché
andassero proprio lì, nonostante i soci a causa del Covid si siano diminuiti lo
stipendio del 30%, gli avvocati del 20% e gli impiegati siano andati in cassa
integrazione al 50%. Abbiamo raccolto i soldi perché quella struttura ci era
stata venduta come una necessità assoluta e risolutiva. E invece ora mi viene
da piangere, siamo stati vittime della propaganda!».
A far infuriare ulteriormente La Scala è il
regolamento del Fondo istituito da Fondazione Fiera presso Fondazione Milano
(filiazione di Fondazione Cariplo), dove sono confluiti 21.656.570,51 euro, il
quale prevede che toccasse a Fondazione Milano e Fondazione Fiera scegliere
dove investire i soldi dei donatori, ma anche che fossero loro stesse a
ricevere la rendicontazione, in quanto membri del Comitato di Gestione. Un
evidente conflitto di interesse.
Interrogata da Business Insider Italia
sull’evidente anomalia l’11 aprile scorso, Fondazione Milano aveva detto che
quel regolamento sarebbe stato cambiato non appena possibile, allargando il
numero dei membri del Comitato di Gestione a nuove figure di garanzia. Aveva
aggiunto poi che la rendicontazione allora non era possibile, perché Fondazione
Fiera non aveva ancora comunicato né spese né preventivi.
Al 14 maggio la situazione non è cambiata:
«al momento Fondazione Fiera non ha ancora completato la raccolta di tutta la
documentazione. Si sta inoltre aggiornando il Regolamento del Fondo che prevede
la nomina di un Comitato dei Garanti», scrive Fondazione Milano a Business
Insider Italia. Morale, ancora niente rendiconti.
Non è dato sapere neanche se esiste una
rendicontazione per gli altri due fondi attivati sempre presso Fondazione
Milano e sempre finalizzati alla costruzione dell’ospedale del Portello: il
“Fondo McDonald’s Italia e Fondazione per l’Infanzia Ronald McDonald per
l’emergenza COVID-19”, che ha raccolto 881.225 euro, e il “Fondo Nexi – Insieme
per la costruzione dell’ospedale Fiera Milano”, che di euro invece ne ha
raccolti ben 992.784. McDonald’s non ha voluto commentare, mentre da Nexi si
dicono «fiduciosi».
E se a Milano le acque sono agitate, a
Civitanova Marche, dove sabato 16 maggio è stato consegnato l’ospedale gemello
a quello della Fiera, certo non si ride. La struttura, anch’essa concepita da
Bertolaso – 84 posti su 5.000 mq, con 42 letti di terapia intensiva e altri 42
di terapia sub-intensiva – è costata circa 12 milioni di euro e fino a oggi ha
raccolto zero pazienti!
Anche lì i soldi per la costruzione sono
stati raccolti attraverso donazioni private confluite sul conto (privato) del
Sovrano Ordine dei Cavalieri di Malta. Un altro ospedale-astronave che a regime
costerà qualcosa come 1,5 milioni di euro al mese per la sola gestione, tutti
soldi che graveranno sulle casse dalla sanità pubblica marchigiana.
L’ospedale, inoltre, vive un grande
paradosso: nato per alleggerire il lavoro degli ospedali già esistenti, siccome
non trova personale specializzato (medici e infermieri esperti di terapia
intensiva), per funzionare è costretto a “saccheggiare” gli altri nosocomi.
Così i sanitari marchigiani vengono “dirottati” all’astronave in forza a ordini
di servizio emanati delle varie direzioni sanitarie. Così si sguarnisce un
ospedale per assicurare personale a una struttura che però non ha pazienti.
Potenza della politica che quell’ospedale l’ha fortemente voluto.
Tuttavia, la struttura marchigiana,
rispetto a quella milanese, può vantare una gigantesca differenza: lì il
dettaglio di ogni singolo costo è chiaro ed è già stato pubblicato:
- 2.676.491,76
di euro per opere edili, finiture, infissi e strutturali;
- 201.525 euro per impianti
idrico-sanitari;
- 1.642.337,08 euro per gli impianti di
condizionamento;
- 1.885.565 euro per impianti elettrici
speciali.
Totale di 6.405.918,84 euro che però è
stato ribassato del 10% in sede di appalto, per un totale finale di
5.766.287,84 euro.
Cifra alla quale bisogna poi sommare:
- il fondo imprevisti da 581.482,72 euro
- l’Iva da 634.777,06.
Ai 6.982.547,62 euro totali, vanno infine
aggiunti:
- i costi per le attrezzature mediche, pari
a circa 11,6 milioni.
Naturalmente colpisce come una struttura –
per quanto vuota e inutilizzata, che soffre di una carenza di personale
sanitario, inaugurata pochi giorni fa – , abbia già un conto economico
pubblicato, mentre per l’ospedale alla Fiera di Milano non sono bastati due
mesi abbondanti per vedere uno straccio di numero…
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