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- di Iacopo Melio
Delicato,
non fragile. Questo era Ezio Bosso, al di là di ogni pietismo e di ogni
compassione per la sua disabilità. Un uomo ottimista e positivo anche verso la
morte, “una parte della vita”. A cui la musica, immortale, sopravvivrà per
sempre. Assieme alla libertà di un uomo che non si è mai arreso.
“La musica è come la vita, si può fare in
un unico modo: insieme.” Parole capaci di curare e ferire allo stesso tempo, in
questo periodo in cui il dolore si mescola al rancore più disumanizzato. Come
questo 2020 che ogni giorno ci strappa a morsi un pezzo di cuore, di sogni da
mettere in borsa, del noi più spensierato. Come quella sofferenza che il
Maestro Bosso non ha mai nascosto, vestendola di dignità, eppure sapeva
trasformarla in forza e luce. Quella migliore, lavata da pietismi e
compassione.
Un ennesimo scherzo, o ingiustizia, o
bastardata. Un accanimento di questo anno che ancora una volta pretende di
insegnarci la fragilità umana, come se non ce lo ricordassimo abbastanza.
Eppure Bosso di fragile aveva poco, ma tantissimo di delicato: in ogni gesto
mosso nell’aria con bacchetta e mani a disegnare note e speranze, con eleganza,
resilienti come fiori tra le crepe dell’asfalto.
Se c’è una cosa che non sopporto è la
glorificazione del disabile in quanto tale: “sei un grande, non so come fai, ti
stimo!”. Ezio Bosso non ha mai smesso di ricordare al mondo di essere un
disabile visibile in mezzo a troppi disabili invisibili, ché l’empatia è un
impegno e non un lusso e mica in tanti lo sanno mantenere.
“Per me la morte non esiste, è solo parte
della vita”. Ecco, così sarà lui, immortale come quella musica sempre estranea
dalle catene della malattia, perché tanto ha insegnato e tanto, di certo,
continuerà ad unire. In quell’ottimistico “insieme” che non smetterà mai di
dirigere.
Un abbraccio al pianista, compositore e
direttore geniale Ezio Bosso. Un abbraccio all’uomo che mai si è arreso. Che
possa oggi essere libero, ancor più di prima.
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