venerdì 13 marzo 2020

Stefano Feltri: Lagarde non è Draghi, parla e manda a picco Italia e Ue




da: Il Fatto Quotidiano

La Bce trasforma l’emergenza sanitaria in una crisi finanziaria lasciando intendere che non interverrà per salvare l’Italia. Borse a picco, a Milano crollo record.

“Non siamo qui per chiudere gli spread, ci sono altri strumenti e altri attori per questi problemi”, dice la nuova presidente della Banca centrale europea, Christine Lagarde. Tradotto: non guardate alla Bce per la soluzione di questa crisi, non è compito nostro. È tutta qui la differenza tra la Lagarde e Mario Draghi, che all’apice della crisi dell’euro nel 2012 promise di fare whatever it takes”, tutto il necessario per fermare il panico intorno alla tenuta della moneta unica. La Lagarde, invece, trasforma un dramma sanitario in una nuova crisi finanziaria. Cerca di correggere dopo qualche ora in una intervista con la tv CNBC, ma è tardi (“sono determinata a evitare la frammentazione della zona euro”).

“Chiudere gli spread” significa ridurre le differenze tra quanto spendono due diversi Stati della zona euro per finanziarsi sul mercato, cioè per il debito che serve e servirà a finanziare le misure straordinarie di sostegno all’economia contro gli effetti del coronavirus. In teoria dentro la moneta unica tutti dovrebbero pagare lo stesso tasso di interesse, visto che ci si indebita tutti in euro. Ma negli ultimi anni, dopo la crisi della Grecia nel 2009, le differenze sono aumentate perché i mercati hanno iniziato a dare un prezzo al rischio che i Paesi più fragili possano uscire dall’euro.

La Lagarde scarica la responsabilità sull’Eurogruppo, il coordinamento dei ministri delle Finanze dei Paesi della moneta unica, e la Commissione europea. Il problema è che queste due istituzioni possono solo concedere all’Italia e agli altri Paesi che hanno bisogno di fondi di emettere più debito di quello consentito dalle regole europee senza rischiare sanzioni. Ma il debito viene emesso a condizioni di mercato, ai tassi richiesti dai creditori. E le condizioni di mercato sono influenzate da quello che fa e che dice la Bce. Le parole della Lagarde hanno avuto l’effetto immediato di peggiorare le condizioni di mercato: in pochi minuti la differenza tra il rendimento richiesto dal mercato ai titoli italiani a dieci anni e quello per i titoli tedeschi passa da 202 a 260 punti, prima di ridursi un pò.

Le Borse, che già erano in caduta libera, hanno accelerato la discesa, Milano passa in pochi minuti da -10 a -13, fino a chiudere in rosso di 17 punti. Il peggiore calo della sua storia. Con poche frasi Christine Lagarde ha trasformato una crisi economica in una catastrofe finanziaria, che ha l’Italia di nuovo in prima fila, come nel 2011. Ma senza nessuna protezione da parte della Bce.

Nel frattempo tracolla anche Wall Street, dopo il discorso del presidente Donald Trump di mercoledì sera che ha vietato alcuni voli dall’Europa verso gli Usa, ma ha generato una gran confusione sulle misure economiche a sostegno dell’economia americana (tasse sospese ma non si sa bene a chi, divieto alle assicurazioni di far pagare i malati di Covid-19, ma non è chiaro se solo i test o anche le cure…). La Federal Reserve deve intervenire con l’annuncio di 1.500 miliardi di liquidità straordinaria in due giorni per calmare un po’ il mercato, altri 500 su base settimanale fino a metà aprile, nell’ennesimo intervento senza coordinamento con le altre Banche centrali.

Anche la Bce ha annunciato una serie di misure di liquidità (su scala molto minore rispetto alla Fed), ma nessun taglio dei tassi di interesse, quello principale resta fermo a -0,5 per cento (abbassarlo ancora avrebbe conseguenze negative per i bilanci delle banche). La Lagarde ha annunciato l’impegno a comprare titoli obbligazionari emessi dalle imprese per 120 miliardi di euro entro la fine dell’anno e un nuovo programma di liquidità a tassi vantaggiosi per le banche (Ltro III), mentre la vigilanza bancaria della Bce – che formalmente si muove in parallelo alle decisioni di politica monetaria – ha allentato i requisiti di patrimonio. Tutte misure che servono a rendere il credito meno costoso e a evitare che una stretta nei finanziamenti aggravi la situazione dell’economia reale. Ma per gli Stati, cioè per rendere meno costoso il debito pubblico, non c’è nulla.

Nella conferenza stampa vengono evocate la Omt, le operazioni di mercato aperto, cioè gli acquisti illimitati di bond pubblici e le linee di credito a condizioni non di mercato che la Bce può erogare ai Paesi che ne fanno richiesta e che firmano un memorandum di impegni su come usarle e come rendere il proprio debito sostenibile. Sono lo strumento annunciato da Draghi nel 2012 come conseguenza del discorso del whatever it takes. Sono lo strumento più drastico che l’Italia ha a disposizione per finanziare le spese di emergenza senza sottostare alle condizioni di un mercato finanziario in fibrillazione, ma le Omt hanno un costo politico. Prevedono che un governo faccia richiesta di soccorso al fondo salva-Stati Mes, che è al centro da mesi di un processo di riforma contestato da alcuni partiti, come la Lega e parte del Movimento 5 Stelle.

Proprio in questi giorni il governo Conte deve decidere se approvare la riforma – forse già all’Eurogruppo di lunedì – o cercare ancora di prendere tempo, per evitare problemi in Parlamento (il negoziato sul trattato è chiuso da tempo). Qualche mese fa, quando è esplosa la polemica – sostenuta anche dal fronte anti-euro – nessuno si aspettava che l’Italia si sarebbe trovata a valutare il ricorso al fondo. Il Mes e le Omt, comunque, sono in funzione secondo le vecchie regole, casomai l’Italia decidesse di farvi ricorso: nessuno, neppure i tedeschi, in questo momento chiederebbe in cambio condizioni severe e umilianti.

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