mercoledì 25 marzo 2020

Gustave Flaubert: Madame Bovary / 2


Qualche volta si metteva a disegnare e per Charles era una grande gioia restare lì in piedi a guardarla, china sul foglio, mentre socchiudeva gli occhi per vedere meglio la propria opera, o mentre arrotondava sul pollice palline di mollica di pane. In quanto al pianoforte, più le dita di lei correvano veloci, più Charles si meravigliava. Emma suonava con disinvoltura e percorreva tutta la tastiera da cima a fondo senza interrompersi. Il vecchio strumento, le cui corde minacciavano di spezzarsi, così scosso da lei, si sentiva, se le finestre erano aperte, fino in fondo al villaggio e spesso il galoppino del messo comunale che passava sulla via maestra senza cappello e in pantofole si fermava con le scartoffie in mano ad ascoltare.
Emma, d'altronde, sapeva dirigere bene la casa. Mandava ai malati il conto delle visite con lettere ben compilate che non avevano l'aspetto di fatture. Quando, la domenica, avevano qualche vicino a pranzo, riusciva sempre a offrire piatti presentati con garbo, le piaceva disporre piramidi di prugne regina Claudia su foglie di vite, serviva la marmellata già rovesciata dai vasetti nel piatto, e parlava addirittura di comperare degli sciacquabocca per il dessert. Tutto questo contribuiva a procurare a Bovary una maggiore considerazione.
Charles si sentiva ora più importante perché possedeva una donna simile. Mostrava con orgoglio due schizzi a matita disegnati da sua moglie; li aveva fatti montare con una larga cornice e appesi in salotto a lunghi cordoni verdi contro la tappezzeria. All'uscita dalla messa lo si poteva vedere sulla porta di casa con belle pantofole ricamate. Rientrava tardi, la sera; alle dieci, talvolta a mezzanotte. Non aveva ancora cenato, e siccome la governante era già andato a letto a quell'ora, lo serviva Emma. Charles, per mangiare più comodo, si toglieva la giacca. Elencava, una dopo l'altra, tutte le persone che aveva incontrato, i paesi dove si era
recato, le ricette che aveva prescritto, soddisfatto di sé; mangiava la carne con le cipolle avanzata, toglieva la crosta al formaggio, sgranocchiava una mela, vuotava la bottiglia, poi se ne andava a letto e, supino, cominciava a russare.
Aveva sempre portato una berretta da notte di cotone e adesso il fazzoletto di seta gli scivolava via dagli orecchi; si svegliava al mattino con i capelli che gli spiovevano sulla faccia, imbiancati dai piumini sfuggiti dal guanciale slacciatosi durante la notte. Portava sempre robusti stivali, con due grosse pieghe al collo del piede che scendevano oblique lungo le caviglie mentre il resto della tomaia era diritto e teso come se fosse sostenuto da una forma di legno. Asseriva che andavano benissimo per la campagna.
La madre approvava le sue economie. Veniva infatti a trovarlo, come sempre, allorché in casa sua era scoppiata qualche burrasca più violenta del solito. Nutriva una certa prevenzione contro la nuora. La trovava troppo raffinata per la loro posizione finanziaria; la legna, lo zucchero e le candele si consumavano come in un palazzo e la quantità di carbonella che si bruciava in cucina sarebbe bastata per cucinare venticinque piatti. Le insegnava a riporre la biancheria negli armadi e a sorvegliare il macellaio quando portava la carne. Emma accettava queste lezioni e la suocera le prodigava senza risparmio. Gli appellativi 'figlia mia' e 'mamma' si incrociavano per tutto il giorno, accompagnati da piccoli fremiti delle labbra che pronunciavano parole dolci con voce tremante di collera. Ai tempi della signora Dubuc, la vecchia Bovary si sentiva la preferita nel cuore del figlio; ma ora l'amore di Charles per Emma le sembrava un tradimento alla sua tenerezza, un'invasione di ciò che le apparteneva. Considerava la felicità di suo figlio con un silenzio triste, come chi, caduto in rovina, si trovi a guardare, attraverso i vetri, estranei a tavola nella sua antica dimora. Rammentava a Charles, quando era in vena di rievocazioni, le proprie pene e i sacrifici sopportati, paragonandoli alla negligenza di Emma, perveniva alla conclusione che non era davvero il caso di adorarla in modo così esclusivo.
Charles non sapeva che cosa rispondere; rispettava la madre e amava profondamente la moglie. Considerava infallibile il giudizio dell'una e irreprensibile il comportamento dell'altra.
Quando la madre non era più con loro, azzardava timidamente, e negli stessi termini, qualcuna delle più innocenti osservazioni che le aveva sentito fare. A Emma bastava una parola per dimostrargli che si sbagliava e per rispedirlo ai suoi malati.

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