da: https://www.ilsole24ore.com/ - di Domenico Palmiotti
L’intesa
prevede che il nuovo piano industriale si articoli per il periodo 2020-2025
È stato firmato a Milano, nello studio del
notaio Marchetti, l’accordo tra Ilva in amministrazione straordinaria e ArcelorMittal
Italia, che chiude tre mesi mesi di conflitto tra le parti. Cioè da quando,
erano i primissimi di novembre, ArcelorMittal manifestò, con atti formali, la
propria volontà di recedere dal contratto di fitto di Ilva per tre cause
ritenute ostative: abolizione dello scudo penale sul piano ambientale, rischio
sequestro con spegnimento dell’altoforno 2 – uno dei tre operativi della
fabbrica -, ostilità all’investitore da parte della comunità e delle
istituzioni di Taranto.
Al 4 marzo, data della firma, le prime due
cause non sono più sul tavolo mentre persiste e si ispessisce la terza.
All’apertura del conflitto sono poi seguite settimane di trattativa, anche con
l’intervento e la regia del Governo, e oggi le due società mettono nero su
bianco. Firmeranno l’ad di ArcelorMittal Italia, Lucia Morselli, e i commissari
straordinari Ilva. Dei tre commissari, però, saranno a Milano solo Alessandro
Danovi e Antonio Lupo. Francesco Ardito, impossibilitato ad essere a Milano,
firmerà invece attraverso procura notarile già predisposta nel pomeriggio del 3
marzo.
Sino alla serata del 3 marzo, il sindaco di
Taranto, Rinaldo Melucci, ha provato a fermare l’accordo chiedendo con più
interventi prima al ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, e
poi ai tre commissari Ilva di non firmare. Le ragioni che evidenzia Melucci
sono il mancato coinvolgimento della città – anche a titolo informativo – nel
negoziato di questi mesi, nel quale il Governo ha incaricato come negoziatore,
insieme ai commissari Ilva, anche Francesco Caio, presidente Saipem, ma
soprattutto l’assenza della Valutazione del danno sanitario per misurare
l’impatto della produzione siderurgica sui lavoratori dello stabilimento e dei
cittadini di Taranto.
Il sindaco ha chiesto per Taranto un
accordo sul modello Genova. Cioè chiusura delle fonti inquinanti e dell’area a
caldo – dove sono presenti altiforni e acciaierie –, parlando anche di chiusura
totale del sito industriale se tali richieste non fossero accolte.
Crescendo
di prese di posizione
Negli ultimi giorni il sindaco di Taranto
ha alzato il livello dello scontro con ArcelorMittal. Prima ha contestato il
rilancio, con motivi aggiunti, dell’opposizione al Tar, da parte della società,
del procedimento di riesame dell’Autorizzazione integrata ambientale della
fabbrica aperto dal ministero dell’Ambiente, poi ha emesso un’ordinanza dove
intima ad Ilva, come proprietario, e ad ArcelorMittal, come gestore, di
individuare e rimuovere le fonti inquinanti in 30 giorni, disponendo inoltre lo
stop impianti in 60 giorni se questo non avverrà, infine è andato in pressing
su Patuanelli e commissari chiedendo di non firmare alcun accordo. Il sindaco
ha anche paventato la sua assenza, per protesta, al Tavolo istituzionale Taranto
che dopo otto mesi di stasi il premier Giuseppe Conte ha convocato per il
pomeriggio del 5 marzo a Palazzo Chigi. Sulla linea del sindaco, anche i
parlamentari del territorio, prevalentemente M5S, il Pd di Taranto (essendo il
sindaco di designazione Dem) e il sindacato Usb.
Che
succede ora
L’accordo come primo effetto produrrà il
ritiro da parte di ArcelorMittal dell’atto di citazione depositato al Tribunale
di Milano nei confronti dei commissari Ilva, atto in cui - dopo una lettera
informativa alla stessa Ilva - si notificava la volontà di recedere dal
contratto. A seguito del ritiro dell’atto giudiziario di ArcelorMittal, anche i
commissari ritireranno il ricorso cautelare urgente, ex articolo 700,
presentato contro ArcelorMittal al fine di bloccarne il disimpegno. Anche se,
si osserva, già il ritiro dell’atto di ArcelorMittal provoca la decadenza di
quello di Ilva in as.
Il 6 marzo è infatti fissata al Tribunale
di Milano la nuova udienza sui due ricorsi dopo le udienze precedenti del 27
novembre, del 20 dicembre e del 7 febbraio, tutte chiusesi con un rinvio sulla
base del fatto che le parti non volevano dar corso al giudizio perché stavano
trattando l’intesa. E l’accordo raggiunto sarà ora prospettato al giudice il 6
marzo. Da vedere, tuttavia, se questa udienza sarà confermata per il 6 oppure
slitterà vista la disposizione del presidente del Tribunale di Milano, Roberto
Bichi, causa Coronavirus.
I
punti fondamentali dell’intesa
L’accordo modifica il contratto che le due
società hanno stipulato in precedenza. L’intesa prevede che il nuovo piano
industriale si articoli per il periodo 2020-2025. Previsti il completamento
delle attività Aia, il «completo rifacimento dell’altoforno 5» e la
suddivisione in quote paritarie tra ArcelorMittal e Ilva dei costi di
adeguamento degli altiforni 1, 2 e 4. Sarà utilizzato il preridotto di ferro
insieme a nuove tecnologie “a minor impatto ambientale” e si costruirà un forno
elettrico “nell’ottica della graduale decarbonizzazione”. I livelli di
produzione ottimale vengono fissati nell’accordo modificato a 8 milioni di
tonnellate di acciaio. Per l’occupazione, si parla di “tenuta” dei livelli con
10.700 risorse a regime. Questo vuol dire che da quest’anno, prima di arrivare
al 2025, l’occupazione scenderà perché si farà ricorso agli ammortizzatori
sociali per ristrutturazione.
Maggio
e novembre prossimi tappe fondamentali
Entro il 31 maggio, «con riferimento al
periodo necessario a raggiungere la piena capacità produttiva dello
stabilimento di Taranto in base al nuovo piano industriale», dovrà infatti
essere definita «una soluzione che preveda il ricorso a strumenti di sostegno,
compresa la cassa integrazione guadagni straordinaria, per un numero di
dipendenti da determinare».
«Si è dovuto prevedere l’ipotesi che il
nuovo contratto di investimento non si perfezioni e che Am Investco possa
recedere dal contratto di affitto modificato», si specifica in relazione al
prossimo ingresso dello Stato nella società. A fronte di tale facoltà, previsto
il pagamento di un importo di 500 milioni da parte della multinazionale.
ArcelorMittal, infine, potrà recedere, con
comunicazione da inviare entro il 31 dicembre prossimo, nel caso in cui il
nuovo contratto di investimento non sia stato sottoscritto entro il 30
novembre. Maggio e novembre prossimi sono quindi le tappe cruciali per
l’evoluzione dell’accordo in relazione agli aspetti occupazione (trattativa con
i sindacati) e ingresso della parte pubblica (intervento dello Stato).
L’accordo, infine, non fa alcun riferimento
allo scudo penale relativamente al piano ambientale di cui ArcelorMittal ha
beneficiato sino ad alcuni mesi fa e che è stato eliminato da una legge l’anno
scorso.
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