È
un'informazione che viene messa molto in evidenza dalla Protezione Civile, ma
non è così significativa per comprendere l'epidemia
Oltre a citare i nuovi casi positivi da
coronavirus, ogni giorno la Protezione Civile comunica il numero delle persone
“guarite” dalla COVID-19, la malattia causata dal virus SARS-CoV-2. Secondo i
dati più recenti, riferiti al pomeriggio di martedì 3 marzo, i guariti in
Italia finora sono stati 160 su 2.502 persone risultate positive ai test per la
ricerca del coronavirus. La definizione “guariti” però è piuttosto generica e
semplifica valutazioni cliniche un poco più complicate, che sono però utili per
farsi meglio l’idea di che cosa voglia dire guarire dal coronavirus.
Guarire
da un virus
Definire con esattezza la guarigione da un
virus è complicato: quando ci si ammala, si manifestano sintomi che tendono a
diventare più lievi e poi a scomparire man mano che il sistema immunitario
riesce a contrastare l’infezione. La febbre, per esempio, è una reazione
dell’organismo per impedire all’agente che ha causato l’infezione di
replicarsi, causando ulteriori danni. La scomparsa dei sintomi per qualche
giorno indica che è avvenuta la guarigione e che il sistema immunitario ha
imparato a riconoscere una nuova minaccia, serbandone il ricordo per evitare di
subire un nuovo attacco in futuro (abbiamo semplificato molto, e in alcuni casi
la memoria del sistema immunitario non si rivela così efficace).
La COVID-19, la malattia causata dal
coronavirus, è nota da un paio di mesi e ci sono quindi ancora informazioni
limitate sia dal punto di vista scientifico sia da quello clinico. In Italia,
il Gruppo di lavoro permanente del Consiglio Superiore di Sanità ha diffuso a
fine febbraio un documento nel quale definisce i criteri per poter definire
“guarita” una persona.
Clinicamente
guarito
Un paziente viene definito “clinicamente
guarito” da COVID-19 quando non mostra più i sintomi della malattia, che
comprendono: febbre, mal di gola, difficoltà respiratorie e nei casi più gravi
polmonite con insufficienza respiratoria.
La definizione “clinicamente guarito” non
esclude che a un test per rilevare la presenza del coronavirus, tramite un
tampone, il paziente risulti ancora positivo.
Guarito
Un paziente viene definito “guarito” quando
non ha più i sintomi della COVID-19 e risulta negativo a due test consecutivi,
eseguiti a distanza di 24 ore uno dall’altro, per la ricerca del coronavirus.
Il Gruppo di lavoro permanente consiglia
inoltre di ripetere il test, almeno dopo una settimana, per i pazienti che
risultano positivi e che però non mostrano più sintomi.
Eliminazione
del virus
C’è poi un’ulteriore definizione che viene
usata per indicare le persone in cui il codice genetico (RNA) del coronavirus
non è più rilevabile. Questa eliminazione può riguardare sia gli individui che
hanno mostrato sintomi della COVID-19, sia persone risultate positive ma prive
di sintomi. L’eliminazione viene di solito accompagnata dalla presenza di
anticorpi prodotti dall’organismo per contrastare specificamente l’attuale
coronavirus (SARS-CoV-2).
Per definire “scomparso l’RNA”, e quindi
eliminato il virus, due test molecolari effettuati a distanza di 24 ore uno
dall’altro devono dare esito negativo.
I test possono dare falsi positivi e
negativi, anche se non sappiamo ancora in che misura e con quale frequenza: per
questo motivo è importante che ci sia un successivo controllo da parte
dell’Istituto Superiore di Sanità.
Sulla base delle informazioni disponibili
finora in letteratura scientifica, e sulla base dell’esperienza clinica, il
Gruppo di lavoro ritiene che:
Due
test molecolari consecutivi per il SARS-CoV-2, con esito negativo, accompagnati
nei pazienti sintomatici dalla scomparsa di segni e sintomi di malattia, siano
indicativi di “clearance” [“eliminazione”, ndr] virale dall’organismo.
L’eventuale comparsa di anticorpi specifici rinforza la nozione di eliminazione
del virus e di guarigione clinica e virologica.
Incubazione
e test
Il coronavirus ha un tempo di incubazione
medio intorno alla settimana, con un massimo di 14 giorni: significa che dal
momento in cui si è contratto il virus al momento in cui si sviluppano i
sintomi possono passare fino a due settimane. Una persona che non mostra ancora
sintomi può quindi risultare ugualmente positiva ai test perché ha comunque già
il coronavirus: in questo caso, viene consigliato di ripetere il test non prima
di 14 giorni dal precedente, in modo da verificare l’effettiva negativizzazione
(parola complicata per dire che il paziente è diventato negativo al test).
È
un dato utile?
Diversi esperti hanno fatto notare che il
dato dei guariti non è così rilevante per una malattia come la COVID-19, dove
abbiamo ormai chiare evidenze cliniche sul fatto che la maggior parte degli
infetti guarisce. Il capo della Protezione Civile, Angelo Borrelli, sembra
essere comunque molto interessato a questo dato per ridurre le ansie
nell’opinione pubblica: è quasi sempre la prima informazione che fornisce durante
le conferenze stampa.
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