da: https://www.lettera43.it/
- di Vincenzo Imperatore
Quali
misure per evitare il crac di migliaia di aziende? Rivedere gli accantonamenti
obbligatori delle banche basati su rating che di sicuro ora peggioreranno.
Vietare la richiesta di integrazione del valori dei titoli dati in pegno come
garanzia per i prestiti. Sospendere l'ammortamento del capitale sui
finanziamenti rateali. Accordare a tutti un extra fido.
Non è il momento delle polemiche e delle
chiacchiere. È il momento dei fatti, il momento in cui tutti devono scendere in
campo. Siamo in trincea e la guerra contro il coronavirus
non la devono combattere sempre gli stessi soldati. Il governo, la commissione bicamerale banche
(e la sua presidente Carla Ruocco) e le banche (tramite l’Abi, l’Associazione
bancaria italiana) si siedano a un tavolo e affrontino immediatamente il
problema delle imprese, soprattutto le piccole imprese che, ricordiamo,
rappresentano il 90% del tessuto produttivo del nostro Paese e hanno una forte
dipendenza, quasi sudditanza, nei confronti del credito bancario.
IMPRESE
E FABBRICHE, FOCOLAI DEL VIRUS
Generalmente solo il 10% del fabbisogno
finanziario di una Pmi viene coperto con capitale proprio (di rischio). Le
imprese sono focolai potenziali più degli ospedali. Negli uffici, nei reparti,
nei cantieri il rischio contagio è quasi certezza. La Cina
ha fermato tutte le fabbriche nei primi sette giorni del contagio. Se lo Stato
non interviene con misure straordinarie, tra poche settimane avremo decine di
migliaia di contagiati o decine di migliaia di persone senza stipendio.
Le vendite di tutti stanno crollando a
picco, restare aperti in certi casi costa più della chiusura. Per conservare la
tenuta dei conti privati e consentire il pagamento dei salari netti occorre
coinvolgere subito il sistema bancario. Negli ultimi 12 anni, al verificarsi
della grave crisi finanziaria e il crac di tanti istituti di credito a livello
mondiale, le imprese (e le loro famiglie) hanno aiutato, spesso
involontariamente e a loro danno, con i loro sacrifici e il loro risparmio le
banche a non fallire e a risalire la china. Ora, in giorni di improvvisa
difficoltà per le imprese (e le loro famiglie), gli istituti di credito
potrebbero restituire il favore ricordando al governo che il coronavirus è
trasversale e indifferente alle pressioni delle lobby. Colpisce tutti. Ma non
lo faranno.
IL
GOVERNO IMPONGA UN SACRIFICIO AGLI ISTITUTI DI CREDITO
Il governo deve, quindi, imporre “un
sacrificio” al sistema bancario accordandosi anche con Bruxelles in merito ad
alcune misure necessarie per evitare il default di migliaia di piccole imprese
e offendo in contropartita alle banche, anche esse imprese, una detassazione di
alcuni asset che producono reddito. Faccio quattro proposte.
1.
RIVEDERE LE REGOLE DI BASILEA
Revisione immediata delle regole di Basilea
in merito agli accantonamenti obbligatori che le banche devono effettuare in
base alla “rischiosità” delle imprese a cui sono stati concessi finanziamenti.
Semplificando gli accordi interbancari di Basilea stabiliscono di “valutare” le
aziende tenendo conto sostanzialmente di tre parametri: i “numeri” che esprime
l’azienda (il suo bilancio in pratica); il cosiddetto “andamentale bancario”,
ossia: “Come si comporta l’azienda con la banca? È regolare nei pagamenti?
Oltrepassa mai il limite di fido? I suoi clienti la pagano regolarmente?”; e
infine gli aspetti qualitativi, cioè informazioni di natura qualitativa, come etica
della “governance”, rischiosità del settore di appartenenza, saturazione del
mercato di operatività, previsioni economico-finanziaria di settore.
Il rating esprime “la probabilità di
default”, cioè il rischio che in 3-5 anni l’azienda non possa più restituire i
soldi alla banca
Sulla base di questi tre parametri,
inseriti in un algoritmo, ogni banca tira fuori un “voto” per l’azienda che ha
richiesto o ha ottenuto il finanziamento, il cosiddetto rating, che, così come
a scuola, varia su una scala che va da 1 (il voto migliore) a 12 (il voto
peggiore) e che esprime “la probabilità di default”, cioè la probabilità (il
rischio) che in 3-5 anni l’azienda non possa più restituire i soldi alla banca.
I rating delle piccole imprese
peggioreranno sicuramente a seguito della crisi da Covid-19
La disciplina
di Basilea sull’esercizio del credito, al fine di tutelare il
risparmio e la sostenibilità del business bancario, impone alle banche obblighi
di accantonamenti per sostenere la probabilità
di default della aziende affidate. E l’accantonamento è un costo per
le banche. In altri termini le banche devono accantonare quote di capitale (che
non possono quindi utilizzare per fare altri affari) proporzionate al rischio
assunto che viene appunto valutato con lo strumento del rating. Siccome è certo
che i rating delle piccole imprese peggioreranno sicuramente a seguito della
crisi da Covid-19, è necessario rivedere immediatamente le percentuali di
accantonamento altrimenti, così come già
raccontato qui su Lettera43.it, alle banche rimane la strada della stretta
creditizia.
2.
VIETATO CHIEDERE INTEGRAZIONE DEI TITOLI DATI IN PEGNO
Imporre al sistema bancario il divieto di
richiedere una integrazione del valore dei titoli dati in pegno come garanzia
per la concessione di prestiti. A seguito del crollo delle quotazioni dei
titoli azionari e obbligazionari, è ovvio che quei finanziamenti saranno “meno
garantiti”. In altri momenti storici simili a quello attuale le banche hanno
richiesto immediatamente il ripristino dello “scarto”, cioè quella differenza
tra il valore dell’oggetto del pegno e il credito accordato che serve a
cautelare l’istituto di credito contro una eventuale diminuzione di detto
valore. E i piccoli imprenditori, a maggior ragione in questa fase, non hanno disponibilità
per integrare la garanzia. E quindi, in alternativa, le banche deliberano una
riduzione del fido proporzionalmente con l’aumento dello scarto.
3.
SOSPENDERE PER UN ANNO L’AMMORTAMENTO DEL CAPITALE
Sospensione per almeno un anno dell’ammortamento
del capitale (non solo degli interessi) sui finanziamenti rateali (ipotecari e
chirografari). Chi non ha i soldi per pagare le rate, non ce li ha né per
sostenere il costo degli interessi né per rimborsare il capitale preso a
prestito. Ma soprattutto introdurre modalità di richiesta e ottenimento della “moratoria”
molto più snelle e agevoli di quelle prescritte negli anni precedenti.
4.
ACCORDARE UN EXTRA FIDO: IL 20% DI QUANTO GIÀ CONCESSO
Accordare massivamente a tutte le imprese
un extra fido pari almeno al 20% di quanto già concesso sotto forma di prestito
a breve termine (scoperto di conto, anticipo crediti, anticipo fornitori,
eccetera). Tale misura consentirebbe alle imprese in crisi di fatturato (e di
incassi) di sostenere il finanziamento del capitale circolante (stipendi,
fornitori, utenze, fitti, tributi) e dovrebbe essere sostenuta unitamente alla
abolizione per almeno due trimestri di quei balzelli che rispondono al nome di Dif
(disponibilità immediata fondi) e Civ (commissione di istruttoria veloce) e che
hanno preso il posto della illegittima commisione di massimo scoperto. Ai conti
pubblici penseremo tutti dal 30 settembre 2020. Altrimenti sarà difficile
trovare imprese vive in grado di pagare tributi e banche al primo di ottobre.
Nessun commento:
Posta un commento