da: Domani
Il leader di Italia viva aveva promesso di rispondere sui suoi rapporti con il regime di Riad. Spiega che è tutto legale e che lui difende i giornalisti. Ma trascura il dettaglio che un politico in carica che lavora per un governo straniero sta svendendo la sua funzione
Durante le consultazioni per la formazione del nuovo governo, Matteo Renzi aveva promesso di rispondere a tutte le domande sul caso della consulenza in Arabia saudita sollevato da Domani. Aveva omesso di precisare che le domande se le sarebbe fatte da solo. La eNews che ha diffuso nella serata di sabato offre materiale agli psicanalisti (Renzi è in confidenza con sé stesso, tanto che si dà del “tu”) ma aggira le questioni reali.
Per questo rinnovo l’invito a Matteo Renzi a un confronto pubblico, sui nostri canali social di Domani o in televisione. È vero che già ci sono state interviste al senatore di Italia viva sul tema, ma sempre mancanti della seconda domanda dopo le affermazioni più surreali (tipo che l’Arabia saudita è un baluardo contro il terrorismo islamista, quando per anni ha alimentato e sostento la predicazione radicale del wahabismo alla base dell’ascesa di al Qaida).
Vale la pena ribadire i punti fermi di questa vicenda. Renzi cerca di equiparare la sua
condizione ai rapporti di altri soggetti politici con regimi politici o movimenti discutibili, tipo le opinioni di Alessandro Di Battista su Donald Trump, le visite dei Cinque stelle ai gilet gialli o i loro rapporti “strategici” (cioè? C’erano voci di finanziamenti ma niente prove) con il Venezuela. Altri fan di Italia viva continuano a postare foto di visite ufficiali di Giuseppe Conte o Luigi Di Maio a Riad.Due punti fermi
Primo punto fermo: quella di Renzi non è un’attività politica, non va a Riad come parte della sua attività di senatore della repubblica e membro della commissione esteri. Ci va come parte del progetto di propaganda del regime saudita che ha bisogno di rifarsi una reputazione: lui lavora per un governo straniero (prende soldi dalla Future Investment Initiative, di cui è azionista il fondo sovrano saudita).
Di Battista e Di Maio, per quanto criticabili, agivano come politici italiani che perseguivano quella che consideravano una politica nell’interesse dei loro elettori. Le note spese delle trasferte, insomma, le pagava il parlamento italiano. Il jet che ha riportato Renzi a Roma lo hanno pagato i sauditi.
Secondo punto fermo: Renzi rivendica ogni volta che può il fatto che paga le tasse su quello che guadagna. E ci mancherebbe pure. «Svolto attività previste dalla legge, ricevendo un compenso sul quale pago le tasse in Italia» e aggiunge: «Tutto è perfettamente legale e legittimo». Sarà anche legale, ma che sia legittimo si può opinare. Renzi non è un ingegnere, un architetto, un commercialista che mantiene una sua attività professionale parallela a quella politica. È, da tutti i punti di vista, un politico di professione. Quindi quale attività vende ai sauditi? Davvero qualcuno può credere che il principe Mohammed bin Salman gli paghi 80mila dollari l’anno per geniali trovate come chiamare la conferenza annuale della Fii “Nuovo rinascimento”? Un politico che si mette in vendita si fa pagare la rete di conoscenze e la sua influenza e la sua reputazione.
Renzi sarà poco popolare in Italia, ma è comunque utile al regime saudita dimostrare di avere l’appoggio di un senatore di una grande democrazia occidentale così influente da far cambiare i governi. Renzi si vende come politico in carica, o almeno da questo dipende il suo “valore di mercato”. Se quei soldi li avesse presi in una valigetta, sarebbe stato arrestato all’istante. Ma è una legge ben singolare quella che considera illecito per un governo o un servizio segreto straniero pagare un parlamentare per influenzarne le scelte mentre valuta accettabile che quel parlamentare prenda gli stessi soldi con contratto di consulenza.
Il caso Khashoggi
Poi c’è il caso di Jamal Khashoggi. Ucciso nel 2018 nel consolato di Istanbul da sicari mandati da bin Salman, dicono l’Onu e la Cia. Renzi dice che ha già condannato il caso e che lui ha sempre difeso i giornalisti in pericolo. Bizzarra affermazione per un politico in carica che ha probabilmente il record di richieste di risarcimento danni in sede civile contro giornalisti italiani.
Ma
soprattutto Renzi omette il fatto
che molti grandi
gruppi dei media – come New York
Times e Cnn – dopo l’omicidio di Khashoggi, editorialista del Washington
Post, hanno boicottato la Future Investment Initiative. Che aveva un
problema di reputazione perché nessuno voleva essere associato al principe
sanguinario. Che dunque ha trovato Renzi, assai più disponibile. Renzi infine rivendica
di essere sempre pronto a parlare di diritti umani ovunque sia necessario.
Nobile disponibilità. Sarebbe ancora più nobile se scegliesse meglio il palco
da cui parlarne e se dopo non mandasse la fattura.
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