da: https://spettacolo.fanpage.it/ - di Gennaro Marco Duello
Intervista a Claudio Gioè, protagonista di Màkari, la fiction di Rai1 tratta dai romanzi di Gaetano Savatteri. Nel ruolo di Saverio Lamanna, l’attore ha fatto scoprire al grande pubblico una nuova saga ambientata in Sicilia: “Siamo tutti strafelici per i risultati”. E sulla seconda stagione: “Ci godiamo il successo, poi deciderà chi deve decidere”.
La prima stagione di Màkari si è conclusa con la messa in onda del quarto e ultimo episodio, La fabbrica delle stelle. Le avventure del giornalista Saverio Lamanna, tornato da Roma nella sua Màkari, hanno conquistato una media di sei milioni di spettatori a puntata. Un risultato impensabile per un prodotto assolutamente inedito per linguaggio e costruzione. "Un risultato che vale doppio considerata anche la concorrenza agguerrita" – tra Champions League e debutto dell'Isola dei Famosi – rivela Claudio Gioè a Fanpage.it. Il protagonista della fiction nata dai romanzi di Gaetano Savatteri commenta anche la sintonia con Domenico Centamore: "Con Piccionello abbiamo messo a punto una grande coppia comica".
Claudio, non possiamo non cominciare dal grande dubbio da sciogliere: la seconda stagione di Màkari si farà?
Non posso dirlo perché non ne so niente, né ufficiosamente né ufficialmente. Per ora ci stiamo godendo il frutto di un lavoro molto duro fatto quest’estate – con le restrizioni del Covid. Un lavoro che ci ripaga di portare al pubblico queste storie, questi personaggi di cui piano piano ci andavamo innamorando sempre di più. Finire questa stagione e presentarla al pubblico è stata già un successo. Poi, deciderà chi deve decidere sulla seconda stagione.
Gli ascolti tv non mentono mai: più di sei milioni di spettatori a puntata. Sono numeri importanti.
Màkari ha dimostrato di essere d’interesse per il pubblico ed è impressionante perché è andato in onda contro competitor di grande prestigio, come la Champions League e il debutto dell’Isola dei Famosi. È un risultato che vale doppio. Siamo tutti strafelici.
Avete dimostrato che può esserci vita dopo Montalbano per la Sicilia delle fiction?
Certamente, prendere il posto di Montalbano al lunedì sera è stato un carico forte di responsabilità, però l’abbiamo presa con filosofia, per dirla alla Piccionello. Abbiamo affrontato questa responsabilità con la forza e la certezza di proporre qualcosa di diverso. Non era così scontato che il pubblico ci seguisse, abbiamo proposto una declinazione della Sicilia diversa.
Ecco la chiave: la Sicilia di Saverio Lamanna è una Sicilia inedita?
Una Sicilia contemporanea, una Sicilia che per la prima volta viene mostrata nel presente, una Sicilia che cerca il suo posto nel mondo. E Saverio Lamanna è paradigma di questo percorso. Lui siciliano che va fuori e rientra con nuovi punti di vista, differenti dai suoi conterranei, che cerca però di ritrovare la genuinità, quella lentezza di tempi e di pensiero e soprattutto la capacità di reinventarsi, di provare ad andare al nocciolo delle questioni e al nocciolo di sé stessi. È un Sud dell’anima quello in cui Lamanna ritorna, un Sud carico di ricordi ed emozioni che in maniera potente gli si palesano davanti.
Ma è vero che come base durante le riprese siete stati sempre alla Tonnara di Scopello?
Magari (ride, ndr). Ci siamo stati dieci giorni alla Tonnara di Scopello ed è stato comunque un regalo della vita perché è un posto da sogno. Abbiamo fatto principalmente base a Trapani. Ci muovevamo nel giro di trenta, quaranta chilometri e le location erano tutte disponibili in trenta minuti massimo.
La Sicilia occidentale, dal Golfo di Macari a San Vito Lo Capo, è un posto che non aveva ancora trovato il suo spazio in televisione. Tu conoscevi quelle zone?
Sì, le conoscevo. È la provincia più vicina alla mia Palermo ed è per tutti quanti noi palermitani, la prima meta esotica di quando sei ragazzino. Le prime gite fuori porta si fanno lì, a San Vito Lo Capo e a Macari.
Prima hai citato Piccionello, interpretato da Domenico Centamore. Non si vedeva da tempo una coppia così ben assortita.
Io e Domenico siamo prima di tutto due grandi amici che avevano il desiderio di lavorare insieme da più di venti anni. Ci siamo conosciuti sul set de I Cento passi e da tanti anni sognavamo di fare una coppia comica, insieme. Questa è stata l’occasione di sperimentare una comicità di situazione, più che di macchiette. È stato molto stimolante anche per noi perché questo mix tra noi, persone diverse che si completano a vicenda, ha fatto sì che questa coppia funzionasse.
Uno dei momenti che hai preferito di più in questa stagione?
Il finale della terza puntata con Piccionello che si addormenta sulla spalla di Saverio, che ci ha ricordato il finale di “A qualcuno piace caldo”. Quei due sono una coppia improbabile e forse è per questo che funziona.
Claudio, tu storicamente sei sempre stato un interprete ma hai studiato alla D’Amico, hai studiato con Ronconi. In genere, chi passa per certe traiettorie poi finisce anche dietro la macchina da presa.
No,
francamente ho sempre un grande rispetto per i registi cinematografici perché
devono gestire una serie di cose notevoli. Mi accontento di fare l’interprete
in questi contesti. Ho fatto il regista teatrale e, solo per il teatro, mi
piacerebbe continuare a farlo. Se devo immaginare il mio futuro è proprio
questo: il ritorno a teatro. Al più presto.
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