da: Il Fatto Quotidiano
No, dài, sarà uno scherzo, non può essere vero. La maggioranza di extralarge intese impiega due mesi a fotocopiare e ritoccare il dl Ristori scambiandolo per nuovo solo perché lo chiama Sostegni; e poi, proprio sul filo di lana, si blocca per altre 3 ore. Il Governo dei Migliori litiga su un condonetto come un qualsiasi governo dei peggiori. Il premier Migliore convoca la stampa per la prima volta in un mese alle 17.30 e poi si presenta alle 20 col favore delle tenebre e a favore di tg, come il Conte Casalino (avvertire Mieli). Intanto il suo staff s’arrampica sugli specchi delle nuove misure anti-Covid (al posto del decreto Draghi e del Dpcm Draghi in scadenza il 6 aprile) per trovare strumenti normativi diversi dal Dpcm: sennò poi dicono che è tutto come prima e Cassese s’incazza (e, tra i Cassesi che s’incazzano e i giornali che svolazzano, sono cassi).
Così si pensa a un secondo decreto. Ma c’è un problema: essendo impossibile convertire in legge il primo dl Draghi entro il 6, farne un secondo che assorbe e supera il primo significa impedire al Parlamento di discutere il primo e passare al secondo, sempreché si faccia in tempo a discutere il secondo prima che sia sostituito dal terzo, ad libitum. Perciò il governo dei peggiori faceva un decreto e poi vari Dpcm attuativi, illustrandoli al Parlamento ogni 14 giorni. Cosa impossibile coi dl perché, prima che ne venga convertito uno in 60 giorni, ne arriva un altro al posto, e poi chi lo sente Cassese?
Dunque i cervelloni di Palazzo Chigi pensano a un’ordinanza di Speranza, che però sarebbe molto meno democratica e garantista di un Dpcm: la farebbe solo il ministro della Salute, anche su materie sociali ed economiche che competono ad altri; invece il Dpcm lo firma il premier, ma “sentiti i ministri competenti e la Conferenza Stato-Regioni”, che invece sarebbero tagliati fuori da un’ordinanza Speranza.
Voi
direte: ma con 400 morti al giorno, boom di ricoveri e terza
ondata ti scaldi tanto per così poco? Non è per me.
È per le ministre italovive, anzi per l’unica superstite: Elena Bonetti.
Nove settimane e mezzo fa lasciò il governo precedente con “Teresa” e
“Ivan” perché “non vogliamo renderci complici di delegittimare (sic, nda)
il metodo democratico”, del “mancato rispetto delle forme parlamentari”, delle
“mancate convocazioni del pre-Consiglio” dei ministri, dell’“abitudine di
governare con decreti” e dell’“utilizzo ridondante del Dpcm”, per non parlare
della “scelta di non accedere al Mes”. Ora, siccome i decreti e i Dpcm
continuano, il pre-Consiglio non c’è stato neppure ieri e il Mes è
sparito dai radar, non vorremmo che la Bonetti ci lasciasse di nuovo. O che
l’Innominabile la ritirasse. O, peggio, che tutto ciò fosse già accaduto e
nessuno se ne fosse accorto.
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