da: Domani - di Giorgio Meletti
C’è da chiedersi se la Consob garantisca davvero ciò per cui fu istituita nel 1974, la trasparenza e correttezza dei mercati finanziari.
Nei giorni scorsi i 650 dipendenti della Commissione nazionale per le società e la Borsa hanno ottenuto l’aggancio alle retribuzioni della Banca d’Italia (peraltro previsto dalla legge) e con esso un aumento di 1.150 euro al mese che porta lo stipendio medio a 167 mila euro all’anno. Una task force così qualificata dovrebbe impedire ai furbetti di raggirare gli investitori, soprattutto i piccoli.
Proprio a tutela del cosiddetto “parco buoi” fu istituita la Consob, con un obiettivo su tutti: combattere la “asimmetria informativa”. Se compri azioni della società X hai diritto di saperne quanto chi te le vende. Se lui sa che la X sta per fallire e tu no, stai giocando in una bisca truccata.
Uno degli strumenti cardine della parità informativa sono i cosiddetti report degli analisti sulle aziende quotate: traggono dai bilanci indicazioni sulle prospettive delle società e
consigliano se comprare o vendere le azioni. Un ruolo con tutta evidenza delicatissimo. Il 3 febbraio scorso la Consob ha sanzionato due analisti della Intermonte Sim, Alberto Villa e Simone Pozzi, per aver (ben cinque anni fa!) scritto il falso in una ricerca sul Sole 24 Ore, il gruppo editoriale quotato della Confindustria.Il 27 maggio 2016 Intermonte Sim ha comunicato al mercato che le azioni del Sole 24 Ore sarebbero andate alla grande (outperform) e il loro prezzo era lanciato verso i 65 centesimi. Peccato che una prima versione dello studio, scoperta dagli ispettori della Consob, predicesse un declino del titolo fino 36 centesimi. Si è dunque accertato che i numeri truccati hanno magnificato le sorti di uno dei peggiori disastri della Borsa italiana: da quando sono state collocate e quotate (2007) le azioni del Sole 24 Ore hanno perso il 99,2 per cento del valore. Suscita dunque qualche interrogativo la sanzione comminata per questa prodezza: a Villa 30mila euro di multa e tre mesi di sospensione dall’attività, a Pozzi 20mila euro e due mesi, alla società un’ammenda di 50 mila euro. Roba da divieto di sosta per una cosa gravissima, una specie di “mucca nel corridoio” di fronte alla quale ci si sarebbe aspettata tutt’altra reazione dalla Consob che, tanto per cominciare, ne ha informato il mercato dopo cinque anni.
Scorrendo il provvedimento si leggono considerazioni interessanti. La Commissione presieduta dall’ex ministro Paolo Savona nota che Intermonte Sim faceva i report su incarico dello stesso Sole 24 Ore, pagata 50 mila euro più Iva all’anno dal 2014 al 2017. Eppure stabilisce che la violazione commessa dai due analisti, pur documentata come consapevole, è solo colposa. Savona ammette che non è in grado di determinare «vantaggi ottenuti o perdite evitate» da parte di Intermonte e che non ci sono elementi per rilevare «pregiudizi cagionati a terzi». Come se uno entrasse in un supermercato sparando all’impazzata e venisse condannato a una pena lieve se non ha centrato nessuno. E se Intermonte avesse manipolato il report per accontentare chi glielo pagava? Savona non sembra essersene dato pensiero. Colpisce che la Consob, di fronte a un caso così grave di deliberata manipolazione del mercato, non abbia un sussulto.
Siamo
sicuri che sia stata un’eccezione e non la regola? Visto che tutto questo
avviene in nome del Testo unico della finanza, più noto come legge Draghi,
l’attuale governo appare titolato a valutare se la Consob fa il suo
dovere o se è la legge Draghi ad aver bisogno di qualche ritocco.
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