venerdì 12 marzo 2021

Manzione. La vigilessa di Renzi si fa sistemare al ministero della Bonetti

 


da: Il Fatto Quotidiano – di Antonella Mascali

Antonella Manzione, una donna per tutti i governi in cui c’è Matteo Renzi.

Da capo dei vigili urbani di Firenze, quando Renzi era sindaco, a Palazzo Chigi, e poi al Consiglio di Stato, quando Renzi era presidente del Consiglio, a breve dovrebbe diventare la responsabile dell’Ufficio legislativo del ministero delle Pari opportunità e della Famiglia, guidato dalla ministra Elena Bonetti di Italia Viva, il partito di Renzi, anche stavolta al governo.

Sarà il plenum del Cpga, il Csm del Consiglio di Stato, a dover autorizzare Manzione. Nei giorni scorsi, come risulta al Fatto Quotidiano, la ministra Bonetti ha inviato la sua richiesta al presidente del Consiglio di Stato, Filippo Patroni Griffi: “Illustre presidente, le comunico la mia intenzione di nominare” come capo dell’ufficio legislativo “il Cons. Antonella Manzione…”.

Dal 2010 al 2013, Manzione fu comandante della polizia municipale di Firenze, fedelissima dell’allora sindaco Renzi che poi la nominò, per un anno, direttore generale del Comune. Quando, nel 2014, Renzi diventa presidente del Consiglio, facendo politicamente le scarpe a Enrico Letta, Antonella Manzione lo segue a Palazzo Chigi come potente capo dell’Ufficio legislativo e il fratello Domenico, magistrato, viene nominato sottosegretario all’Interno: evidentemente il renzismo è una passione di famiglia.

Ma torniamo alla consigliera di Stato. Approda a palazzo Spada nell’ottobre 2016, per volere di Renzi presidente del Consiglio, tra roventi polemiche dentro al Cds e con un no del futuro (allora imprevedibile) presidente del Consiglio Giuseppe Conte, in quel periodo membro laico del Cpga, riunito in plenum per esprimere, come previsto, il parere alle nomine proposte dal governo.

Manzione, infatti, divenne consigliera di Stato nonostante avesse 53 anni mentre la norma prevede che bisogna averne almeno 55 per essere di nomina governativa. A sostenere quella scelta di Renzi fu anche l’allora presidente del Consiglio di Stato, Alessandro Pajno, che giustificò la deroga al vincolo dell’età parlando di interpretazione “evolutiva” della normativa alla luce dell’abbassamento dell’età pensionabile dei magistrati, anche amministrativi, da 75 a 70 anni. A Pajno rispose Conte, facendo capire che si stava avallando un superamento ad personam dell’età minima: se si pensa a una deroga, disse, allora “sarebbe stato auspicabile che fosse stato fatto prima e per tutti e non ad hoc”. Ma non fu solo quello il motivo per cui Conte fu tra i consiglieri che si opposero. Non lo convinceva neppure il curriculum di Manzione, laureata in Giurisprudenza sì, ma nessun dottorato, nessun ruolo da docente universitaria, nessuna esperienza di lungo corso come avvocato, un curriculum “buono, ma non elevato per quello che riguarda gli studi giuridici compiuti” e non offre neppure “ferma indipendenza di giudizio”. Ora Manzione si appresta a lavorare al ministero guidato dalla renziana Bonetti, senza neppure l’obbligo del fuori ruolo.

P.S. Proprio la ministra per le Pari opportunità, che dovrebbe essere più attenta della media alla parità di genere anche nel linguaggio, nella lettera al presidente Patroni Griffi declina al maschile il titolo di Antonella Manzione, la chiama “Il Consigliere”.

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