Tutte
le cose da sapere sul virus che in Cina ha causato la morte di oltre cento
persone, e che continua a diffondersi tra la popolazione
A causa del nuovo coronavirus (2019-nCoV),
in Cina sono morte oltre 100 persone e sono state ormai segnalate migliaia di
casi confermati di persone che si sono ammalate a causa del virus. La
situazione continua a essere difficile soprattutto a Wuhan, città della Cina
centrale dove alla fine del 2019 erano partite le prime segnalazioni di
pazienti con gravi polmoniti, che hanno poi portato alla scoperta del
coronavirus. Il governo cinese ha disposto l’isolamento di Wuhan e di diverse
altre città, misure che interessano decine di milioni di persone e con lo scopo
di ridurre il rischio di nuovi contagi.
Che
cos’è un coronavirus?
I coronavirus sono un particolare tipo di
virus appartenente alla famiglia Coronaviridae. In generale, i virus sono
entità biologiche particolari: non sono esseri viventi veri e propri, ma hanno
la capacità di invadere un organismo e sfruttarne le risorse per prosperare e
moltiplicarsi, come fanno i parassiti. Per farlo, si legano alle cellule degli
organismi, eludono le difese delle loro membrane e si aprono un varco
attraverso il quale ne modificano le caratteristiche genetiche.
I coronavirus utilizzano come materiale
genetico l’RNA, cioè l’acido ribonucleico: una versione “semplificata” del DNA,
che assolve al medesimo scopo di codificare e trasmettere le informazioni
genetiche. Questi tipi di virus si chiamano così perché i loro virioni (la
parte infettiva) appaiono al microscopio elettronico come piccoli globuli, sui
quali ci sono tante piccole punte che ricordano quelle di una corona.
Le punte sono formate dai “peplomeri”, le
strutture proteiche che insieme ad altri meccanismi servono ai virus per
attaccarsi alle cellule dell’organismo da infettare. Una volta che si sono
legati alle cellule ospiti, i virus rilasciano il loro codice genetico
modificando il comportamento della cellula. Questo processo fa sì che si attivi
una risposta immunitaria da parte dell’organismo infettato, che cerca di
sbarazzarsi del virus (solitamente facendo alzare la temperatura: in pratica
viene la febbre).
Ci
sono molti tipi di coronavirus?
I coronavirus sono piuttosto diffusi tra
varie specie di mammiferi e uccelli: infettano il loro apparato respiratorio e
gastrointestinale. Da 60 anni circa, sappiamo che in alcuni casi questi virus
riescono a passare agli esseri umani, causando sintomi che variano a seconda
delle loro caratteristiche. A oggi sono noti sette diversi coronavirus che
possono infettare l’uomo, compreso 2019-nCoV, quello da poco scoperto in Cina.
I coronavirus sono spesso tra le cause del raffreddore comune, quindi non sono
così rari, ma alcuni sono più aggressivi di altri.
Perché
“nuovo coronavirus”?
Viene semplicemente definito “nuovo
coronavirus” un coronavirus da poco identificato e le cui caratteristiche non
sono ancora completamente note; di solito col passare del tempo viene poi
indicato un nome diverso, meno scientifico, con riferimento ai sintomi che
provoca.
E
che sintomi dà il nuovo coronavirus?
Stando alle informazioni fornite finora
dalle autorità sanitarie cinesi e da quelle internazionali, il nuovo
coronavirus inizialmente causa sintomi simili a un’influenza: congestione
nasale (naso chiuso), mal di gola, spossatezza e febbre. In alcuni casi la
malattia progredisce, creando un’infiammazione delle strutture più interne dei
polmoni, e in mancanza di cure adeguate o per la presenza di precedenti
malattie può rivelarsi mortale.
Come
si trattano i pazienti con nuovo coronavirus?
La prima risorsa per contrastare
un’infezione virale è il proprio sistema immunitario, che identifica l’infezione
e sviluppa la capacità di contrastare il virus, impedendogli di fare ulteriori
danni in futuro. Non esistono cure e i medici possono solamente somministrare
farmaci per ridurre i sintomi, o per trattare complicazioni come la polmonite,
nel caso in cui si presenti. Qualcosa di analogo avviene già con l’influenza,
nel caso di pazienti con precedenti problemi di salute.
Quindi
non è così grave?
Nel 2009, la pandemia influenzale da virus
H1N1 (febbre suina) causò la morte di circa mezzo milione di persone in tutto
il mondo. Ogni anno, a causa delle complicazioni dell’influenza comune, muoiono
centinaia di migliaia di persone in tutto il mondo. Il nuovo coronavirus sembra
essere più aggressivo e – come tutti i nuovi virus – non deve essere
sottovalutato fino a quando non se ne comprendono i meccanismi.
E
la SARS che c’entra?
In questi giorni si è parlato spesso di
sindrome acuta respiratoria grave (SARS, dall’inglese “Severe Acute Respiratory
Syndrome”) in riferimento a ciò che sta avvenendo in Cina. La SARS è
probabilmente la malattia più conosciuta legata a un coronavirus: il virus che
la causa fu identificato tra il 2002 e il 2003 e porta a un’infezione diffusa
del sistema respiratorio. Nel 2003 furono registrati circa 8mila casi di SARS,
con un tasso di letalità del 10 per cento, quindi molto più alto di quello
attuale per 2019-nCoV. All’epoca la Cina fu duramente criticata, dalla stessa
Organizzazione Mondiale della Salute (OMS), per avere inizialmente nascosto le
informazioni sui contagi, temendo che notizie di quel tipo potessero
danneggiare l’economia in forte crescita del paese.
Chi
sta studiando 2019-nCoV?
Centinaia di ricercatori in Cina e in altre
aree del mondo stanno studiando le caratteristiche del nuovo coronavirus. A
differenza di quanto avvenne con la SARS, le informazioni da parte cinese sono
state comunicate con maggiore rapidità all’OMS e, grazie ai progressi
tecnologici, il profilo genetico del virus è già a disposizione degli esperti
per studiarlo e capire come agisce.
Da
dove arriva il nuovo coronavirus?
Con i suoi 11 milioni di abitanti, Wuhan è
la più grande città della Cina centrale. Il 31 dicembre 2019, la Commissione
Sanitaria Municipale di Wuhan aveva inviato una segnalazione all’OMS, spiegando
di avere registrato un certo numero di casi di polmonite con cause ignote. Le
indagini avevano messo in evidenza un legame con un mercato di frutti di mare,
pollame e altri animali selvatici vivi, ma una ricerca pubblicata sulla rivista
scientifica Lancet mette in dubbio questa eventualità (i dati devono però
ricevere ulteriori conferme). Una decina di giorni dopo la segnalazione, il
Centro per il controllo delle malattie della Cina ha annunciato di avere
identificato un nuovo coronavirus, studiando le polmoniti di Wuhan. I tempi di
scoperta e segnalazione sono comunque ancora sotto analisi, per capire se si
potesse fare prima e meglio.
Perché
si parla tanto dei mercati di animali vivi?
In Cina sono molto diffusi mercati in cui
si possono acquistare suini, pollame e diverse altre specie selvatiche di
animali ritenuti prelibatezze per la cucina locale o utili per la medicina
tradizionale, come i pipistrelli. La contiguità tra esseri umani e questi
animali, unita alle scarse condizioni igieniche, fa aumentare il rischio che i
virus passino da una specie animale agli esseri umani, mutando per adattarsi
poi ai nuovi ospiti. Il sospetto è che qualcosa di analogo sia avvenuto in
passato, con la SARS, e nelle settimane scorse con il passaggio di 2019-nCoV
agli esseri umani, probabilmente proprio dai pipistrelli. Anche per questo
motivo, il governo cinese sta lavorando per mettere al bando, o almeno
sospendere, le attività commerciali nei mercati di animali selvatici.
Il
problema riguarda solo la Cina?
Da sempre i virus circolano e si diffondono
in tutto il mondo facendosi dare un passaggio dagli animali che infettano. Un
tempo le malattie arrivavano per nave, come avvenne per esempio con la peste
nera in Europa nel Trecento, oggi attraverso i viaggi aerei. Il problema non
riguarda quindi solo Wuhan e qualche altra provincia della Cina, ma tutto il
mondo. Persone provenienti dalla Cina sono risultate infette in diversi luoghi
di loro destinazione, come Stati Uniti, Australia, Singapore, Taiwan, Corea del
Sud, Vietnam, Canada, Giappone e Francia.
Quanto
è contagiosa la malattia?
Attualmente non lo sappiamo con certezza.
Il periodo di incubazione, cioè il tempo che passa da quando si viene infettati
dal nuovo coronavirus a quando ci si ammala, è in media di 10-14 giorni. Il
problema è che secondo diverse segnalazioni si è contagiosi anche nel periodo
di incubazione, quindi ancora prima di sviluppare i sintomi. Questa circostanza
potrebbe rendere più complicato il contenimento del virus, perché molte persone
potrebbero non sapere di essere infette mentre hanno a che fare con altri, o si
mettono in viaggio.
Come
si viene contagiati?
I coronavirus si possono trasmettere da
persona a persona, di solito in seguito a contatti stretti, in famiglia, tra
amici, negli ambienti di lavoro e in luoghi molto affollati. Dalle ricerche
svolte finora, il primo veicolo di contagio sembrano essere gocce di saliva e
di muco da persone infette, con le quali si entra in contatto. La diffusione
per via aerea sembra meno frequente, ma anche in questo caso si dovranno
attendere altri giorni per avere un numero di casi più significativo da
studiare.
Come
ci si protegge dal nuovo coronavirus?
Le raccomandazioni delle autorità sanitarie
per ridurre il rischio di infezione da 2019-nCoV sono simili a quelle indicate
per le altre malattie infettive. Il consiglio è di lavarsi spesso le mani con
acqua e sapone (per una trentina di secondi almeno), di starnutire e tossire in
un fazzoletto o portandosi l’incavo del gomito alla bocca (in questo modo non
si contaminano gli oggetti che si toccano con le mani e, al tempo stesso, non
ci si porta nulla alla bocca dopo che si sono toccate superfici che potrebbero
essere contaminate). Viene inoltre consigliato di evitare alimenti come frutta
e verdura non lavate, bevande non imbottigliate, indicazioni utili soprattutto
per chi si trova in luoghi dove è certa la presenza del virus.
Le
mascherine servono?
In Cina milioni di persone circolano da
giorni con mascherine, di solito di tessuto e simili a quelle che si utilizzano
in sala operatoria. Può essere una buona precauzione per le persone malate per
ridurre i rischi di contaminazione, mentre non è certo che offrano qualche
garanzia in più a chi non vuole entrare in contatto con il nuovo coronavirus.
Gli esperti consigliano soprattutto di lavarsi spesso le mani e di evitare di
portarsele alla bocca o di toccarsi gli occhi, senza averle lavate prima.
Come
si contiene il virus su larga scala?
La prevenzione, tramite il controllo delle
infezioni e dei luoghi in cui si sono verificate, è alla base dei sistemi per
prevenire la diffusione di un nuovo virus. L’obiettivo principale è fare in
modo che 2019-nCoV si diffonda il meno possibile dalle aree della Cina in cui
c’è il maggior numero di contagi. La città di Wuhan e diversi altri centri
urbani sono stati posti sotto isolamento, ma non è chiaro se misure così
drastiche siano utili, a distanza di settimane dai primi contagi. Un problema è
dato dalla quantità crescente di persone che arrivano negli ospedali con i sintomi
della malattia: devono essere messe in isolamento e mantenute in questa
condizione se si conferma che hanno il nuovo coronavirus. A Wuhan non ci sono
posti letto a sufficienza negli ospedali, e anche per questo è in corso la
costruzione di un nuovo grande ospedale prefabbricato.
E
nel resto del mondo?
Il primo punto di accesso della malattia
fuori dalla Cina sono gli aeroporti, quindi i controlli sono eseguiti
soprattutto sui voli in arrivo dalle città cinesi. Le procedure, che variano a
seconda dei paesi, prevedono solitamente l’ingresso del personale sanitario
sugli aerei appena atterrati dalla Cina: utilizzando tute isolanti, gli addetti
rilevano la temperatura dei passeggeri e valutano l’eventuale presenza di altri
sintomi. È in questo modo che sono stati identificati i casi fuori dalla Cina,
e che si sono per ora evitati successivi contagi. Le limitazioni agli
spostamenti da parte del governo cinese stanno inoltre favorendo una riduzione
dei flussi di cittadini cinesi verso l’estero.
In
Europa chi se ne occupa?
Naturalmente i singoli stati membri, che si
coordinano con il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle
malattie (ECDC) dell’Unione Europea. Nella sua ultima valutazione del rischio,
l’ECDC ha definito “alto” il potenziale impatto di una epidemia da 2019-nCoV,
definendo probabile una diffusione del virus su scala globale. Il rischio
maggiore è dovuto alle persone che sono arrivate da Wuhan e da altre aree della
Cina interessate dal problema prima che fosse noto il virus, mentre è più basso
per chi arriva ora, considerati i maggiori controlli.
E
in Italia?
Da e per l’aeroporto di Roma Fiumicino ci
sono solitamente voli diretti con Wuhan, e diversi altri non diretti. La
situazione viene tenuta sotto controllo negli aeroporti dagli Uffici di Sanità
Marittima, Aerea e di Frontiera (USMAF) e dai Servizi territoriali per
l’assistenza sanitaria al personale navigante, marittimo e dell’aviazione
civile (SASN), il cui principale lavoro è proprio ridurre i rischi di
importazione di malattie infettive.
Gli aeroplani provenienti dalle aree cinesi
a rischio sono sottoposti a controlli per rilevare l’eventuale presenza tra i
passeggeri di casi sospetti. Nell’eventualità in cui un passeggero abbia
sintomi che potrebbero indicare la presenza del coronavirus, è previsto un
trasferimento presso l’Istituto Nazionale Malattie Infettive di Roma, con una
procedura che garantisca l’isolamento della persona malata.
C’è
un vaccino?
La scoperta di un nuovo virus non implica
che sia sempre elaborato un vaccino per contrastarlo: molto dipende da quanto
quel virus costituisca un rischio e dalla sua capacità di diffondersi. Al
momento, la cosa più pratica è contenere il virus riducendo i rischi di nuovi
contagi. Le conoscenze sulle caratteristiche del nuovo coronavirus sono via via
più precise e non possiamo escludere che, nel caso di una sua grande
diffusione, si provveda a elaborare un vaccino, che dovrebbe però poi essere
testato e verificato prima di diventare disponibile.
Tutto
chiaro, ma c’è da preoccuparsi?
Senza ansie e psicosi. Un nuovo coronavirus
non deve essere mai sottovalutato, soprattutto fino a quando non siano note
tutte le sue caratteristiche e le modalità in cui muta, per eludere le difese
immunitarie. Il numero di casi da 2019-nCoV riscontrato finora è relativamente
basso, ma gli esperti concordano sul fatto che continuerà a crescere e che ci
potranno essere altri morti. Per ora il virus sembra causare sintomi meno gravi
rispetto alla SARS, ma può comunque avere conseguenze serie nelle persone con
altri problemi di salute; ci sono inoltre sporadiche segnalazioni di
complicazioni anche in soggetti giovani e più in salute che non devono essere
trascurate.
In circa un mese, siamo passati da
segnalazioni su casi di polmoniti anomale e gravi ad avere un quadro piuttosto
dettagliato sul virus responsabile e sui meccanismi che utilizza. Rispetto a
casi analoghi del passato, l’accelerazione è stata notevole e consentirà ai
ricercatori e alle autorità sanitarie di lavorare meglio, soprattutto al fine
di contenere la malattia.
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