Distrazione,
fretta, alcol: oltre 600 vittime nel 2018. Queste tragedie succedono
continuamente, dovunque
Un’auto molto veloce, un guidatore molto
ubriaco, una notte d’inverno nella valle più settentrionale d’Italia: sei
turisti tedeschi falciati e uccisi, altre undici persone ferite, tre
gravemente. È accaduto tra sabato e domenica in valle Aurina, Alto Adige. Un
caso isolato? Nelle dimensioni, certamente. Non nella modalità: queste tragedie succedono continuamente,
dovunque.
È
in corso una strage silenziosa: quella dei pedoni, i più vulnerabili e indifesi
sulla strada. Non ne siamo consapevoli perché, quasi sempre, la notizia resta nelle
cronache locali. Se di Gaia e Camilla, le sedicenni travolte e uccise a Roma,
ha parlato e parla ancora tutta Italia, di altri episodi conosciamo poco o
nulla. Quanti sanno che, nella notte tra venerdì e sabato, una studentessa
di Ca’ Foscari è stata travolta e uccisa a Mestre sulle strisce pedonali? Era
originaria di Senigallia, si chiamava Pegah Naddafi, parlava sei lingue. Una
tragedia tra tante tragedie: e quasi tutte si potevano evitare.
Sapete quanti pedoni sono morti sulle
strade italiane nel 2018? Il dato è stato diffuso da poco: 612, quasi due al giorno. Un numero
superiore del 2% rispetto al 2017 e del 7% rispetto al 2016. Senza contare
i feriti, spesso gravi. Un pedone
investito quasi mai se la cava con un graffio e uno spavento.
Un campionario impressionante e tragico,
anche nel 2019. Una mamma travolta mentre attraversa la strada
col figlio di sei anni, a Bergamo. Un bambino
di due anni nel passeggino, spazzato via in provincia di Brescia (la
ventiduenne alla guida: «Pensavo di aver preso un paletto»). Una nonna di Iglesias, che è riuscita a salvare
la nipotina, spingendola via. La mamma
di due bambini, a Rho, investita da un sacerdote ottantacinquenne. Un anziano travolto da un mezzo della
nettezza urbana a Roma. Un altro
ucciso da un carro attrezzi a Torino.
Un disabile in carrozzina, investito
sulle strisce da una Maserati, nella stessa città. È morto in ospedale, tre
giorni dopo.
Nel capoluogo
piemontese, nel 2018, sono stati coinvolti in incidenti stradali 528 pedoni:
undici hanno perso la vita. A Roma
è andata molto peggio: 58 morti. A Milano, le vittime sono state 26. E non c’è motivo di ritenere che
nel 2019 le cose siano migliorate. In ottobre, su Corriere Milano, Stefano
Landi ha descritto una giornata di ordinaria follia metropolitana: «Dicevano una volta le mamme: attraversa
solo sulle strisce pedonali. Lo dicono ancora, ma possono contarci sempre meno.
Basta passare qualche ora vicino a un semaforo per rendersi conto di come sono
peggiorate le abitudini dei milanesi al volante. Due o quattro ruote, non
cambia».
Com’è
facile morire camminando. Un tempo le cose andavano perfino
peggio, spiega l’Osservatorio Pedoni
dell’Asaps, benemerito portale della sicurezza stradale. Pensate che nel 2002 i pedoni uccisi in Italia
erano stati 1.226. Ma perché dopo essere diminuito drasticamente — anche grazie
ai progressi nella sicurezza attiva sulle automobili — il numero delle vittime ha ripreso ad aumentare? Il dato del 2018 è
infatti superiore del 2% rispetto al 2017 e del 7% rispetto al 2016. Aver
introdotto il reato di omicidio stradale,
evidentemente, non è bastato.
Le cause?
Più di una.Gli ubriachi alla guida: molto è stato fatto, ma occorre fare di più
(l’auto parte solo se il guidatore è sobrio: la tecnologia già esiste). La condizioni delle strade e della segnaletica,
talvolta cervellotica. Il numero esiguo
di agenti addetti al traffico: sono loro i paladini dei pedoni (non a caso
vengono impiegati davanti alle scuole). Il numero
di anziani soli, in aumento costante: affrontare a piedi il traffico di una
città è più rischioso per un ottantacinquenne che per un diciottenne, che ha
ben altra vista e riflessi. Lo stile di
guida italiano, sempre più impaziente e aggressivo. Viviamo nel tempo delle
rivendicazioni e delle pretese: una di queste è far presto. I pedoni, per
definizione, rallentano.
Ma la
causa più probabile di tante morti assurde è la distrazione. E la distrazione,
ormai, ha un nome: smartphone. Uno
sguardo allo schermo da parte del guidatore — un messaggio, una notifica — può
trasformarsi in una condanna per il pedone: pensa di essere stato visto, e non
è così. Aggiungiamo questo: talvolta i
pedoni sono vittime della loro stessa distrazione. Guardare il telefono
mentre si guida, ripetiamolo, è da criminali. Ma guardare il telefono mentre si cammina, diciamolo, è da incoscienti.
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