da: https://www.agi.it/
- di Serenella Ronda
Depositate
71 firme per il referendum sul taglio dei parlamentari
In
soccorso dei promotori è arrivata la Lega di Salvini che ha un obiettivo
preciso. Si scatena l'ira del Movimento 5 Stelle. Tutte le posizioni dei
partiti nei confronti della sempre più possibile consultazione
popolare
Tra chi si sfila e toglie la firma e chi la
aggiunge in zona Cesarini, alla fine i promotori del referendum sul taglio dei
parlamentari (i forzisti Cangini e Pagano e il dem Nannicini) incassano 71
sottoscrizioni (7 in piu' di quelle richieste) e le depositano in Cassazione.
La consultazione popolare è a un passo e potrebbe svolgersi in tarda primavera,
magari assieme all'altro referendum sul maggioritario e in contemporanea con le
elezioni comunali e regionali.
Importante (ma non decisivo), il soccorso
leghista: sono 6 i senatori del partito di Matteo Salvini che si aggiungono ai
firmatari, due dei quali nella giornata di oggi. Ma sostanziale è stato anche
l'aiuto di Forza Italia, con 5 nuove firme che si sono aggiunte a quelle di
sentori forzisti già presenti nell'elenco. Proprio il ritiro ieri delle firme
da parte di 4 senatori azzurri (vicini a Mara Carfagna) aveva messo a serio
rischio il raggiungimento dell'obiettivo.
Tanto che sin da subito i leghisti si sono
attivati. Un soccorso che, per il partito di via Bellerio, ha un duplice scopo:
terremotare la legislatura, facendo da sirena ai tanti parlamentari che
rischiano di non essere rieletti con la netta sforbiciata di 345 poltrone,
allettandoli con il voto anticipato prima dell'entrata in vigore della riforma,
e contemporaneamente dare una spinta al referendum sul maggioritario, nella
convinzione che la Consulta, il cui responso è atteso per il 15 gennaio, decida
di ammettere la consultazione popolare per un cavillo tecnico, in quanto con il
referendum sul taglio degli eletti - dall'esito positivo pressoché scontato -
non si determinerebbe una vacatio legis in quanto la riforma costituzionale
contiene una delega per la ridefinizione dei collegi.
In attesa che la Cassazione - ha trenta
giorni di tempo - dia il via libera al referendum esprimendosi sulla
legittimità della richiesta, le forze politiche si interrogano sull'effetto
domino che potrebbe travolgere la stabilità di maggioranza e governo.
E se Matteo Salvini non nasconde la
soddisfazione, "abbiamo dato un contributo per avvicinare la data delle
elezioni", i 5 stelle mal digeriscono l'operazione 'soccorso' e attaccano
duramente gli ex alleati: "Pur di non tagliare il numero di poltrone Salvini
e la Lega firmano all'ultimo istante il referendum", afferma Stefano
Buffagni. "Per la Lega la poltrona è l'unico sovranismo che conta",
attacca Danilo Toninelli.
Poco prima del deposito delle firme, il
pentastellato Michele Giarrusso ha ritirato la propria sottoscrizione per la
strumentalizzazione che ne è seguita (nell'elenco definitivo figura un solo
senatore pentastellato). Anche due dem, Verducci e D'Arienzo, si sono sfilati
all'ultimo minuto. L'avvio dell'iter della riforma della legge elettorale è
stato infatti giudicato un buon risultato che cambia lo scenario.
Ma lo 'scossone' piu' forte, forse, lo
subisce Forza Italia. Accusati ieri di fare da stampella a Conte e al governo,
per aver ritirato le firme, oggi al contrario i senatori azzurri finiscono nel
mirino con l'accusa di aver aperto le porte alla balcanizzazione salviniana,
che non punta ad altro se non ad andare al voto e fagocitare il partito di
Berlusconi.
Resta silente il Pd, che pure ha 5 senatori
tra i firmatari. Certo, i dem la riforma pentastellata l'hanno 'subita',
votando sì dopo tre voti contrari, per far nascere e poi mantenere in vita il
governo. E fonti del Nazareno precisano che i senatori che hanno messo la firma
lo hanno fatto a titolo personale.
Solo il capogruppo al Senato, Andrea
Marcucci, esce allo scoperto: "Chi spera di ottenere la fine anticipata
della legislatura, utilizzando il referendum, resterà molto deluso",
sostiene. In realtà, è proprio questo il nodo centrale: la lunga finestra che
si apre da qui alla tarda primavera, prima che si svolga il referendum,
potrebbe appunto fare da catalizzatore dei timori di quanti temono di non
essere rieletti e indurre il 'partito del voto' a decretare la fine della
legislatura.
Ma il governo ostenta tranquillità: si
lavora ai dossier più importanti, in vista della verifica sul programma, viene
spiegato. Chi si chiama fuori e rivendica orgogliosamente coerenza è Fratelli
d'Italia, unica forza politica che non ha sentori firmatari tra le sue fila:
"Voteremo sì, siamo sempre stati a favore del taglio dei
parlamentari", ricorda Giorgia Meloni.
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