da: https://messaggerosantantonio.it/
- di Marinellys Tremamunno
Oltre
un milione 600 mila italiani vivono in un Sudamerica che sta soffrendo una fase
di «fatica democratica», con un continuo aumento delle tensioni sociali.
Da qualche mese il Sudamerica è in fiamme,
con le proteste in Cile e i
cambiamenti politici in corso anche in altri Paesi come Bolivia e Argentina.
Secondo alcuni analisti, l’intera regione latino-americana è sconvolta
dall’azione di una regia di matrice castro-chavista nata dal Forum di San
Paolo, che ha colpito anche Ecuador e Colombia, con il ritorno alle armi delle
Farc, le Forze armate rivoluzionarie.
In questo difficile contesto vivono più di 1.600.000 italiani,
secondo il registro dell’AIRE, l’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero.
L’Argentina
è al primo posto della classifica mondiale delle nazioni con il più alto numero di italiani (819.899
persone). Loro come vivono queste tensioni sociali? «Con preoccupazione –
afferma Michele Schiavone, segretario generale del Cgie, il Consiglio generale
degli italiani all’estero –. Le rivolte popolari in Sudamerica confermano come
il continente stia attraversando una profonda crisi democratica».
Il politologo argentino Daniel Zovatto
ribadisce che la regione sta soffrendo una «fatica democratica» in mezzo a una
crescita economica «anemica» che ha portato «deficit economico-sociale» e
«crisi di rappresentanza».
Tuttavia, ogni Paese è una realtà diversa
che va analizzata separatamente. Dal trionfo di
Alberto Fernández alle
presidenziali, gli argentini si trovano con una nazione divisa, in grave crisi
economica, e sotto la veste del kirchnerismo che, in passato, è stato coinvolto
in numerosi scandali. Ma «la comunità italiana segue tutto con molta attenzione
– riconosce il giornalista italo-argentino Guido Gazzoli da Buenos Aires –.
Vediamo cosa farà Fernández perché sappiamo che non ha lo spessore politico per
risolvere la difficile situazione economica».
Il Cile,
invece, che conta circa 70 mila italiani,
è passato dall’essere il Paese più
stabile dell’America Latina a un Paese in preda a continui disordini. Il
consigliere del Cgie Nello Gargiulo abita in Cile da trentotto anni, e osserva
che «negli anni Ottanta i cileni hanno applicato un modello economico che ha
portato alla modernizzazione del Paese, e che ha tolto dall’estrema povertà il
40 per cento della popolazione, che oggi è all’8 per cento». Allora cos’è
successo se il sistema era perfetto? «Qui sta il problema – aggiunge Gargiulo
–. Il Cile è cresciuto del 5-6 per cento l’anno, con un debito pubblico
bassissimo, e un Pil pro-capite di circa 26 mila euro. Bisogna ripensare la
politica fiscale e coinvolgere la società civile perché il binomio
stato-mercato non è sufficiente».
Nel Brasile
polarizzato di Bolsonaro, gli interessi
del nostro Paese sono rappresentati dalle grandi multinazionali italiane nel
settore automobilistico, energetico e delle telecomunicazioni. I circa 26
milioni di discendenti di italiani attendono l’evolversi della situazione. Ma
sono i 2 milioni di italiani e
discendenti in Venezuela i più colpiti dalla crudele dittatura che ha
portato il Paese al fallimento economico con un’iper-inflazione che ha ridotto
stipendi e pensioni a 2 euro al mese. Tuttavia, «nessuno fa niente per noi: siamo un esercito invisibile di disperati»,
sintetizza un italo-venezuelano che preferisce rimanere anonimo.
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