4. Stagnazione e società a somma zero
Condizione
3:
il sistema economico ha cessato di
crescere.
Una possibile definizione statistica è la
seguente: diciamo che una società ha cessato di crescere se il suo tasso di
crescita di medio periodo, calcolato in un orizzonte di cinque anni, è negativo
o prossimo a zero (inferiore all’1% annuo).
L’economia italiana, dopo la seconda guerra
mondiale, per circa mezzo secolo, ossia dal 1945 al 1995, ha avuto sempre un
tasso di crescita di medio periodo non solo positivo, ma superiore a
quello delle altre economie occidentali. Come e più della maggior parte di
esse, siamo stati – per dirla con Lévi-Strauss – una società calda, in cui la
ricchezza aumentava costantemente e, con la crescita della ricchezza, tutto si
modificava: paesaggio, abitudini, consumi, mentalità.
A un certo punto, però, questo regime è
cambiato. Una prima svolta si è avuta nei primi anni novanta quando, abbastanza
improvvisamente, il tasso di crescita dell’Italia è divenuto minore di quello
degli altri paesi occidentali. Ma la svolta decisiva, il colpo di grazia
verrebbe da dire, si è avuta con la doppia recessione del 2008-2009 e del
2011-2012. Dal 2009 il tasso di crescita medio quinquennale dell’Italia, che
non era mai sceso al di sotto dell’1%, è diventato negativo, e solo negli
ultimi anni si è faticosamente riportato in prossimità dello zero.
Con ciò il processo di transizione alla
società signorile di massa può dirsi concluso. Per l’intero decennio 2009-2018
l’Italia si è comportata come le società fredde del passato, in cui la crescita
era assente, o impercettibile, o negativa. Alla fine del 2019, il tasso
quinquennale di crescita resta al di sotto dell’1%. A quanto pare, siamo
entrati in un regime di stagnazione.
Con un’importante, forse cruciale,
differenza rispetto alle società fredde del passato. In queste ultime la
staticità riguardava tutti gli aspetti della vita sociale. A cambiare con
estrema lentezza non era solo l’ammontare di risorse disponibili, ma erano le
regole, i costumi, le tecniche di produzione, la natura dei beni prodotti. Chi
nasceva in una certa epoca sapeva che il mondo sociale in cui sarebbero vissuti
i suoi figli non sarebbe stato troppo diverso dal suo.
Ora, invece, tutto cambia ultrarapidamente,
come nelle società calde dell’epoca moderna, ma l’ammontare complessivo delle
risorse economiche resta sostanzialmente costante, come nelle società fredde.
Forse, più che una società fredda, l’Italia sta diventando una società “a somma
zero”. Con questa espressione l’economista americano Lester Thurow descriveva
la peculiare condizione in cui alcune economie occidentali si erano venute a trovare
nel corso degli anni settanta, nell’era della stagflazione (stagnazione +
inflazione).
È difficile sottovalutare la crucialità e
delicatezza di un simile passaggio. Nel mondo della crescita, chiunque poteva
pensare che il progresso del vicino non fosse a spese proprie, o di
chiunque altro, perché la torta da suddividere era in costante aumento. Nel
mondo della crescita zero, invece, è matematico che i progressi di ego siano
gli arretramenti di alter, e che i successi di alter siano i
fallimenti di ego: il gioco è a somma zero. Con la fondamentale
complicazione che, ora, ruoli e istituzioni cambiano continuamente, e la
competizione per i consumi, il prestigio, lo status, l’affermazione di sé, già
solo per il fatto che Internet mette tutti davanti agli occhi di tutti, è
diventata più feroce che mai.
Quello in corso, in altre parole, è un
esperimento che non ha precedenti nella storia dell’umanità: cambiare tutto
incessantemente, ma senza crescere. Non ci avevamo mai provato, e non è detto
che ne siamo capaci.
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