Quale antimafia? Quale legalità?
Corruzione, Responsabilità, Coscienza
di Luigi Ciotti
Le mafie non sono un mondo a parte ma parte
del nostro mondo. La forza delle mafie poggia sull’indifferenza e sull’egoismo,
le malattie spirituali della nostra epoca, sull’interesse privato che divora il
bene pubblico, sull’individualismo insofferente delle regole e incapace di
distinguere tra libertà e arbitrio. La prima riforma, allora, è una riforma
delle coscienze, dei nostri comportamenti, delle piccole e grandi scelte
quotidiane.
Una recente
ricerca sulla disoccupazione ha rilevato che il 61% dei disoccupati è disposto ad accettare un posto di lavoro in
un’attività dove la criminalità organizzata ha investito per riciclare denaro, mentre
una percentuale non trascurabile di
persone - una su dieci - compirebbe piccoli reati pur di condurre una vita più
dignitosa. Secondo un altro sondaggio, un
italiano su cinque non avrebbe problemi a recarsi in pizzerie, bar o negozi dietro ai quali ci sono le mafie se
questo consente di risparmiare.
Sono
segnali inquietanti, e la riprova che il lavoro educativo e culturale, l’opera
di informazione e di denuncia, i percorsi nelle scuole e nelle università a
poco servono se manca a monte l’impegno per eliminare le diseguaglianze, per
garantire a tutte le persone occasioni di lavoro, di libertà, di dignità.
Prima che un fatto criminale, la mafia è un
problema politico che affonda le radici nel vuoto
dei diritti, nella trasformazione dei diritti in privilegi. Occorre dunque reprimere, dotare la magistratura, le forze di polizia di tutti gli strumenti necessari, ma prima di tutto occorre un impegno per il bene comune, della politica e della società tutta, una società che, più che civile, preferisco chiamare responsabile.
dei diritti, nella trasformazione dei diritti in privilegi. Occorre dunque reprimere, dotare la magistratura, le forze di polizia di tutti gli strumenti necessari, ma prima di tutto occorre un impegno per il bene comune, della politica e della società tutta, una società che, più che civile, preferisco chiamare responsabile.
[..] Oggi non si può parlare di mafia senza
parlare di corruzione. Il nostro Paese è malato di corruzione, la quale è l’avamposto
delle mafie. C’è una vasta zona grigia in cui è ormai difficile stabilire dove
finisce la mafia propriamente detta e dove inizia la mafiosità, la mentalità
che ha inquinato tanti ambiti della vita sociale.
Le mafie stesse oggi sono mafie «imprenditrici»,
capaci di muoversi nei mercati finanziari, di reclutare competenze e
professionalità, d’investire e di ampliare i loro fatturati. E di fare da «banche»
per tanti piccoli e medi imprenditori in difficoltà.
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