da: https://www.linkiesta.it/it/
- di Hamilton Santià
Se
non trova 200 mila euro in sette giorni Morgan verrà sbattuto fuori di casa.
L'ex giudice di X Factor e The Voice è stato lasciato completamente da solo.
Gli anni Novanta sono finiti una volta per tutti: ognuno si salva (se riesce)
da solo
C’è stato un periodo in cui Marco Castaldi
in arte Morgan si sarebbe potuto permettere pressoché qualsiasi cosa e
l’avrebbe fatta franca. Erano gli anni Novanta e per una sorta di congiunzione
astrale probabilmente irripetibile, la scena alternativa italiana stava
iniziando a contare qualcosa. Attenzione: non cedendo anima e corpo ai dettami
del mainstream come sta capitando adesso — con il successo di artisti che fanno
sostanzialmente pop decisamente commerciale e facile-da-ascoltare e lo
spacciano per rivincita degli indie semplicemente perché, a differenza di
altri, hanno suonato qualche mese nei locali di provincia davanti a venti
persone spacciandola per gavetta — ma con una proposta autenticamente diversa e
capace di passare su network commerciali come Mtv e far presa sugli ascoltatori
giovani dando loro l’idea che qualcosa stava succedendo. Se Manuel Agnelli è
diventato Manuel Agnelli, lo deve anche al fatto che dischi degli Afterhours
come Hai Paura del Buio? e Non è per sempre vendevano decine di migliaia di
copie. Ad un certo punto i discorsi attorno all’esponenziale percorso di
crescita dei Subsonica vertevano sul fatto o meno di provare l’attacco agli
stadi dopo aver riempito palazzetti in tutto il paese. E poi i Marlene Kuntz, i
Verdena che piazzavano in classifica un pezzo come Valvonauta, gli Üstmamò, gli
Scisma, oltre ovviamente ai capofila C.S.I. che con dischi come Linea Gotica e Tabula
Rasa Elettrificata riuscivano ad arrivare un po’ ovunque. Una vera e autentica
“golden age” fatta di tanto lavoro, tanto sudore, tanti concerti e tanta,
tantissima musica. Ma anche un senso di comunità, l’idea di far parte di un
circuito più ampio, la sensazione di stare in qualche modo tutti dalla stessa
parte a cercare di cambiare le cose.
Tra di loro c’erano ovviamente i
Bluvertigo. Che in tv ci passavano forse più di tutti gli altri. Che dei
singoli erano riusciti a piazzarli pure nelle pubblicità. Che facevano arrivare
ai più giovani il glam, il synth-pop, l’elettronica inglese e la canzone
d’autore italiana più ricercata. Ascoltare oggi Metallo non Metallo (1997) è
ancora un’esperienza spiazzante e appagante. Pop ambizioso, alternativo, che
non si compiaceva nella sua dimensione residuale ma, anzi, tentava di attaccare
la diligenza grossa del mainstream imponendo i propri codici e i propri
stilemi. Il leader di quella band, Morgan, si era ritagliato il posto da
personaggio sopra le righe e geniale, un artista a tutto tondo, che faceva
della sua vita un’opera d’arte e che, mannaggia!, sapeva scrivere grandissime
canzoni (la cui summa si trova nel bellissimo disco solista Canzoni
dell’appartamento del 2003). E poi il capolavoro artistico definitivo: il
matrimonio con Asia Argento. I due dannati per eccellenza della scena culturale
italiana finalmente insieme. Era perfetto. Finirà molto male. Malissimo.
Tribunali. Mancati alimenti (non solo da parte di Asia, ma anche per l’altra ex
moglie, Jessica Mazzoli, per i tre figli). Cronica mancanza di soldi dovuti a cattivi
investimenti e cattivi consigli.
Oggi che Morgan dichiara a mezzo stampa di
avere solo sette giorni per recuperare 200 mila euro per non farsi sbattere
fuori da una casa già pignorata scoperchia un vaso di Pandora in cui il
problema dei soldi e la tragica fine di un personaggio che è passato
letteralmente da potersi permettere praticamente tutto a non poter fare più
niente sono solo una parte del problema. Il quadro più ampio della tragedia
personale di Morgan ci parla della sconfitta di un’idea. Quell’idea alternativa
di potenza e possibilità che si riduce a piatire apparizioni televisive,
aderire completamente ai canoni del peggior mainstream possibile, quello del
reality, che ha trasformato il geniale entertainer che negli anni Novanta
faceva conoscere Battiato e i Depeche Mode alla generazione che aveva appena
cambiato canale dopo Holly & Benji in un saltimbanco da palcoscenico buono
solo a riempire la “quota freak” accettabile da un dispositivo reazionario,
appiattente e che assorbe a sé tutto. E ci parla anche dello sfaldamento di
quella comunità: nessuno dei suoi ex colleghi e amici ha espresso solidarietà
in pubblico (uno si aspetta qualcuno dei nomi storici dell’indie italiano, si
ritrova la sola Simona Ventura). È possibile che qualcuno lo abbia fatto in
privato, ma nessuno si è preso la briga di mettersi accanto al fool di corte
ormai diseredato, on the hill, mandato via dopo aver accarezzato il potere, da
cui è stato rigettato e che lui stesso non ha fatto niente per controllare o
attutire.
Chiunque si sia fatto le ossa suonando qui
e là in giro per i più sperduti buchi del paese, sa benissimo che non esiste
conforto maggiore del sapere che si fa comunque parte di qualcosa di più ampio
e che c’è questa idea che spinge a fare qualsiasi cosa a prescindere dalla
inevitabile perdita economica e la mancanza di senso del gioco più rischioso e
snervante del mondo (premessa: per tutto questo non bisogna essere nostalgici,
ma considerare la musica una cosa seria, quindi si tratta di un argomento
letteralmente svanito dal dibattito pubblico, spiace). Vedere le foto del flash
mob organizzato da Morgan e popolato da quattro gatti spiega più di molti
retroscena scandalistici e articoli sulla pazzia, la follia, la droga e gli
eccessi personali di questo o quel personaggio che avrebbe o non avrebbe
rovinato tutto. Non esiste più la generazione, ognuno ora si salva da solo. E
non c’è redenzione possibile per chi è stato costretto da un gioco più grande
di lui a diventare la caricatura di se stesso, prestarsi a qualsiasi cosa per
sopravvivere e al tempo stesso morire lentamente ogni giorno un po' di più. Per
dirla con le parole di un altro che ha provato l’ebbrezza di quel successo
dentro il contenitore del reality: non c’è torto o ragione / è il naturale
processo di eliminazione.
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