Negli
stessi minuti in cui il decreto veniva approvato in Senato, il presidente
dell’Anac Raffaele Cantone, nella relazione annuale dell’Anticorruzione, ha
sottolineato come il provvedimento rischia di far aumentare gli episodi di
corruzione negli appalti
Il decreto
“sblocca cantieri” di Lega e Cinque Stelle «aumenta certamente il rischio di
scelte arbitrarie, se non di fatti
corruttivi». Proprio negli stessi minuti in cui il provvedimento veniva
approvato in Senato, il presidente
dell’Anac Raffaele Cantone, nella relazione annuale dell’Anticorruzione
presentata alla Camera, bocciava di
fatto il decreto del governo, evidenziandone gli «aspetti pericolosi» per appalti e subappalti. «Alcune opzioni
paiono troppo attente all’idea del “fare”
piuttosto che a quella del “far bene”», dice Cantone. Ma «il giudizio
complessivo sull’impianto resta sospeso», in attesa che si completi l’iter legislativo
della conversione e soprattutto dell’approvazione della legge delega. Ma un
suggerimento Cantone vuole darlo: «Il settore degli appalti ha assoluto bisogno
di stabilità e certezza delle regole, e non di continui cambiamenti che
finiscono per disorientare gli operatori economici e i funzionari
amministrativi».
In prima fila il ministro della Giustizia Alfonso
Bonafede, quello della Pubblica amministrazione Giulia Bongiorno e il
sottosegretario della Lega Giancarlo Giorgetti incassano il colpo. «È un’opinione
autorevole, terremo in considerazione quello che è stato detto oggi, ma
confermo che non ci saranno passi indietro sulla legalità», commenta uscendo
Bonafede.
Nella relazione, Cantone mette in fila i
risultati dell’Agenzia, spesso attaccata da ogni parte
con l’accusa di
rallentare l’attività degli amministratori, e prende le difese del codice degli
appalti. «Adottato con grandi auspici e senza nemmeno particolari contrarietà,
da un giorno all’altro è diventato figlio di nessuno e soprattutto si è trasformato
nella causa di gran parte dei problemi del settore e non solo», dice.
Sottolineando come in realtà sia stato attuato solo in parte, lasciando sulla
carta «i suoi aspetti più qualificanti», ovvero la riduzione delle stazioni
appaltanti, i commissari di gara estratti a sorte e il rating d’impresa.
Ma la “toppa” che il governo intende
mettere con lo “sblocca cantieri” non lo convince affatto. «Sicuramente incide
anche sui poteri dell’Anac, prevedendo il ritorno
al regolamento attuativo», in
sostituzione alle linee guida dell’Autorità, spiega. Per poi passare in
rassegna le criticità del provvedimento. Seppure ridimensionata rispetto ai
200mila euro del testo originario, «la previsione di una soglia abbastanza alta (150mila
euro) entro la quale adottare una procedura molto semplificata (richiesta
di soli tre preventivi) aumenta
certamente il rischio di scelte arbitrarie, se non di fatti corruttivi».
Alcune opzioni, poi, dal ritorno
dell’appalto integrato all’aumento della soglia dei subappalti al 40% fino
alle «amplissime deroghe al codice concesse ai commissari straordinari»,
sembrano «troppo attente all’idea del “fare” piuttosto che a quella del “far
bene”». Senza dimenticare che la sospensione dell’albo dei commissari di gara
per un biennio, «proprio quando questa novità stava per partire, rischia di
incidere su un momento topico della procedura, facendo venir meno un presidio
di trasparenza, oltre che rendere inutile il cospicuo investimento economico
(500mila euro circa) che l’Autorità ha sostenuto per applicare la
disposizione».
Nessuna valutazione positiva, dunque. Ma giudizio “sospeso” sullo “sblocca
cantieri”, che ora passerà alla Camera. Eppure, commenta Cantone, «il raddoppio delle imprese raggiunte da
interdittiva antimafia (+56% tra 2015 e 2018, ndr) è preoccupante, è un
segnale di quanto le organizzazioni criminali stiano infiltrando l’economia
legale. Bisogna capire che è il momento
di tenere alta la guardia». Così come «credo sia arrivato il momento di varare una legge sul conflitto di interessi
per gestire quelle situazioni che non si possono risolvere con le leggi
attuali», dice il presidente dell’Anac. Legge annunciata più volte, anche dal
governo Conte, e mai portata a termine.
Allo stato attuale, si legge nella
relazione, «le armi per sterilizzare i conflitti di interesse sono decisamente
spuntate; in tante occasioni sono state segnalate possibili (e gravi)
situazioni di conflitti di interesse anche strutturale e l’Autorità si è dovuta
limitare a rilevarne l’esistenza e a evidenziarla all’amministrazione», con una
semplice richiesta di rimuovere il conflitto. A cui non sempre viene fatto
seguito. «Il contratto di governo resta la nostra bussola, la legge sul
conflitto di interessi c’è e saremo i primi che la scriveranno», assicura il
ministro Bonafede. L’ipotesi era stata rilanciata anche da Di Maio nello
scontro elettorale europeo con Salvini, ma con i nuovi equilibri di governo
sarà più dura per i Cinque Stelle portare a casa il bottino.
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