da: La Stampa - di
Mattia Feltri
L’ormai leggendario Porcellum, la legge
elettorale studiata da Roberto Calderoli e approvata a fine 2005, era una buona
legge elettorale. Era maggioritaria, aveva un premio di governabilità per chi
avesse superato il quaranta per cento e prevedeva le preferenze, cioè gli
eletti erano scelti dagli elettori e non dai partiti. Ma sentite qui che le è
capitato.
Da maggioritaria divenne proporzionale
perché Pier Ferdinando Casini, allora capo dell’ Udc, contava di raccattare più
parlamentari. La soglia per il premio di governabilità venne tolta da Silvio
Berlusconi perché voleva prendersi il premio comunque (e la pretesa si è
rivelata incostituzionale).
Le preferenze vennero eliminate da
Gianfranco Fini perché aveva molti voti al sud, e non intendeva tirarsi dentro
personaggi troppo sulfurei e con troppe preferenze. E cioè ognuno degli alleati
della Casa delle Libertà si risistemò la legge a proprio piccolo vantaggio. E
ne uscì l’ obbrobrio che il politologo
Giovanni Sartori ribattezzò col nome con
cui è poi passato alle cronache, e forse anche alla storia. Non fu un grande
affare, comunque.
Nonostante i magheggi, le elezioni del 2006
le vinse il centrosinistra e il premio di governabilità se lo prese Romano
Prodi, altro che Berlusconi. Quanto a Casini e all’ Udc, e a Fini e An,
sappiamo che fine hanno fatto, Porcellum dopo Porcellum, a dimostrazione che
adattarsi le leggi elettorali con piglio sartoriale è un esercizio
autolesionistico: non calzano mai.
Ora si approverà la nuova legge elettorale, il Rosatellum, architettato secondo le
convenienze e le aspettative dei contraenti, ma soprattutto secondo la
visione sclerotica della nostra combriccola politica. La legge votata soltanto
due anni fa, l’ Italicum, e poi smantellata dalla Corte costituzionale, aveva
l’ obiettivo di condurre un solo partito al governo, e di far fuori coalizioni
e cespugli, cioè i partitini che con quattro voti si prendono ministeri e
diritto di veto.
Il Rosatellum va esattamente dall’ altra
parte: sì alle coalizioni, sì ai
partitini, soprattutto sì alla prospettiva di rimettere in piedi governi di
alto meticciato. Questo è davvero un capolavoro, funziona così: si fa una coalizione, se si supera la
soglia del dieci per cento tutti i partiti della coalizione entrano in
Parlamento, e poi ognuno per la sua strada, se è il caso.
Cioè, se Berlusconi riterrà di allearsi con
Salvini e Meloni e altri gruppuscoli buoni a fare legna, nulla gli vieta, il
giorno dopo il voto, di salutare gli amici e mettere su governo con Matteo
Renzi. Come è possibile che nel tempo della medesima legislatura, e con la
medesima maggioranza, si siano progettate due leggi così clamorosamente
opposte? Quale filosofia politica guida il Parlamento, oltre alla temperatura
del giorno?
Il grillino Danilo Toninelli, al di là del
linguaggio da assemblea ginnasiale (ha chiamato la legge Merdellum, termine più
che altro appropriato alla produzione intellettuale del momento), ha qualche
solida ragione. Un sistema del genere
ha la conseguenza, programmatica o meno, di fregare il Movimento cinque stelle che non intende fare coalizione, ed è noto da secoli, e che finirà
col prendere più voti che seggi, mentre gli altri prenderanno più seggi che
voti.
Una legge progettata su presupposti tanto
modesti non potrà che seguire il destino del Porcellum, la cui pochezza fu
evidente il giorno dopo la nascita. E toccò mettersi lì a ragionare su come
riaggiustarla, senza gran successo, visto che è servita a tre legislature.
È difficile immaginare che una legge
imbastita per gli amici, e contro i nemici, e secondo le urgenze di oggi, torni
utile alle urgenze di domani, forse perché una buona legge ignora le urgenze
quotidiane ma funziona indipendentemente da qualsiasi urgenza. Dura quanto una
Costituzione, e che tiri vento o splenda il sole. Quella del Regno Unito fra quindici anni compirà i due secoli di vita.
Quella degli Stati Uniti è in vigore dal
1842, quella della Germania dal 1956,
quella della Francia dal 1958. L’ Italia dall’ Unità (1861) ne ha cambiate
più di dieci. Il proporzionale in corso nella Prima repubblica è stata la
più longeva, e se n’ è andata a quarantasette anni. Nella seconda Repubblica,
Italicum compreso, una volta approvato il Rosatellum saremo a quota quattro.
Per mettersi lì a tracciare la quinta è questione di mesi, e di nuovi capricci.
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