da: Il Fatto Quotidiano
Banche,
come capire se i risparmi sono davvero al sicuro. Con un’avvertenza: il rischio
zero non esiste mai
La
solidità patrimoniale dell'istituto è un indice importante, ma i ratio che la
esprimono riflettono il passato e possono essere manipolati. Altro fattore
rilevante è il grado di copertura delle sofferenze. Sullo sfondo c'è il
bail-in, che spaventa i risparmiatori. Chi ha meno di 100mila euro sul conto e
non ha azioni o obbligazioni della banca ha però poco da temere
di Paolo
Fior
I miei soldi sono al sicuro? E’ questa la
domanda che dal 22 novembre – giorno in cui è stato emanato il cosiddetto
decreto salva banche –
tormenta gli italiani. Domanda che, lungi dall’aver trovato risposte
convincenti, si fa sempre più pressante anche a causa dell’ondata di vendite che si è abbattuta in Borsa sui titoli bancari per via dell’elevato livello di crediti
deteriorati che si ritrovano in portafoglio e del timore che presto molti
istituti saranno costretti a effettuare nuovi aumenti di capitale e altre
banche potrebbero ritrovarsi in situazioni difficili. Paure infondate? Forse,
ma ad alimentarle sono proprio le continue rassicurazioni sulla solidità del
sistema e la sfiducia diffusa nei confronti dei controllori che in diverse
occasioni non solo non sono intervenuti per tempo, ma hanno anche voltato la
testa dall’altra parte. Lo dimostrano i casi di Veneto Banca e Popolare di Vicenza: il marcio ha iniziato a
venire fuori davvero quando
la vigilanza sui maggiori istituti di credito è
passata da Banca d’Italia alla Bce. Il fatto è che la gran parte delle banche
italiane è sottoposta ancora ai controlli degli ispettori di Via Nazionale e
della Consob per quanto riguarda il collocamento dei prodotti finanziari, con
le conseguenze che abbiamo visto per i clienti di Banca Marche, Popolare
Etruria, CariFerrara e CariChieti.
Il
rischio zero non esiste – Sono passati oltre due mesi dal
decreto salva-banche e il governo, dopo tanto parlare, non ha fatto ancora nulla sui
rimborsi ai risparmiatori truffati. Domenica 31 gennaio le
vittime del salva-banche si sono trovate in Piazza Santi Apostoli a Roma per
protestare e ribadire che non vogliono l’elemosina ma giustizia. In queste
circostanze non c’è da stupirsi che la preoccupazione dei correntisti sia
cresciuta e che siano in molti a temere di perdere i sudati risparmi. Ed ecco
che torniamo alla domanda iniziale: come faccio a capire se i miei soldi sono
al sicuro? La risposta, soprattutto in tempi di bail-in, non è né facile né tranquillizzante per la
semplice ragione che il rischio “zero” non esiste. Per sgomberare il campo da
equivoci, però, occorre anche ricordare che chi ha una liquidità inferiore ai
100mila euro e non possiede azioni o obbligazioni della propria banca, ha ben
poco da temere: in caso di dissesto il suo conto corrente è garantito e i suoi
investimenti non possono essere intaccati.
Occhio
ai ratio patrimoniali: possono essere manipolati -
Il problema si pone invece per quei milioni di correntisti che sono stati indotti nel corso degli anni ad acquistare
obbligazioni bancarie e a sottoscrivere azioni spesso nemmeno quotate in Borsa. La solidità patrimoniale di un istituto è
certamente un indice importante del suo stato di salute e più i ratios
patrimoniali (Cet1 ratio e Total capital ratio si trovano nei bilanci e nelle
relazioni trimestrali e semestrali reperibili sui siti delle banche stesse)
sono elevati, più la banca è solida. Ma i ratios non sono da prendere troppo
alla lettera per almeno due ragioni: la prima è che riflettono non il presente
bensì una situazione passata (ad esempio, il semestre o l’esercizio precedente)
e la seconda è che possono essere manipolati, come dimostra ancora una volta il
caso delle due popolari venete costrette poi dalla Bce a effettuare
svalutazioni miliardarie. La rivista Altroconsumo ha stilato una classifica
delle banche italiane utilizzando come criterio i ratios patrimoniali e ai
primi posti sono comparse assieme alle big (Intesa Sanpaolo, Unicredit, Ubi e
alcune delle loro controllate) una pletora di banche popolari, casse di
risparmio e banche di credito cooperativo. E’ bene ricordare che in molti di
questi casi il rafforzamento patrimoniale della banca è stato effettuato a
scapito dei clienti, come dimostra ad esempio la vicenda della Cassa di risparmio di
Ravenna. La banca del presidente dell’Abi Antonio Patuelli negli anni scorsi e per tutto il 2015 ha
riempito i portafogli della clientela di obbligazioni subordinate.
Più
gli accantonamenti su crediti deteriorati sono bassi, più salgono i rischi -
Un altro fattore molto importante da tenere in considerazione è il livello di
sofferenze e soprattutto il loro grado di copertura: più gli accantonamenti
sono bassi, più sono elevati i rischi sotto il profilo economico-patrimoniale.
Qui la vigilanza svolge un ruolo cruciale non solo per stabilire il grado
ottimale di copertura, ma anche e soprattutto per verificare la corretta
valutazione dei crediti: Vicenza e Montebelluna, ad esempio, avevano
classificato come semplici incagli centinaia di milioni di euro di crediti che
erano in realtà in sofferenza.
Le
aggregazioni possono portare benefici agli azionisti. Per gli obbligazionisti
cambia poco – L’accordo raggiunto con la Commissione europea sulla
questione delle sofferenze bancarie non ha risolto i problemi e vi è una spinta sempre più forte in
direzione di un consolidamento del settore per cercare di
mettere in sicurezza il sistema. La corsa alle aggregazioni contribuirà a
confondere ulteriormente le acque e procrastinare i problemi, ma la tendenza a
una crescita dimensionale delle banche sembra inevitabile perché il sistema è
eccessivamente frazionato, troppo debole e inefficiente. Per alcuni aspetti le
aggregazioni bancarie possono portare qualche beneficio ai risparmiatori
coinvolti, specie se sono azionisti, perché avranno maggiori opportunità di
valorizzare il loro capitale cogliendo anche l’occasione di vendere o magari di
esercitare il diritto di recesso. Per chi possiede obbligazioni, invece,
dovrebbe cambiare poco se sono a lungo termine, mentre se la scadenza è
ravvicinata (tre-quattro anni) dovrebbero aumentare le probabilità di rivedere
il proprio capitale. D’altra parte le banche di maggiori dimensioni non sono
necessariamente più affidabili di quelle medie e piccole, come dimostrano il
caso di MontePaschi in Italia e quello di Lehman Brothers negli Stati Uniti.
Anzi, per certi versi una banca di piccola taglia come molte Bcc locali è molto
più “controllabile” dal correntista, a patto che guardi davvero alla bontà e
alla correttezza della gestione che di questi tempi sono merce sempre più rara.
Titoli
di Stato e buoni postali rendono poco ma sono sicuri -
Per evitare guai l’unica ricetta è quella di seguire con una certa attenzione
l’andamento dei propri risparmi, evitare di acquistare prodotti o titoli di cui
non si capiscono rischi e funzionamento e diversificare evitando di mettere
tutte le uova nello stesso paniere. Titoli di Stato e risparmio postale rendono
poco, ma quel poco è spesso superiore a quanto offrono i ben più rischiosi
prodotti bancari.
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