da: http://formiche.net/
Mentre il ddl Cirinnà torna oggi in aula al
Senato, si apre nuovamente il dibattito dentro e fuori il Parlamento sulle
implicazioni etiche e antropologiche che sono chiamate in causa da questa
legge. Innanzitutto, come ben si sa, la grande questione delle adozioni, di cui il sottoscritto ha già parlato ampiamente.
Se non c’è nessun problema ormai a trasferire a coppie non eterosessuali la
dignità legale del matrimonio, con annessi diritti e doveri reciproci, resta
aperta, e lo resterà sempre, la discussione sulle adozioni.
La cosa più sensata sarebbe stata, data la
delicatezza dell’argomento, operare uno stralcio della Stepchild adoption,
rimandando la disputa politica a un’altra legge e a quello che è il vero nodo
qui sollevato, vale a dire i diritti originari di ogni persona nella propria
identità, i quali evidentemente chiamano in causa per primi i bambini. Una cosa
è rivendicare l’uguaglianza degli adulti omosessuali rispetto agli etero, altra
cosa è farlo senza mettere sul tappeto la risposta alla domanda intorno ai
diritti nativi di ogni essere umano.
Solo con la risposta a quest’ultima,
infatti, può emergere una decisione responsabile sulle adozioni.
Dire, ad esempio, come si è letto in alcuni
giornali, che il tema delle adozioni sia
connesso a quello dell’utero in
affitto è un dato di fatto, il quale tuttavia tradisce una concezione della
maternità, della genitorialità, totalmente incentrata sull’egoismo della
libertà soggettiva degli adulti, uomini o donne che siano, a poter avere dei
figli.
Siccome però i figli non sono né beni
immobili, né mezzi ludici di soddisfazione sentimentale ed economica di altre
persone, eccoci nuovamente posti innanzi alla solita e pedissequa questione:
quali sono quei diritti all’identità personale che non possono mai essere scavalcati
o schiacciati dalla libertà e dagli interessi economici degli altri?
Proviamo a ragionare. Una persona umana non
nasce dal nulla e da sola. Ogni persona umana, dal momento in cui avviene il
concepimento, ha una soggettività genetica frutto della sintesi tra un gamete
maschile e uno femminile. Ciò significa che ogni persona umana ha nella propria
intrinseca identità individuale la traccia biologica di una madre e di un
padre. Siccome la genetica insegna che dall’assemblaggio di quei geni emerge il
carattere, i tratti somatici, l’essere stesso di ognuno, è logico che non sia
separabile in alcun modo questa struttura originaria dal diritto naturale di
una persona.
Se quindi ciò è vero, ed è vero, è chiaro
che i genitori biologici hanno una responsabilità causale sulla vita di una
nuova persona, fino a quando essa non è in grado di badare a se stessa. Se per
ragioni di vari tipo, vengono a mancare i genitori naturali, o viene a mancare
la potestà legale, ecco che la società ricorre a due genitori adottivi, i
quali, oltre alle credenziali di essere persone affidabili e per bene, devono
avere la differenza sessuale come requisito necessario. Un figlio adottato vive
un trauma. E’ meglio che la ferita sia almeno lenita da una coppia che ha
elementi maschili e femminili, implicati nei geni di una persona, piuttosto che
creare una mutilazione di uno dei due generi, o maschile o femminile. La
società, in tal senso, prende atto dell’essere dell’uomo e non si basa sulla
cultura o sulla religione e meno ancora sulla volontà individuale.
Bene. Sulla legittimità delle adozioni gay,
emergono qui tutti i ragionevoli dubbi e la sostanziale inaccettabilità di
calpestare socialmente un requisito che sta all’origine stessa della
soggettività identitaria di ogni persona: avere attorno a sé un padre e una
madre, possibilmente biologici o, malauguratamente, adottivi.
Se il discorso poi si sposta sull’utero in
affitto, entriamo addirittura in un caos completo, una specie di delirio etico.
Una donna che dona l’utero lascia una traccia genetica su un bambino che la
rende madre, insieme alla madre biologica. Di fatto ci veniamo a trovare
davanti ad un’ibridazione dell’identità personale che genera una disuguaglianza
sostanziale di tipo ontologico tra persone nate naturalmente e persone nate da
pratiche di surrogazione genitoriale.
E’ ovvio che qui a fare pressione ci sono
tanti interessi economici e tanti interessi egoistici; ma muoversi senza alcun
rispetto della dignità umana del nascituro è ignobile: un nascituro che,
essendo una persona come le altre, impone di per sé agli altri il dovere di
rispettare in modo assoluto la sua identità umana, in questo caso alterata e
sfregiata legalmente fin dall’inizio.
Io sinceramente non riesco a capire chi sta
spingendo l’Italia e l’Europa in questo delirio post umano. E non riesco a
capire come non si veda in tutto ciò l’apertura a una manipolazione radicale
del genere umano che s’iscrive all’interno di una delle più bestiali e lucide
applicazioni collettive delle linee culturali naziste di selezione della specie
e di penalizzazione per scopi propri della dignità dell’altro, nello specifico
di un bambino che è adottato in un ambiente educativo contrapposto alla legge
biologia e naturale, o peggio ancora, nel caso dell’utero in affitto, che è
fatto venire al mondo in palese violazione dello status stesso di nascituro che
è proprio di ogni essere umano.
Penso che il mondo intellettuale nel suo
insieme dovrebbe ribellarsi a questo tradimento del diritto
greco-latino-europeo-occidentale costituito attorno all’idea etica del supremo
valore non manipolabile di ogni persona umana, progressivamente raggiunto dopo
tante battaglie, non da ultimo l’abolizione della schiavitù, e presente finora
nella giurisprudenza dei nostri Stati.
Il bassissimo livello di discussione
pubblica italiana, la superficialità dei politici, non possono pretendere
alcuna indulgenza intellettuale nell’affrontare questa materia tanto importante
e delicata in un modo tanto noncurante degli effetti deleteri che si
produrranno.
La maternità surrogata è una manifesta
violazione dei diritti umani di uguaglianza nativa del genere umano, e
l’adozione omosessuale, laddove vi sia la dichiarazione pubblica di sessualità
con il matrimonio gay degli adottanti, un ovvio sopruso della dignità originaria
di alcuni bambini da parte della libertà egoista di altri adulti.
Dire poi che bastano i buoni sentimenti a
dare diritto ad adottare o a chiedere l’utero in affitto, ossia per essere
genitori idonei, somiglia all’argomento con cui gli schiavisti del Sud in
America o i bianchi durante l’Apartheid in Sudafrica dicevano: ma noi li
trattiamo bene, gli vogliamo bene. E’ difficile non definirlo una vergogna.
Nessun commento:
Posta un commento