da: Il Fatto Quotidiano
Flessibilità,
tutte le rivendicazioni e le contraddizioni di Renzi per strappare un sì alla
Ue. Lo scontro frase per frase
Cronistoria
di cinque mesi di tira e molla. Oggetto del contendere, il permesso di
aumentare il deficit di un punto di Pil, pari a 16 miliardi. Per ottenerlo, il
premier ha cambiato molte volte le carte in tavola. Prima la "clausola
migranti", poi il "pacchetto sicurezza-cultura", infine i
"costi della crisi libica". Passando per la querelle sulla Turchia. E
ora si apre la trattativa sul 2017 quando il governo, se non si arriva a un
compromesso, dovrà trovare 25 miliardi oltre alle coperture per tagliare Ires e
Irpef
di Chiara
Brusini
Ormai non passa giorno senza un botta e risposta tra Roma e Bruxelles con al centro la
famigerata flessibilità. L’ultima giravolta è la richiesta di escludere dal calcolo del deficit i costi
sostenuti dall’Italia per la crisi libica: la solita
“clausola migranti”, ma definita in modo diverso per evocare un parallelo
con i fondi concessi alla Turchia per gestire l’arrivo dei siriani. Il
vero pomo della discordia è ben noto, ma è facile perderlo di vista tra le
polemiche sulle “perversioni burocratiche” europee, i richiami a ipotetici
“patti di umanità” contrapposti a quello di stabilità e le risposte piccate
della Commissione Ue “offesa” dall’Italia.
Per questo ilfattoquotidiano.it ha ricostruito la cronistoria della battaglia che contrappone Matteo Renzi all’esecutivo comunitario guidato da Jean Claude Juncker. Quasi cinque mesi di tira e molla da cui emergono anche i dietrofront e le contraddizioni del premier: basti dire che venerdì scorso a Berlino ha battuto i pugni sul tavolo chiedendo alla Ue di chiarire come verrà contabilizzato il contributo al fondo per Ankara, ma il 29 dicembre aveva rivelato che la risposta era già arrivata, come puntualizzato a stretto giro dal portavoce della Commissione.
Per questo ilfattoquotidiano.it ha ricostruito la cronistoria della battaglia che contrappone Matteo Renzi all’esecutivo comunitario guidato da Jean Claude Juncker. Quasi cinque mesi di tira e molla da cui emergono anche i dietrofront e le contraddizioni del premier: basti dire che venerdì scorso a Berlino ha battuto i pugni sul tavolo chiedendo alla Ue di chiarire come verrà contabilizzato il contributo al fondo per Ankara, ma il 29 dicembre aveva rivelato che la risposta era già arrivata, come puntualizzato a stretto giro dal portavoce della Commissione.
Il
conto della flessibilità - Prima di elencare testualmente
tutte le prese di posizione del premier e della Ue è indispensabile fare
il punto su qual è la posta in gioco. Il governo attende per il mese di
maggio il verdetto dell’esecutivo comunitario sulla legge di Stabilità. In particolare ha
bisogno che Bruxelles dia il via libera a un aumento del deficit dall’1,4% del
Pil (il valore inizialmente concordato per il 2016) fino al 2,4%: una
differenza che vale circa 16 miliardi, con cui il governo ha finanziato più di
metà delle uscite della manovra per il 2016. In più, per Palazzo Chigi è
indispensabile poter ottenere uno “sconto” anche per il 2017: in caso contrario
quando verrà varata la prossima manovra occorrerà trovare 25 miliardi solo
per disinnescare le solite clausole di salvaguardia (aumento dell’Iva
e delle accise sulla benzina) e tagliare il deficit.
Per giustificare lo scostamento, il governo
ha chiesto di poter sfruttare tre diverse clausole di flessibilità. Le
prime due sono espressamente previste dalle linee guida varate a
gennaio 2015 alla fine del semestre italiano di presidenza Ue: si tratta
di quella che permette di tener fuori dal deficit i contributi al fondo
istituito dal piano Juncker per promuovere gli investimenti e di
quella riconosciuta agli Stati che fanno riforme strutturali (vedi il
Jobs Act e la riforma della pubblica amministrazione). La prima vale lo 0,3%
del prodotto interno, la seconda lo 0,5%, di cui lo 0,4 già accordato e uno 0,1
aggiuntivo ancora sub iudice. In aggiunta, Palazzo Chigi e il Tesoro
rivendicano uno 0,2% aggiuntivo, pari a circa 3,3 miliardi, per far fronte
all’emergenza migranti. Per la quale però l’Italia, come
ricostruito a suo tempo da ilfattoquotidiano.it, di miliardi ne spende solo 1,1.
Subodorando l’orientamento negativo su questo punto, lo scorso novembre Renzi ha aggiunto in corsa al treno delle richieste un
nuovo vagone: il pacchetto cultura-sicurezza che comprende tra l’altro il bonus
di 500 euro per i neodiciottenni. Il 3 febbraio il
premier ha poi tirato fuori dal cappello un coniglio solo apparentemente
diverso: i costi sostenuti “per la crisi in Libia”. Cioè sempre i soldi spesi
per l’emergenza migranti, ma legati idealmente a uno scenario di guerra per far
passare l’idea che devono essere valutati con gli stessi criteri applicati
all’esodo siriano attraverso la Turchia. Secondo Repubblica e il Messaggero,
però, i colpi di scena non sono finiti: il premier sarebbe disposto a
rinunciare ai 3,3 miliardi “per i migranti” in cambio del rinnovo delle
clausole per gli investimenti e le riforme anche nel 2017, anno pre-elettorale.
Perché in caso contrario sarebbe molto difficile rispettare la promessa di
tagliare l’Ires e l’Irpef.
La
cronistoria
18
settembre 2015 - L’Italia chiederà flessibilità per
lo “0,2 di Pil” come margine “legato al fatto che la Ue nel suo complesso
sta affrontando una emergenza di dimensione assai grande, quella dei
migranti”, annuncia il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan presentando
il Documento di economia e finanza.
24
settembre 2015 – Renzi lasciando il Consiglio
europeo straordinario di Bruxelles sostiene che le spese per l’emergenza dell’immigrazione
fanno parte degli “eventi eccezionali” per cui si deve applicare la
flessibilità: “Ci sono tre tipi di clausole sulla flessibilità, due
vengono dalla comunicazione della Commissione (…) La terza viene
dalla clausola del ’97 e riguarda gli eventi eccezionali. Questo è un evento
per il quale abbiamo fatto tre consigli di cui due straordinari: più
evento eccezionale di questo…”.
5
ottobre 2015 – Il commissario agli affari
economici Pierre Moscovici chiarisce che la Commissione sta ancora valutando
se l’emergenza migranti possa essere considerata “dal punto di vista
giuridico” una “circostanza eccezionale” che possa dare diritto a una
maggiore flessibilità.
16
ottobre 2015 – Nel 2015 i costi stimati
per fronteggiare l’emergenza migranti “sono di 3,3 miliardi di euro, di
cui 3 miliardi di spesa corrente”, scrive il Tesoro nel documento inviato alla
Ue dopo il varo della Stabilità per chiedere flessibilità aggiuntiva
sul deficit. Le spese, si legge nel documento, nel 2014 sono raddoppiate
rispetto al periodo 2011-2013 e nel 2015 sono triplicate. Un’inchiesta del fattoquotidiano.it, che interpella i
ministeri competenti, rivela però che le uscite effettive si fermano a 1,1
miliardi.
27
ottobre 2015 – La Commissione
europea “applicherà la flessibilità” alle spese per i rifugiati perché
“siamo di fronte ad una situazione di eccezionalità”. Ma la decisione, spiega
Juncker, sarà presa “Paese per Paese” e a patto che si tratti di “sforzi
straordinari”. La flessibilità “non potrà essere applicata” ai Paesi che
“non riescono a dimostrare costi enormi” per la crisi dei migranti.
16
novembre 2015 - A tre giorni dagli attentati di
Parigi il governo francese annuncia maggiori spese per le misure di
sicurezza contro il terrorismo: “Il patto di sicurezza è più importante
del patto di stabilità” di bilancio, rivendica il presidente Francois Hollande parlando al
Parlamento in seduta comune a Versailles.
17
novembre 2015 – La Commissione europea dà un via libera
con riserve alla legge di Stabilità italiana, definendola “a rischio
di non conformità” col Patto di stabilità e rinviando a primavera l’esame
definitivo sulla flessibilità richiesta. Per quanto riguarda la
clausola migranti, chiesta anche da Austria, Belgio e Germania, la
Commissione spiega che farà la sua valutazione finale “quando
esaminerà ‘ex post’, la deviazione temporanea dagli obblighi per il 2015 e
2016″.
18
novembre 2015 – “La Francia deve
affrontare gravi atti di terrorismo e deve affrontare spese
supplementari che non devono avere lo stesso trattamento delle altre
spese” e il principio “vale anche per gli altri paesi”. Lo dice
Juncker, annunciando di fatto la flessibilità per le spese legate alla
lotta al terrorismo.
24
novembre 2015 - Renzi annuncia il pacchetto
sicurezza-cultura: un miliardo di investimenti per le forze dell’ordine (a cui
viene esteso solo per il 2016 il bonus di 80 euro) e i loro
equipaggiamenti, le periferie e la cybersecurity, altrettanto per
“promuovere l’identità culturale” dell’Italia (borse di studio, bonus ai
neodiciottenni da spendere per teatri, musei, mostre e acquisto di libri,
contributo agli studenti dei conservatori per l’acquisto di uno strumento
nuovo). Il premier spiega che la copertura è legata al riconoscimento
della clausola migranti da parte di Bruxelles e andrà a scapito dell’anticipo
al 2016 del taglio dell’Ires per le aziende.
27
novembre 2015 – Jeroen Dijsselbloem, presidente
dell’Eurogruppo, in un’intervista al Sole 24 Ore attacca: “Flessibilità
per investimenti, flessibilità per i rifugiati, flessibilità per le
riforme, che si aggiungono l’una all’altra: credo che l’Italia sia l’unico
paese che sta chiedendo tutte le forme possibili di flessibilità”, e
che “dovrebbe essere usata come una eccezione, non come una
regola. Per ragioni di credibilità“.
18
dicembre 2015 – A Bruxelles, durante il Consiglio
europeo, Renzi attacca Angela Merkel che si oppone alla nascita
del Fondo unico di garanzia sui depositi bancari. Nessuna dichiarazione
ufficiale, ma secondo indiscrezioni il premier rinfaccia alla cancelliera
l’acquisto degli aeroporti greci da parte di aziende tedesche: “Non potete
raccontarci che state donando il sangue all’Europa, cara Angela”.
29
dicembre 2015 - Che Bruxelles accolga le
richieste italiane sulla flessibilità sulla legge di Stabilità “lo
darei per scontato“, perché l’Italia non solo “non chiede sconti”,
ma ha rispettato “tutte le regole” e “chiede che le regole Ue
siano rispettate da tutti”, rivendica Renzi. “Il governo italiano non
si è preso tutta la flessibilità cui avrebbe diritto” e dà “per scontato”
il via libera allo 0,2% chiesto dall’Italia per l’emergenza immigrazione
visto che la flessibilità è stata concessa anche per gli aiuti destinati
alla Turchia.
7
gennaio 2016 – “L’Italia ha chiesto
varie flessibilità, per le riforme strutturali, per gli
investimenti, per i migranti. Dipende dalla Commissione Ue. L’unica cosa
che posso dire è: non spingiamo. La flessibilità è un margine, si può
usare una volta sola. Non si può esagerare”. Così il presidente
dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem.
15
gennaio 2016 – “Ritengo che il primo ministro
italiano abbia torto a vilipendere la Commissione a ogni occasione,
non vedo perché lo faccia”, perché “noi abbiamo introdotto flessibilità contro
la volontà di alcuni Stati membri che molti dicono dominare l’Europa”,
attacca Juncker. “Sono stato molto sorpreso che alla fine del
semestre di presidenza italiana Renzi abbia detto davanti al Parlamento
che è stato lui ad aver introdotto la flessibilità, perché sono stato io,
io sono stato”. “Non ci facciamo intimidire. L’Italia merita
rispetto”, è la replica di Renzi. “La flessibilità l’ha introdotta Bruxelles
dopo che in modo molto molto molto insistito l’Italia l’ha chiesta.
Flessibilità vuol dire buonsenso, avere una politica economica che pensa
più all’occupazione e meno all’austerity e alle regole ferree del budget”.
18
gennaio 2016 – Bruxelles “non ha un interlocutore” a Roma, fanno
sapere “fonti dell’Unione Europea” dietro le quali, si saprà nei giorni
successivi, c’è il capo di gabinetto del presidente della Commissione
Ue Martin Selmayr. Risponde il ministro degli Esteri Paolo
Gentiloni: “Abbiamo un continuo dialogo con le istituzioni, abbiamo un ministro
degli Esteri, degli Interni, dell’Economia, l’Italia ha un governo nel pieno
dei suoi poteri”.
21
gennaio 2016 – Renzi dà un’intervista a Il Sole 24 Ore in
cui afferma che non c’è il rischio di richieste di correzione dei conti
in primavera: “Stiamo parlando di qualche decimale di differenza”.
Juncker? Ha “sbagliato linguaggio nel metodo e sostanza nel merito”, ma si
tratta solo di “un infortunio verbale. Non sono permaloso.
Se Juncker sbaglia una conferenza stampa, pace. Se Juncker
sbaglia politiche, allora sì che mi preoccupo”. Lo stesso giorno il
capogruppo Ppe Manfred Weber parla a Repubblica e sottolinea che
l’atteggiamento di Renzi “mina la credibilità e l’affidabilità
dell’Unione”. “Al Consiglio europeo di dicembre Renzi c’era e ha
approvato la decisione di dare 3 miliardi alla Turchia”, ricorda. L’Italia
“dovrebbe avere maggiore consapevolezza di sé, criticare l’Europa per farsi
ascoltare non è necessario, è più efficace essere costruttivi, affidabili
e credibili”.
29
gennaio 2016 – Renzi a Berlino incontra la cancelliera
Merkel e mitiga i toni. Si limita a chiedere alla Commissione “risposte” alla
richiesta dell’Italia di poter lasciare la sua quota di finanziamento alla
Turchia fuori dal patto di stabilità. Risposte che però, chiarirà tre giorni
dopo la Ue, erano state date già a dicembre. Come Renzi il 29 dicembre mostrava
di sapere bene. Poi il premier cerca di cambiare le carte in tavola:
se “le spese per salvare i bambini che navigano dalla Turchia alla Grecia sono
fuori dal patto di stabilità”, dice, “è positivo”, ma allora lo stesso
trattamento va concesso alle “spese per salvare i bambini eritrei che arrivano
in Sicilia”, perché “solo una perversione burocratica può fare distinzioni tra
le vite da salvare”. Merkel non gli dà corda e sulla flessibilità lo
rimbalza a Bruxelles: “Non mi immischio in queste cose, è compito
della Commissione decidere l’interpretazione”. Intanto il New York Times scrive che Renzi “ha scelto un approccio
conflittuale, causato in parte dalla frustrazione”,per
“un posto al tavolo del potere europeo”.
3 febbraio
2016
– L’ultimo colpo di scena, nel giorno in cui il Comitato dei Rappresentanti Permanenti
dei 28 Paesi membri (Coreper) ha raggiunto un’intesa sui 3 miliardi per i
rifugiati siriani in Turchia, chiama in causa la Libia.
La bozza preparata dall’Italia per il Comitato dei Rappresentanti
Permanenti dei Governi degli Stati Membri dell’Unione Europea (Coreper) riporta
infatti che “l’Italia si aspetta con forza che, nella valutazione dei
programmi di stabilità, la Commissione adotti un approccio coerente, senza
tenere in conto l’ammontare totale dei costi sostenuti dall’Italia fin
dall’inizio della crisi libica per il calcolo del deficit di uno Stato membro
ai fini del patto di stabilità” visto che “gli Stati membri di frontiera hanno
sostenuto finora costi importanti per le attività di sorveglianza dei confini,
per salvare vite in mare, per ricevere e dare accoglienza ai migranti approdati
sulle loro coste”.
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