da: Corriere della Sera - di
Fiorenza Sarzanini
Un
mese prima del decreto «salvabanche» del governo numerosi conti correnti di
Banca Etruria sono stati «svuotati». Il sospetto è che
qualcuno possa aver avvisato alcuni
clienti privilegiati del rischio di perdere i propri risparmi. E adesso i
magistrati vogliono conoscere l’identità dei titolari proprio per verificare se
abbiano goduto di un trattamento di favore in violazione della legge. Lo fanno
dopo aver acquisito la relazione del commissario liquidatore Giuseppe Santoni
che ha sollecitato lo stato di insolvenza e lunedì lo ripeterá davanti al
tribunale di Arezzo.
Via
288 milioni di euro
È il passo preliminare per ipotizzare il
reato di bancarotta fraudolenta contro gli ex amministratori: il presidente
Lorenzo Rosi e i suoi vice Alfredo Berni e Pierluigi Boschi, padre del ministro
delle Riforme Maria Elena, oltre ai componenti del Consiglio di
amministrazione. E arriva nel giorno in cui viene chiesto il rinvio a giudizio
per ostacolo alla vigilanza per l’ex presidente di Banca Etruria Giuseppe
Fornasari, l’ex ad Luca Bronchi e per il dirigente Davide Canestri.
Scrive Santoni: «La situazione di liquidità
si presenta assai critica, atteso che
secondo quanto emerge dalle informazioni dei commissari straordinari, le riserve liquide sono inadeguate, per effetto dei deflussi dei fondi che hanno interessato la banca. In particolare il saldo netto di liquidità alla data del 18 novembre scorso pari a 335 milioni, il 4,6 per cento del totale attivo, è diminuito di euro 288 milioni da inizio ottobre. La situazione è fortemente aggravata dall’elevato grado di concentrazione della raccolta, che espone la banca al rischio del ritiro dei depositi anche di singoli depositanti (i primi 16 clienti detengono circa il 16 per cento)».
secondo quanto emerge dalle informazioni dei commissari straordinari, le riserve liquide sono inadeguate, per effetto dei deflussi dei fondi che hanno interessato la banca. In particolare il saldo netto di liquidità alla data del 18 novembre scorso pari a 335 milioni, il 4,6 per cento del totale attivo, è diminuito di euro 288 milioni da inizio ottobre. La situazione è fortemente aggravata dall’elevato grado di concentrazione della raccolta, che espone la banca al rischio del ritiro dei depositi anche di singoli depositanti (i primi 16 clienti detengono circa il 16 per cento)».
«Dissesto
superiore al miliardo»
Il sospetto
è fin troppo evidente: una soffiata preventiva.
Per questo le verifiche disposte dal procuratore Roberto Rossi e affidate alla
Guardia di Finanza mirano a scoprire anche i contatti avuti dai correntisti
prima del 22 novembre, data di approvazione del decreto del governo.
Esaminando la situazione patrimoniale
Santoni sottolinea infatti che «le perdite ammontano a circa un miliardo e 170
milioni di euro e nonostante le necessarie misure adottate dall’autorità di
vigilanza per provvedere alla loro copertura, che hanno azzerato le riserve, il
capitale sociale, le obbligazioni computabili nei fondi propri della banca,
residuavano alla data di avvio della procedura di risoluzione — appunto il 22
novembre 2015 — e residuano tuttora a 305 milioni di debito privo di ogni
copertura». Questo vuol dire che «il dissesto di Etruria è superiore al
miliardo di euro».
Chiesta
l’insolvenza
Una vera e propria voragine nei conti. Una
situazione talmente grave da convincere Santoni dell’assoluta inutilità di
svolgere ulteriori verifiche. Non a caso nelle conclusioni consegnate al
Tribunale viene specificato come «la particolare valenza probatoria degli
accertamenti ispettivi e delle relazioni degli organi delle procedure, trova la
sua giustificazione nella qualità di pubblici ufficiali assunta dagli ispettori
di Bankitalia, dai commissari straordinari e dai commissari liquidatori, nonché
nella specificità dei fatti evidenziati, che rende quegli accertamenti e quelle
relazioni assimilabili a una vera e propria consulenza tecnica d’ufficio».
L’istanza al tribunale è chiara: «Non
servono altri accertamenti, bisogna procedere subito con la dichiarazione di
insolvenza».
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