giovedì 4 febbraio 2016

Banca Etruria: il giallo dei conti svuotati un mese prima del crac



da: Corriere della Sera - di Fiorenza Sarzanini

Un mese prima del decreto «salvabanche» del governo numerosi conti correnti di Banca Etruria sono stati «svuotati». Il sospetto è che qualcuno possa aver avvisato alcuni clienti privilegiati del rischio di perdere i propri risparmi. E adesso i magistrati vogliono conoscere l’identità dei titolari proprio per verificare se abbiano goduto di un trattamento di favore in violazione della legge. Lo fanno dopo aver acquisito la relazione del commissario liquidatore Giuseppe Santoni che ha sollecitato lo stato di insolvenza e lunedì lo ripeterá davanti al tribunale di Arezzo.

Via 288 milioni di euro
È il passo preliminare per ipotizzare il reato di bancarotta fraudolenta contro gli ex amministratori: il presidente Lorenzo Rosi e i suoi vice Alfredo Berni e Pierluigi Boschi, padre del ministro delle Riforme Maria Elena, oltre ai componenti del Consiglio di amministrazione. E arriva nel giorno in cui viene chiesto il rinvio a giudizio per ostacolo alla vigilanza per l’ex presidente di Banca Etruria Giuseppe Fornasari, l’ex ad Luca Bronchi e per il dirigente Davide Canestri.
Scrive Santoni: «La situazione di liquidità si presenta assai critica, atteso che
secondo quanto emerge dalle informazioni dei commissari straordinari, le riserve liquide sono inadeguate, per effetto dei deflussi dei fondi che hanno interessato la banca. In particolare il saldo netto di liquidità alla data del 18 novembre scorso pari a 335 milioni, il 4,6 per cento del totale attivo, è diminuito di euro 288 milioni da inizio ottobre. La situazione è fortemente aggravata dall’elevato grado di concentrazione della raccolta, che espone la banca al rischio del ritiro dei depositi anche di singoli depositanti (i primi 16 clienti detengono circa il 16 per cento)».

«Dissesto superiore al miliardo»
Il sospetto è fin troppo evidente: una soffiata preventiva. Per questo le verifiche disposte dal procuratore Roberto Rossi e affidate alla Guardia di Finanza mirano a scoprire anche i contatti avuti dai correntisti prima del 22 novembre, data di approvazione del decreto del governo.
Esaminando la situazione patrimoniale Santoni sottolinea infatti che «le perdite ammontano a circa un miliardo e 170 milioni di euro e nonostante le necessarie misure adottate dall’autorità di vigilanza per provvedere alla loro copertura, che hanno azzerato le riserve, il capitale sociale, le obbligazioni computabili nei fondi propri della banca, residuavano alla data di avvio della procedura di risoluzione — appunto il 22 novembre 2015 — e residuano tuttora a 305 milioni di debito privo di ogni copertura». Questo vuol dire che «il dissesto di Etruria è superiore al miliardo di euro».

Chiesta l’insolvenza
Una vera e propria voragine nei conti. Una situazione talmente grave da convincere Santoni dell’assoluta inutilità di svolgere ulteriori verifiche. Non a caso nelle conclusioni consegnate al Tribunale viene specificato come «la particolare valenza probatoria degli accertamenti ispettivi e delle relazioni degli organi delle procedure, trova la sua giustificazione nella qualità di pubblici ufficiali assunta dagli ispettori di Bankitalia, dai commissari straordinari e dai commissari liquidatori, nonché nella specificità dei fatti evidenziati, che rende quegli accertamenti e quelle relazioni assimilabili a una vera e propria consulenza tecnica d’ufficio».
L’istanza al tribunale è chiara: «Non servono altri accertamenti, bisogna procedere subito con la dichiarazione di insolvenza».

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