da: Libero Quotidiano - di
Davide De Luca
Nel luglio del 2015, in un’intervista alla
televisione del Qatar Al Jazeera, Matteo Renzi definì il presidente egiziano
Abdel Fatteh al Sisi «un grande leader» e «l’unica speranza per l’Egitto». Era
solo l’ultima di una serie di dichiarazioni lusinghiere che i due leader si
sono scambiati da quando si sono incontrati per la prima volta al Cairo,
nell’agosto del 2014.
L’ultimo colloquio tra i due di cui si è
avuta notizia è avvenuto lo scorso 18 gennaio, quando Renzi e al Sisi si sono
parlati al telefono per discutere della crisi libica. In quelle ore, una nota
stampa del governo egiziano ha definito i rapporti tra i due paesi
«eccellentissimi». Esattamente una settimana dopo, il ricercatore italiano
Giulio Regeni spariva per le strade del Cairo, mentre poco lontano centinaia di
attivisti venivano arrestati dalla polizia egiziana. Il corpo di Regeni sarà
ritrovato soltanto il 3 febbraio, sui bordi di una strada, con i segni di prolungate
torture sul corpo.
«L’eccellentissima relazione» è così
diventata improvvisamente una fonte di imbarazzo per il presidente del
Consiglio, che nei giorni successivi ha evitato accuratamente di esprimersi
sulla questione. Nell’archivio dell’Ansa si trova
soltanto una nota in cui
fonti di palazzo Chigi riferiscono il turbamento di Renzi per il ritrovamento
del corpo. Poi più nulla. È difficile immaginare un caso simile negli Stati
Uniti, ad esempio, in cui dopo il rapimento e la tortura di un cittadino americano,
il presidente degli Stati Uniti si rifiuti per giorni e giorni di rilasciare
una dichiarazione sul caso. In Italia, invece, il ruolo di battere i pugni sul
tavolo è stato affidato al ministero degli Esteri Paolo Gentiloni, che non si è
risparmiato dichiarando più volte che l’Italia non si aspetta dall’Egitto nulla
di meno che la verità.
L’imbarazzo di Renzi è comprensibile visto
che probabilmente è il leader occidentale che più si è esposto personalmente
nei confronti di Al Sisi. «Altri leader di altri paesi occidentali, che pure
hanno rapporti amichevoli con l’Egitto, non si sono spinti a usare parole tanto
celebrative per al-Sisi», spiega Stefano Torelli, ricercatore dell’Ispi.
Un altro caso in cui, insomma, come con il
presidente iraniano, abbiamo coperto le statue nude, anche se solo
metaforicamente. Renzi è stato il leader occidentale disposto a compiere gli
sforzi maggiori pur di mantenere buone relazioni con l’Egitto. Nel giugno del
2014, dopo che al-Sisi ha vinto le elezioni presidenziali con il 97 per cento
dei voti (elezioni fortemente sospettate di irregolarità), è stato in assoluto
il primo leader occidentale a visitare l’Egitto. Pochi mesi dopo, al-Sisi ha
restituito il favore, scegliendo l’Italia come prima tappa del suo viaggio in
Europa.
«Le relazioni tra Italia ed Egitto sono
ottime da tutti i punti di vista – spiega Torelli – e il traino di queste
ottime relazioni è tutto economico ». Nel febbraio 2015, ad esempio, in Egitto
è arrivata una delegazione composta, secondo l’Ansa, da circa 80 aziende,
cinque associazioni imprenditoriali, cinque gruppi bancari e guidata
dall’allora viceministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda.
Nel solo 2015, il viceministro ha visitato
l’Egitto almeno altre due volte e mentre veniva trovato il corpo di Regeni, il
ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi si trovava proprio al Cairo.
Sono relazioni che hanno portato ottimi frutti all’Italia.
Nel 2014 l’interscambio Italia-Egitto
valeva 5,18 miliardi ed era il più importante per l’Italia in Africa insieme a
quello con l’Algeria. Secondo le prime stime si tratta di un dato che nel 2015
è cresciuto molto. Tra le aziende italiane che investono in Egitto ci sono
Edison, Intesa Sanpaolo,Unicredit,Pirelli, Italcementi, Ansaldo, Tecnimont,
Danieli, Techint e Cementir. «Ma le relazioni più importanti sono quelle
energetiche – spiega Torelli – l’Eni è la società energetica più importante in
Egitto, un paese dove è arrivata negli anni Cinquanta».
Proprio nell’agosto scorso, Eni ha
individuato a largo delle coste egiziane quello che ha definito il più grande
giacimento di gas naturale del Mediterraneo, con una dimensione stimata di
850miliardi dimetri cubi, che potrebbe cominciare a produrre già prima del
2020. «Questa scoperta – continua Torelli – ha reso le relazioni tra Italia ed
Egitto ancora più importanti».
Nei rapporti tra Italia ed Egitto,
l’economia si intreccia con la geopolitica. Il paese guidato da al-Sisi fa
parte di una sorta di coalizione con cui l’Italia ha ottimi rapporti. Il regime
è appoggiato e finanziato da Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti e i soldi
che riceve vengono spesso usati dal governo per acquistare beni e servizi in
Italia. L’Egitto è importante anche per l’azione diplomatica italiana in Libia.
Al-Sisi appoggia e in qualche misura controlla il generale Khalifa Haftar, uno
dei personaggi più controversi nell’attuale crisi libica e una delle figure
ritenute più di ostacolo al processo di pace nella nazione. Buone relazioni con
l’Egitto significano potenzialmente la capacità di tenere Haftar sotto
controllo.
Ma su questo punto fino ad ora la
diplomazia italiana ha avuto scarso successo e Haftar ed i suoi padrini
egiziani continuano a ostacolare il processo di pace. Quello su cui invece il
governo italiano non si è mai espresso è il pessimo rapporto del regime
egiziano con i diritti umani. Il governo di al- Sisi è iniziato con un colpo di
stato contro il primo presidente eletto democraticamente nella storia
dell’Egitto, Mohamed Morsi, appoggiato dai Fratelli musulmani.
Il golpe è stato accolto con settimane di
protesteda parte dei sostenitori del presidente deposto. Si è trattato a volte
di manifestazioni violente,ma spesso l’esercito ha attaccato gruppi pacifici,
composti anche da donne e anziani. In un solo giorno, il 14 agosto 2013, le
forze di sicurezza egiziane hanno ucciso più di mille manifestanti. La
profondità dei rapporti tra Renzi e l’Egitto fa assumere all’intera questione
Regeni un doppio aspetto. Da un lato le nostre ottime relazioni in Egitto hanno
consegnato al governo una potente leva per chiedere una soluzione al caso .
Se un episodio simile fosse accaduto in un
paese con cui l’Italia non ha nessuna relazione, il margine di manovra sarebbe
stato necessariamente molto più ridotto. Dall’altro lato, le relazioni fin
troppo strette con il dittatore egiziano potrebbero spingere il presidente del
Consiglio a non esporsi troppo sulla questione. L’assenza di dichiarazioni di
Renzi a quasi due settimana dal ritrovamento del corpo di Regeni dimostra già
in parte che il presidente del Consiglio preferisce mantenere un profilo basso
sulla questione. E questo rischia di mandare il messaggio sbagliato all’Egitto.
Il caso Regeni è una grave fonte di
imbarazzo per al-Sisi e lo sarà ancora di più se il governo italiano farà capire
chiaramente che non intende dimenticare la questione. Perché il regime di
al-Sisi trovi davvero i colpevoli c’è probabilmente bisogno di forti
pressioni,ma purtroppo, la voce di un ministro degli Esteri, per quanto decisa,
sarà sempre molto meno forte di quella di un capo di governo. Se Renzi
continuerà a tacere è facile che l’Egitto inizi a pensare che, per noi il caso
Regeni non è poi così importante.
Nessun commento:
Posta un commento