da: http://gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it/
Ci sono due o tre conseguenze interessanti, nel modo in cui sta finendo la
questione delle unioni civili. Tristi, ma interessanti.
La prima l'ha sintetizzata benissimo Piergiorgio Paterlini su Facebook: «Da questa sera avremo più diritti ma saremo
meno uguali. E va detto, bisogna essere consapevoli che è la prima volta
che lo stato italiano sancisce nero su bianco la diversità (di diritti) degli
omosessuali. Prima era solo nei fatti. Ora è legge».
Ecco, non è una questione da poco. Perché
la legge sulle unioni civili aveva anche (se non fondamentalmente) lo scopo di stabilire
che chiunque, in questo Paese, ha pari diritti indipendentemente
dall'orientamento e dal genere. Almeno, questa era la battaglia complessiva,
cioè quella che riguardava tutta la società nel suo complesso. Una battaglia di
civiltà per tutte e tutti. Sarebbe molto ipocrita negare ora che questa
battaglia è stata totalmente persa. Dal punto di vista di ciò che la legge
sdogana in termini di principi, stiamo perfino peggio di prima: prima una
minoranza veniva ignorata, nei suoi diritti; ora si è deciso ufficialmente che
ha meno diritti degli altri.
È un po' triste, appunto. Quasi come se per ottenere qualcosa, una minoranza
dovesse accettare il principio che comunque non può essere uguale. Come se
ai tempi dell'apartheid, ai neri fosse stato concesso di salire sugli autobus
dei bianchi, ma scrivendo nella Costituzione che dovranno cedere ai bianchi il
posto a sedere. Una cosa così. Vedete voi.
La seconda
conseguenza è più strettamente politica.
E riguarda il peccato originale di questa
legislatura e delle scelte di Renzi: che, come noto, una volta divenuto
segretario del Pd decise di rifare il governo con Alfano - come il suo
predecessore Letta - anziché farsi eleggere dai cittadini, come aveva promesso.
Sia ai tempi di Letta sia con Renzi, si è sempre detto che non c'era
alternativa, che i numeri consentivano solo quel tipo di maggioranze. Quello
che è successo nelle ultime settimane fa invece pensare che si sia trattato e
si continui a trattare soprattutto di un alibi. Alfano fa comodo. Fa comodo perché
si può attribuire a lui quello che in realtà vuole mezzo Pd, quello centrista e
cattodem. Fa comodo perché gli si proiettano responsabilità che invece sono
proprie. Fa comodo perché parla la stessa lingua del Pd. Renzi poteva
facilmente liberarsi di Alfano, dopo le primarie Pd del dicembre 2013.
Sull'onda di quel successo avrebbe ottenuto facilmente la maggioranza assoluta
dei seggi anche al Senato. Ha preferito tenerselo, usandolo come recipiente per
scaricare le tensioni interne al suo partito. In questi giorni si è visto in
modo plastico.
Anche la terza conseguenza è molto di "politique politicienne":
l'ingresso ufficiale di Verdini in maggioranza. Non c'è molto da dire, a parte
scuotere la testa. Ricordo lo sdegno dei miei amici del Pd quando i vari
Villari, Scilipoti e Razzi lasciarono il centrosinistra per tenere in piedi con
i loro voti Berlusconi. Non so, si chiedano cosa ci sia di meglio, in questo
loro trasformista alleato senza scrupoli. Se lo chiedano in onestà
intellettuale. E guardino, se riescono, come sono finiti.
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