lunedì 29 febbraio 2016

Unioni Civili: Alessandro Gilioli, “Come sono finiti”



da: http://gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it/

Ci sono due o tre conseguenze interessanti, nel modo in cui sta finendo la questione delle unioni civili. Tristi, ma interessanti.

La prima l'ha sintetizzata benissimo Piergiorgio Paterlini su Facebook: «Da questa sera avremo più diritti ma saremo meno uguali. E va detto, bisogna essere consapevoli che è la prima volta che lo stato italiano sancisce nero su bianco la diversità (di diritti) degli omosessuali. Prima era solo nei fatti. Ora è legge».

Ecco, non è una questione da poco. Perché la legge sulle unioni civili aveva anche (se non fondamentalmente) lo scopo di stabilire che chiunque, in questo Paese, ha pari diritti indipendentemente dall'orientamento e dal genere. Almeno, questa era la battaglia complessiva, cioè quella che riguardava tutta la società nel suo complesso. Una battaglia di civiltà per tutte e tutti. Sarebbe molto ipocrita negare ora che questa battaglia è stata totalmente persa. Dal punto di vista di ciò che la legge sdogana in termini di principi, stiamo perfino peggio di prima: prima una minoranza veniva ignorata, nei suoi diritti; ora si è deciso ufficialmente che ha meno diritti degli altri.


È un po' triste, appunto. Quasi come se per ottenere qualcosa, una minoranza dovesse accettare il principio che comunque non può essere uguale. Come se ai tempi dell'apartheid, ai neri fosse stato concesso di salire sugli autobus dei bianchi, ma scrivendo nella Costituzione che dovranno cedere ai bianchi il posto a sedere. Una cosa così. Vedete voi.

La seconda conseguenza è più strettamente politica.

E riguarda il peccato originale di questa legislatura e delle scelte di Renzi: che, come noto, una volta divenuto segretario del Pd decise di rifare il governo con Alfano - come il suo predecessore Letta - anziché farsi eleggere dai cittadini, come aveva promesso. Sia ai tempi di Letta sia con Renzi, si è sempre detto che non c'era alternativa, che i numeri consentivano solo quel tipo di maggioranze. Quello che è successo nelle ultime settimane fa invece pensare che si sia trattato e si continui a trattare soprattutto di un alibi. Alfano fa comodo. Fa comodo perché si può attribuire a lui quello che in realtà vuole mezzo Pd, quello centrista e cattodem. Fa comodo perché gli si proiettano responsabilità che invece sono proprie. Fa comodo perché parla la stessa lingua del Pd. Renzi poteva facilmente liberarsi di Alfano, dopo le primarie Pd del dicembre 2013. Sull'onda di quel successo avrebbe ottenuto facilmente la maggioranza assoluta dei seggi anche al Senato. Ha preferito tenerselo, usandolo come recipiente per scaricare le tensioni interne al suo partito. In questi giorni si è visto in modo plastico.

Anche la terza conseguenza è molto di "politique politicienne": l'ingresso ufficiale di Verdini in maggioranza. Non c'è molto da dire, a parte scuotere la testa. Ricordo lo sdegno dei miei amici del Pd quando i vari Villari, Scilipoti e Razzi lasciarono il centrosinistra per tenere in piedi con i loro voti Berlusconi. Non so, si chiedano cosa ci sia di meglio, in questo loro trasformista alleato senza scrupoli. Se lo chiedano in onestà intellettuale. E guardino, se riescono, come sono finiti.

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