Condivido e sottoscrivo, in particolare, queste parole: "Più che pensare a colonizzare Marte (come
sta provando a fare Elon Musk) o a trasferirci sulla Luna (come immaginato da
Jeff Bezos) perché le risorse si stanno esaurendo o la vita diventerà sempre
più difficile, bisogna lavorare duramente per cambiare il sistema economico e
sociale attuale che abita il nostro pianeta, restituendo dignità alle persone
che ci vivono e lavorano. La corsa alla conquista dello spazio, che a seconda
dei punti di vista può essere letta come la forma massima di esplorazione ma
anche quella più estrema di colonialismo, non è certo la soluzione ai nostri
problemi".
da: https://it.businessinsider.com/
‘Chicken
nugget e salario minimo di Amazon uccidono il pianeta’. Parla Raj Patel,
economista pentito della Banca Mondiale
di Marco
Cimminella
Se è vero che l’uomo è ciò che mangia,
allora il capitalismo estremo ci ha ridotto davvero male. Perché per far
arricchire pochi, in molti hanno dovuto accontentarsi di salari miseri, cibo a
basso costo e scarse cure mediche. E tutti ora dobbiamo affrontare le
conseguenze di scelte poco sostenibili, che hanno devastato l’ambiente in cui
viviamo, contribuendo a quel riscaldamento globale che di fatto minaccia la
sopravvivenza del genere umano.
È un meccanismo che va avanti da tempo,
dalla scoperta del nuovo mondo di Cristoforo Colombo secondo il professore Raj
Patel, attivista ed esperto di crisi alimentare mondiale. E che continua ancora
oggi: “Ci sono delle somiglianze”, ci spiega Patel, tra le modalità di
sfruttamento delle risorse (umane e materiali) adottate dai conquistatori
europei dopo il 1492 e il modo in cui, oggi, i fondatori di colossi
internazionali – da Jeff Bezos a Elon Musk – hanno impostato il lavoro e
strutturato il proprio modello di business.
Si tratta di un modo di produrre e
consumare, e di trarre profitto da queste attività, che si basa sullo
sfruttamento di sette cose che rendono il capitalismo possibile: natura,
lavoro, cure, cibo, energia, soldi e vite umane. Il professore all’Università
del Texas ha scritto un libro su questo sistema, “A History of the World in
Seven Cheap Things (Una storia del mondo in 7 cose a basso costo)”, raccontato
attraverso la metafora dei chicken nuggets. “È il simbolo della nostra era”,
secondo Patel, economista che ha lavorato in passato per la Banca Mondiale, l’Organizzazione
mondiale del Commercio e le Nazioni Unite, prima di sviluppare un atteggiamento
piuttosto critico nei confronti di queste istituzioni. Insieme ad altri esperti
di sviluppo sostenibile, prenderà parte al 9° forum internazionale su alimentazione
e nutrizione, organizzato dal Barilla Center for Food & Nutrition, e che si
terrà a Milano al Pirelli Hangar Bicocca il 27 e 28 novembre per promuovere lo
sviluppo di modelli sostenibili sull’uso del suolo in agricoltura,
nell’industria, nelle città e nelle comunità.
Le imprese capitaliste devono fare
profitti, sottolinea Patel: per raggiungere questo obiettivo, devono trattare certe
persone come risorse da usare, “come se valessero meno di altre”. Non solo;
necessitano di prestiti con basso tasso d’interesse per finanziare le proprie
attività. E hanno bisogno di energia a basso costo; da qui, l’importanza dei sussidi
ai combustibili fossili: come mostra l’ultimo rapporto dell’Oil Change
International, che ha fatto un’indagine sui sussidi all’industria energetica
statunitense, tra il 2015 e il 2016 il governo federale ha fornito 14,7
miliardi di dollari all’anno ai comparti del petrolio, del gas e del carbone,
che si aggiungono ai 5,8 miliardi di incentivi concessi a livello statale.
E i nugget mostrano perfettamente
questo meccanismo. “Il pollo di oggi non ha nulla a che vedere con quello
‘selvaggio'”, fa notare Patel: vale a dire, con quell’esemplare che troveresti
nel mondo se non trasformassi la natura in una macchina che deve generare
profitto. “Hanno un petto enorme – continua -, così grande che non riescono
neppure a camminare. Una volta allevato, devi processarlo e trasformare la sua carne
nell’effettivo nugget che deve essere venduto. E per far questo, l’azienda ha
bisogno di dipendenti pagati poco“.
E in effetti negli Stati Uniti la
situazione è proprio questa: “Per ogni dollaro speso per un pollo da fast food,
solo due centesimi finiscono ai lavoratori del settore“, chiarisce Patel. Una
condizione non certo vantaggiosa: anche chi ha bisogno di lavoro fa fatica ad
accettare. Al punto che i produttori hanno cominciato a rifornirsi di personale
direttamente dalle carceri o “dai centri di riabilitazione per alcolisti e
tossicodipendenti, pagandoli ancora meno o non pagandoli affatto”, ci spiega.
E poi ci si può far male lavorando la
carne, a causa dei movimenti ripetitivi lungo la linea di produzione. “Il
lavoro a basso costo ha bisogno di cure a basso costo, quel tipo di attività
domestica solitamente compiuta dalle donne gratuitamente”. E conclude il
ragionamento: “Si arriva all’ultimo passaggio. Affinché questa situazione duri
più tempo possibile, anche il cibo deve essere a basso costo, perché aiuta a
mantenere gli stipendi sufficientemente bassi: quel pollo diventa un modo per
sopravvivere un altro giorno“. E così il ciclo del chicken nugget è compiuto:
“Questo piccolo oggetto è l’esempio perfetto delle sette cose di cui il
capitalismo ha bisogno per perpetuarsi”.
Per Patel, il capitalismo è proceduto di
pari passo con il colonialismo: le sue radici antiche devono infatti essere
rintracciate nel viaggio di Colombo in America, lì dove gli europei hanno
trovato risorse naturali e indigeni da convertire in forza lavoro da sfruttare.
Un processo che continua a presentarsi adesso, in forme e modi ovviamente
differenti. “Diversi casi hanno mostrato le difficili condizioni di lavoro di
molti dipendenti delle fabbriche di Amazon e Tesla. Certo, non possono essere
definiti episodi di moderna schiavitù in senso stretto. Ma se consideriamo
l’origine dei metalli e risorse impiegate per fabbricare i loro prodotti,
alcuni di questi vengono proprio da luoghi in cui la moderna schiavitù ancora
esiste. E da cui quindi traggono un profitto, anche se indirettamente”.
Questo meccanismo capitalistico però si sta
inceppando. Da un lato, perché i lavoratori si organizzano e combattono per
migliori condizioni retributive e sociali. Dall’altro, perché il modello
produttivo e consumistico basato su una natura a basso costo da sfruttare sta
implodendo: le conseguenze del riscaldamento globale sono sotto gli occhi di
tutti. “Qui negli Stati Uniti – ci spiega il professore – la buona notizia è che
qualcosa si sta muovendo: ad esempio, Amazon ha accettato di alzare la soglia del salario
minimo a 15 dollari all’ora. Certo non è sufficiente: perché
non tutti lavorano per il colosso di Jeff Bezos e perché comunque 15 dollari
all’ora non sono abbastanza. E anche se lo fossero, il nostro pianeta si sta
inesorabilmente dirigendo verso un destino catastrofico a causa del cambiamento
climatico“.
Più che pensare a colonizzare Marte (come
sta provando a fare Elon Musk) o a trasferirci sulla Luna (come immaginato da
Jeff Bezos) perché le risorse si stanno esaurendo o la vita diventerà sempre
più difficile, bisogna lavorare duramente per cambiare il sistema economico e
sociale attuale che abita il nostro pianeta, restituendo dignità alle persone
che ci vivono e lavorano. La corsa alla conquista dello spazio, che a seconda
dei punti di vista può essere letta come la forma massima di esplorazione ma
anche quella più estrema di colonialismo, non è certo la soluzione ai nostri
problemi.
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