da: https://www.linkiesta.it/it/
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di Lidia Baratta
Mentre
i centri antiviolenza arrancano, associazioni e onlus si sono buttate nella
difesa delle donne vittime di violenza. Basta guardare gli 11,7 milioni
distribuiti dal Dipartimento Pari opportunità tra società sportive, comuni,
enti religiosi e agenzie di comunicazione
La Giornata contro la violenza sulle donne
arriva puntuale anche quest’anno il 25 novembre. Le iniziative e gli eventi di
sensibilizzazione si moltiplicano. E si citano i dati: le donne uccise nel 2017
sono state 123, nel 2018 da inizio anno i femminicidi sono stati 32. Ma mentre
i centri antiviolenza vivono ancora di volontarie che lavorano gratis, con i
pochi spiccioli che arrivano sempre tardi e a singhiozzo, il pinkwashing di
tanta politica, gli slogan della lotta alla violenza di genere e i milioni a
disposizione per prevenirla hanno fatto miracolosamente moltiplicare le
iniziative in “rosa”. Anche chi prima si occupava di tutt’altro, si è buttato
nella difesa delle donne. E i fondi hanno cominciato a cadere a pioggia.
Basta guardare i 121 beneficiari dell’ultimo bando del Dipartimento per
le pari opportunità della Presidenza del Consiglio,
con cui sono stati distribuiti 11,735 milioni, divisi tra progetti di
inserimento lavorativo, comunicazione, educazione e trattamento degli uomini
maltrattanti. Così, ad esempio, ben 175mila euro sono andati alla Nazionale
Cantanti e alla Associazione italiana calciatori. La stessa cifra – per fare un
paragone – destinata a Dire, Donne in rete contro la violenza, la rete dei
centri antiviolenza italiani. La nazionale degli attori ha incassato
invece
125mila euro. Ma non sono gli unici sportivi dell’elenco, anzi. La Robursport
Volley di Pesaro ha portato a casa 115mila euro; l’associazione sportiva
dilettanstica Sphera di Cadoneghe, Padova, 42mila euro; il San Lorenzo Rebels
Rugby Club di Roma 124.750.
Dopo il terzo tempo, arriva poi il lungo
elenco degli enti religiosi. Alla Comunità Papa Giovanni XXIII è stato concesso
un finanziamento di oltre 106mila euro, alla Congregazione delle suore di San
Giovanni Battista di Roma 125mila euro. Stessa cifra alla Piccola casa della
divina provvidenza di Torino, al Centro per la Famiglia di Roma (della
Congregazione dei Missionari oblati di Maria Immacolata), alla Fondazione
Famiglia di Maria di Napoli e l’elenco è ancora lungo. In totale, se si contano
tutti gli enti religiosi coinvolti, incluse le Acli, sono quasi 1,2 milioni di
euro. A cui vanno aggiunti 175mila euro per l’Unione delle comunità ebraiche
italiane.
Non mancano neppure le agenzie di
comunicazione e produzione video. La Strategica Community di Carlo Robiglio,
presidente della Piccola industria di Confindustria, che già aveva sottoscritto
un protocollo di intesa con il ministero dell’Istruzione, per la lotta alla
violenza di genere si è aggiudicata 140mila euro. Mentre alla Fondazione Cinema
per Roma, che organizza il festival della Capitale, vanno 100mila euro. Per
restare nell’alveo della cultura, anche la Treccani si porta a casa 175mila
euro per la realizzazione di un film sulla donna attraverso la storia delle
religioni.
L’elenco è popolato poi da centinaia di
migliaia di euro dati a piccoli comuni e province: Minturno, Vercelli, Viterbo,
Roccamontepiano, Raiano, Limone Piemonte, Taviano, grosseto, Trieste,
Roccagorga, Bedizzole, Campobasso e pure il piccolo centro salentino di Scorrano,
che si aggiudica poco più di 50mila euro. Fino al capitolo scuole e università,
che a conti fatti si accaparrano oltre 1 milione. I soldi, in questo caso,
dovrebbero arrivare dal ministero dell’Istruzione che – giustamente – come
prevedeva la Buona Scuola si impegna a educare alla non violenza i ragazzi di
oggi per evitare futuri omicidi domani. Il Miur però non ha ancora stanziato un
euro. Scuole e atenei presentano i progetti, e i fondi partono dal Dipartimento
Pari opportunità. Nell’elenco ci sono il liceo Socrate, il Giulio Cesare e il
Vittoria Colonna di Roma, il Salvemini di Bari, il Perticari di Senigallia, il
Da Vinci di Reggio Calabria, il Dettori di Cagliari, un istituto comprensivo
triestino e uno di Palermo, un tecnico di Sezze e uno di Sersale (Catanzaro).
Ma compaiono anche molte università: Tuscia, Bicocca di Milano, Pisa.
Ai progetti presentati, c’è da dire, non è
stato concesso mai oltre il 70% dell’importo richiesto. Alla maggior parte solo
la metà. Per cui molto spesso si tratta di iniziative ferme, che avranno
bisogno di altri sponsor per essere messe in piedi. L’elenco, in ogni caso, è
stato aggiornato lo scorso 3 ottobre, con l’aggiunta di altri due beneficiari:
l’associazione “Fare per bene” con un progetto centrato sulle scuole, e l’Istituto
Agrario Emilio Sereni. A ciascuno sono andati poco più di 60mila euro.
Tutti progetti grandi o piccoli, che si
realizzeranno o no, qualcuno più utile qualche altro meno utile. Con il
paradosso però che mentre distribuiamo a pioggia fondi per la comunicazione, le
lezioni emozionali e i corsi di difesa personale, alle donne vittime di
violenza e a chi lavora per la loro incolumità alla fine arriva poco o nulla.
Nonostante esista un Piano nazionale con
tanto di finanziamenti, nei centri antiviolenza i problemi sono sempre gli
stessi. Ci sono regioni come Calabria e Marche che non hanno neanche una casa
rifugio. E i fondi latitano: solo il 13% arriva dal Dipartimento per le pari
opportunità, oltre la metà dagli enti locali, e per il resto bisogna
barcamenarsi con progetti e iniziative, competendo con migliaia di onlus e
associazioni che si sono scoperte “sensibili” alla lotta alla violenza di
genere. Come denuncia da tempo Dire, c’è stata addirittura una sorta di
esplosione di centri antiviolenza realizzati e gestiti da chi fino a poco tempo
prima si occupava di altro. Così una volta intascati i soldi (il 33% di quanto
destinato nel Piano antiviolenza deve essere realizzato per la realizzazione di
nuovi centri), tempo uno o due anni e si chiude. Tutti soldi sottratti a chi
davvero lavora sul campo da tempo.
Con il paradosso in più che, anche se i
fondi per i centriantiviolenza ci sono e continuano ad aumentare, nella maggior
parte dei casi restano bloccati nelle maglie della burocrazia. Degli 85,7
milioni stanziati per il periodo 2015-2017, come ha denunciato ActionAid, ne
sono arrivati ancora solo 30,8 (il 35,9%). Con le Regioni che hanno liquidato
solo un quarto delle risorse trasferite. Fatto sta che mentre si sta cercando
di capire che fine abbiano fatto i soldi del passato, il piano 2017-2020 per i
centri antiviolenza è ancora solo un pezzo di carta. Niente di più. Eppure dal 2018 è previsto che i fondi
passino da 10 a 30 milioni l’anno. Per il momento solo
immaginari, ovviamente.
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