venerdì 30 novembre 2018

Francesco Cancellato: Lasciate perdere il deficit, il governo sta barando sulla crescita




Mentre si discute di limare il deficit di due decimali, nessuno contesta la previsione di crescita all’1,5%, clamorosamente errata. Eppure la chiave è tutta lì: perché a crescita dimezzata corrisponde un deficit oltre il 3%. Non se ne sono accorti, a Bruxelles, o stanno giocando un’altra partita?

Fateci capire, che magari siamo tonti noi. Per la Federal Reserve americana dall’Italia arrivano rischi di recessione. Contemporaneamente l’indice Pmi di Markit scende sotto la soglia psicologica dei 50 punti, attestando di fatto una contrazione dell’attività manifatturiera italiana. Mentre tutte le previsioni elaborate da centri di ricerca non governativi - dall’Ocse al Fondo Monetario Internazionale - indicano una crescita per l’Italia attorno o inferiore all’1%. Nei fatti, non c’è un dato uno che non dice che l’economia italiana sta rallentando.

Eppure, mistero dei misteri, nella trattativa col l’Europa si parla solo di modificare il rapporto deficit/Pil, dal 2,4% al 2,2% secondo Salvini, fino al 2% per Tria, ma nessuno pare mettere in discussione la più grande impostura della manovra gialloverde: le previsioni di crescita all’1,5%. Eppure il problema è tutto lì, se ci pensate, nelle premesse. Basterebbe scrivere 0,8%. Basterebbe smettere di far finta che un sussidio a qualche disoccupato e un anticipo pensionistico che penalizza chi sceglie di farne ricorso
possano magicamente risvegliare l’economia italiana come fossero il new deal. Basterebbe assumere in premessa il dato di realtà più deliberatamente mistificato di tutta la manovra del cambiamento, e partire da lì a ragionare.

Perché se la crescita del Pil è di almeno mezzo punto inferiore alle previsioni, non esiste alcun rapporto deficit/Pil al 2,4%. Esiste il 3%, che vuol dire sforamento, debito pubblico che esplode, spread che impazzisce, declassamento dei titoli di Stato, crisi di liquidità, giusto per terrorizzarvi un po’. Questa cosa del ritocchino dello 0,2% un po’ ci puzza, insomma. Come se ai tavoli di trattativa tra Roma e Bruxelles i numeri veri li conoscano benone, e stiano limandoli per evitare che, perlomeno, si superi la fatidica soglia dello sforamento. Cosa che, ricordiamolo, renderebbe automatica una procedura d’infrazione per eccessivo deficit (mentre quella di cui si sta discutendo oggi riguarda l’eccessiva crescita del debito pubblico).

Per la cronaca: non stappate la bottiglia migliore. Tutto quel deficit aggiuntivo servirà a pagare la spesa per interessi e non produrrà nemmeno un decimale di crescita aggiuntiva. Quel che ci aspetta dietro l’angolo, quando Conte e compagnia saluteranno Palazzo Chigi, sarà una manovra correttiva di quelle che nemmeno Mario Monti. O, in alternativa, lo showdown definitivo con i mercati e con l’Unione Europea. Nei fatti, il celeberrimo piano B di Paolo Savona. Se non altro, tutto torna.

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