La
manovra fa schifo, ma l’Europa è peggio. E a rimetterci saremo noi, come sempre
Con
ogni probabilità oggi arriverà la bocciatura della Commissione al documento
programmatico di bilancio presentato dal governo. Un ammuina destinata a durare
fino alle Europee di maggio, che premierà Lega e Cinque Stelle. E della quale
ci toccherà pagare il conto, immediatamente dopo
Non era mai successo che Unione Europea
bocciasse senza appello una legge di bilancio, da quando esiste il fiscal
compact. Con ogni possibilità succederà oggi, all’Italia: il documento
programmatico di bilancio inviato a Bruxelles verrà rispedito a Roma con la
richiesta di riscriverlo in tre settimane, attenendosi alle regole. Con lo
spread già stabilmente a quota 300 punti, con le banche che già cominciano a
fibrillare, con l’economia che già ha dato segni di rallentamento nel terzo
trimestre dell’anno, fermandosi allo 0,1%, la metà di quanto previsto. E con un
governo, soprattutto, appena uscito dalla (mezza) crisi del decreto fiscale,
causata da un articolo, quello relativo al condono fiscale, che ancora non si
capisce chi l’abbia scritto, chi l’abbia tolto, come sia stato rimesso e quanto
gettito porterà nelle casse dello Stato.
Non finisce qui, peraltro: ci sarebbe
da ridere, se non ci fosse da piangere, nel leggere le imbarazzate
giustificazioni del ministro Giovanni Tria nella lettera che ha inviato alla
Commissione Europea, in cui spiega candido come il 2,4% sia il tetto massimo
del deficit consentito dal Parlamento quando invece sa benissimo che a fronte
di una crescita prevista dal Governo all’1,6%, ampiamente superiore alle
aspettative di ogni organismo indipendente, sarà invece problematico trovare il
modo di evitare che esploda fino a lambire il 3%, o addirittura superarlo. O
ancora, quando imputa la stessa crescita del Pil non tanto a Quota 100 e al
reddito di cittadinanza, come fanno i suoi improvvidi colleghi di governo
Salvini e Di Maio, ma a un piano di investimenti pubblici e di nuove
regole connesse ad essi di cui non sappiamo ancora nulla, né noi, né Juncker e
Moscovici. Farebbe fatica a crederci sua madre, a simili promesse, figurarsi
gli eurocrati.
E fa ridere pure la tetragona opposizione a
qualunque pietà nei confronti dell’Italia mostrata dal cosiddetto fronte
sovranista, a partire dall’Austria e da quegli stessi stati del Patto di
Visegrad che Matteo Salvini dipinge come gli alleati che cambieranno l’Europa
insieme a lui, mandando i socialisti e i democratici all’opposizione. Quei
socialisti e democratici, per inciso, che sono storicamente l’unica sponda mai
esistita alle mille richieste di flessibilità ai parametri di Maastricht avanzate
dall’Italia negli ultimi cinque anni. Valgano per tutti le parole del
cancelliere austriaco Sebastian Kurz: «L'Austria non è pronta a sostenere il
debito di altri Stati, mentre quegli Stati stanno attivamente legittimando
l'incertezza dei mercati - ha dichiarato ieri il carissimo amico di Matteo
Salvini - Se non ci sono emendamenti, la Commissione europea deve respingere la
manovra di bilancio». Fosse stato nemico avrebbe mandato i carri armati a Roma.
Non bastasse, non c’è giorno in cui non si
scopra una magagna nel testo della manovra. Ieri è stato il turno del
“refuso di contenuto” nel decreto fiscale, dove era curiosamente rimasta la
possibilità di condonare i capitali detenuti all’estero. Oggi il Fatto
Quotidiano ci informa che è sparita la norma che prevede il carcere per gli
evasori e Il Sole 24 Ore che nel documento di programmazione inviato a
Bruxelles sembra che Quota 100 sia stata programmata per il solo 2019, come
misura una tantum, visto che i costi rimangono costanti per il 2020 e il 2021. Così
pare l’abbia interpretata pure Moody’s, del resto.
Chissà cosa ci toccherà domani, peraltro.
Perché l’unica cosa chiara è che questa ammuina con l’Unione Europea
continuerà senza sosta sino a domenica 28 maggio, giorno delle prossime
elezioni europee, per tirare la volata a Lega e Cinque Stelle. Del resto, non
c’è miglior spot per i partiti sovranisti delle lezioncine di vita di
Moscovici, che farebbero diventare anti-europeista pure Altiero Spinelli, fosse
vivo e in mezzo a noi. E non c’è miglior happy ending di un tira e molla
che fa slittare Quota 100 e reddito di cittadinanza ad aprile, giusto giusto un
mese prima del voto, dopo otto mesi di dura lotta con i palazzi e coi
mercati. Già ci immaginiamo i leader sul balcone e la folla festante sotto.
Ciò di cui abbiamo altrettanta certezza è
che tutta questa propaganda, questa furbizia da trecartari, questa cinica
pantomima elettorale non ci salverà dai nostri guai. Che la realtà presenterà
un conto molto più salato di quello che già stiamo pagando ora - 300 miliardi
di interessi aggiuntivi nel giro di otto mesi: non era facile. Che il
consenso popolare per le misure demagogiche non le rende meno
sbagliate. Che prima o poi arriveranno patrimoniali e contro riforme a
saldare il conto aperto dai nostri eroi gialloverdi. Che finiremo per pagare
cara le nostre paranoie nazionaliste e la nostra cieca fiducia verso gli
apprendisti stregoni che promettono magici elisir. Che la realtà arriva sempre,
e non sarà una passeggiata.
Nessun commento:
Posta un commento