da: https://www.linkiesta.it/it/
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di Francesco Cancellato
Prima
l’iniziativa congiunta sulla nascita di un esercito europeo, che ha scatenato
le ire di Trump. Poi, il piano sugli investimenti che esclude chi non rispetta
le regole, che suona come un messaggio all’Italia euroscettica. I due motori
dell’integrazione continentale si sono rimessi in moto
Due indizi fanno una prova: prima l’uno-due
sull’esercito europeo, approfittando di due occasioni importanti come il
centenario dell’armistizio della Grande Guerra e il discorso in plenaria al
Parlamento Europeo. Poi il piano per un budget europeo per gli investimenti che
esclude dalla divisione della torta i Paesi che non rispettano le regole.
Merkel e Macron, Germania e Francia, i due veri motori dell’integrazione
europea sembrano essersi finalmente svegliati. Soprattutto, sembrano essere
intenzionati a recuperare l’iniziativa perduta, a non lasciare più spazio
all’euroscetticismo, a combattere le forze distruttrici dell’Unione Europea con
la costruzione di un’Europa più integrata, più politica, più ambiziosa.
L’accelerazione sull’esercito europeo di
qualche giorno fa, evidentemente coordinata tra i due, ha colto tutti di
sorpresa. Trump per primo, soprattutto per la virulenza dell’attacco di
entrambi all’America, che Macron ha addirittura dipinto come una potenziale
minaccia per gli interessi europei, andando a mettere in discussione - senza
dirlo, ma lasciandolo intendere - la sopravvivenza stessa della Nato. Non solo:
indipendentemente dallo schiaffo a Washington, l’accelerazione sulla difesa
comune è un segnale fortissimo in direzione di un’accelerazione del processo di
integrazione. Come ebbe a dire a suo tempo Giulio Tremonti,
che fu il primo a
proporlo in un lontano semestre di presidenza europea, la nascita di un
esercito continentale è precondizione agli Stati Uniti d’Europa, o perlomeno a
un’Europa che si integra politicamente. La difesa comune chiama una politica
estera comune, un unico budget per la ricerca e il trasferimento tecnologico,
una fiscalità comune. Sopratutto, evoca l’idea, in un continente storicamente
dilaniato da conflitti interni, che il nemico sia fuori. Che come ha detto,
sempre la scorsa settimana, il ministro dell’economia francese Bruno La Maire,
l’Europa deve percepirsi e deve diventare impero tra gli imperi.
Dopo la carota, è arrivato il bastone. Il
piano franco-tedesco sul budget europeo per gli investimenti, precluso a chi
non rispetta le regole, è uno schiaffo violento al terzo grande fondatore
dell’Unione, l’Italia. E suona come un messaggio in codice: Roma, scegli da che
parte stare. O stai con Parigi e Berlino, e costruisci la nuova Europa insieme
a noi, o stai con Mosca e Washington e giochi a distruggerla. La sensazione è
che Merkel e Macron conoscano già la risposta: a meno di clamorose sorprese la
Lega sarà il primo partito nazionale per numero di deputati nel prossimo
parlamento europeo. E a meno di altrettanto clamorose giravolte, sarà
l’architrave su cui si sosterranno le forze contrarie a una maggior
integrazione continentale, dal Rassemblement National di Marine Le Pen ad
Alternative fur Deutschland, dal Pis polacco al Fidesz di Viktor Orban. Il
messaggio, semmai è agli italiani: attenti a cosa vi perdete, nell’inseguire le
chimere sovraniste di Salvini, e il populismo assistenziale e straccione dei
Cinque Stelle.
Ai più attenti, peraltro, non sarà sfuggito
un dettaglio. Che tutta questa accelerazione sul fronte continentale è iniziata
nel momento in cui Angela Merkel ha annunciato di non ricandidarsi più alla
guida della Cdu, preludio alla sua uscita di scena dall’agone politico tedesco.
Una mossa che i più hanno motivato come figlia dei rovesci elettorali, ma che
tuttavia, più passano i giorni più assume una diversa valenza strategica. Più
libera dalle pressioni interne, dal giogo del consenso e dagli attacchi esterni
da chi da anni la vorrebbe disarcionare per gettare nel caos il continente,
Merkel sembra stia giocando senza più alcuna paura ed esitazione la partita
dell’integrazione europea. Nel bene o nel male, a storia recente europea
racconta che questo continente - dalla crisi greca a quella dei profughi
siriani - è vissuto delle sue esitazioni e delle sue improvvise accelerazioni.
A quanto pare, sta accadendo di nuovo. Allacciate le cinture.
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