Non
fare la fine della moglie di Lot
Bisogna guardarsi bene dal rischio che al
nascente partito democratico non accada quello che in un noto racconto della
Bibbia toccò alla moglie di Lot, che per essersi voltata indietro dopo la
distruzione di Sodoma e Gomorra, venne trasformata in una statua di sale (Gen, 19,26). Voglio dire che non si può
immaginare la nascita di una nuova formazione politica avendo lo sguardo
rivolto all’indietro, quasi bastasse esporre i ritratti di Sturzo o di Gramsci,
di De Gasperi o di Kennedy per trovare la giusta rotta. Le radici sono
importanti, ma le res novae che
abbiamo di fronte richiedono più libertà di movimento, più visione rispetto al
futuro.
Perché il processo costituente sia vero,
serve che si crei spazio adeguato a tale prospettiva di novità nell’immaginario
politico italiano. Siamo, infatti, dinanzi a qualcosa di inedito, a una terra
incognita, a un non-ancora da far nascere insieme, e non a uno spazio
disponibile da colonizzare secondo la legge del più forte.
Il partito democratico non può essere
neanche il risultato di un dosaggio alchemico, fatto magari col bilancino,
perché questo significherebbe farlo nascere in provetta come figlio di un
calcolo, e perciò artificiale. Il partito democratico dovrà altresì restare
lontano dalla facile tentazione dei prefissi, perché non potrà essere né post-,
né anti-, né tanto meno neo- o trans-. Sarà ovviamente pluralista, federativo,
riformista, questo sì, sensibile alla presenza delle donne nei ruoli di
responsabilità e attento a una soluzione innovativa e dinamica di tre questioni
cruciali: l’identità, la cittadinanza e la laicità.
Questioni apparentemente impolitiche ma che
si stanno invece rivelando decisive per chi è convinto che la politica sia
ancora una delle vie per costruire una «civiltà del convivere». Gli uomini e le
donne del XXI secolo – almeno nelle società occidentali – rischiano sempre più
di soggiacere a due derive forti della
democrazia: lo strapotere del denaro e l’invasività dei media. Una politica
ridotta a contratto, una partecipazione prevalentemente mediatica, un legame
sociale di natura meramente funzionale stanno erodendo le basi stesse della
democrazia.
Ma come dovrà essere allora questo partito
nuovo?
Innanzitutto il partito democratico sarà riformatore. Nel senso di dare risposte
originali a problemi nuovi. L’invecchiamento della popolazione, l’affermarsi
della società della conoscenza, il diffondersi del lavoro flessibile, la
finanziarizzazione dell’economia, i nuovi fenomeni migratori, le minacce
ambientali: inutile cercare risposte nelle pur antiche e nobili tradizioni.
Serve, invece, intelligenza e fantasia per evitare di limitarsi ad assistere a
questi cambiamenti, anziché tentare di governarli.
Il partito democratico sarà pluralista. Non dominato, come appare
oggi una buona parte della sinistra, da un’egemonia laicista. […] Il partito
democratico assumerà come principio regolativo l’autonomia della società civile
organizzata. Chi volesse riproporre vecchi collateralismi, immaginare nuove
egemonie o riesumare antiche cinghie di trasmissione, non farebbe altro che
rimettere in circolo una strumentazione irrimediabilmente passatista. E’ dalla forza,
dalla vitalità e dall’autonomia della società civile organizzata che possono
germogliare una nuova cultura civica indispensabile per governare le
istituzioni e aprirsi orizzonti non localistici nella tutela e nella difesa
delle identità, degli interessi e delle appartenenze. […] Il partito
democratico, infine, dovrà farsi carico di costruire quelle istituzioni del futuro che stentano
ancora a decollare: un grado superiore di ordinamento internazionale e una
politica estera da realizzare in forme non abituali e scontate, ma in una
prospettiva europea e aperta al mondo. Se si ha in mente questa stella polare,
allora ci si accorge che le attuali famiglie politiche europee sono vascelli
inadatti ad affrontare a mare aperto. Non è tanto questione di rinnegare la
proprie radici, bensì di scegliere insieme una strada per costruire istituzioni
capaci di interpretare la nuova coscienza globale dei cittadini del pianeta e
di dare forma politica al principio dell’interdipendenza.
Il partito democratico, insomma, non è
dietro l’angolo ma esige il coraggio di mollare gli ormeggi per prendere il
largo.