da: http://messaggeroveneto.gelocal.it/udine
La
denuncia dei genitori: "Nostro figlio ucciso dal precariato, il suo grido
simile ad altri che migliaia di giovani probabilmente pensano ogni giorno di
fronte a una realtà che distrugge i sogni". Michele ha scritto: "Non
posso passare il tempo a cercare di sopravvivere". Ecco il suo scritto-denuncia
di Michele
Con questa lettera un trentenne friulano ha
detto addio alla vita. Si è ucciso stanco del precariato professionale e accusa
chi ha tradito la sua generazione, lasciandola senza prospettive. La lettera
viene pubblicata per volontà dei genitori, perché questa denuncia non cada nel
vuoto: «Di Michele - dice la madre - ricorderemo il suo gesto di ribellione
estrema e il suo grido, simile ad altri che migliaia di altri giovani
probabilmente pensano ogni giorno di fronte ad una realtà che distrugge i
sogni»
* * *
di
MICHELE
Ho vissuto (male) per trent’anni, qualcuno
dirà che è troppo poco. Quel qualcuno non è in grado di stabilire quali sono i
limiti di sopportazione, perché sono soggettivi, non oggettivi.
Ho cercato di essere una brava persona, ho
commessi molti errori, ho fatto molti tentativi, ho cercato di darmi un senso e
uno scopo usando le mie risorse, di fare del malessere un’arte.
Ma le domande non finiscono mai, e io di
sentirne sono stufo. E sono stufo anche di pormene. Sono stufo di fare sforzi
senza ottenere risultati, stufo di critiche, stufo di colloqui di lavoro come
grafico inutili, stufo di sprecare sentimenti e desideri per l’altro genere
(che evidentemente non ha bisogno di me), stufo di invidiare, stufo di
chiedermi cosa si prova a vincere, di dover giustificare la mia esistenza senza
averla determinata, stufo di dover rispondere alle aspettative di tutti senza
aver mai visto soddisfatte le mie, stufo di fare buon viso a pessima sorte, di
fingere interesse, di illudermi, di essere preso in giro, di essere messo da
parte e di sentirmi dire che la sensibilità è una grande qualità.
Tutte balle. Se la sensibilità fosse
davvero una grande qualità, sarebbe oggetto di ricerca. Non lo è mai stata e
mai lo sarà, perché questa è la realtà sbagliata, è una dimensione dove conta
la praticità che non premia i talenti, le alternative, sbeffeggia le ambizioni,
insulta i sogni e qualunque cosa non si possa inquadrare nella cosiddetta
normalità. Non la posso riconoscere come mia.
Da questa realtà non si può pretendere
niente. Non si può pretendere un lavoro, non si può pretendere di essere amati,
non si possono pretendere riconoscimenti, non si può pretendere di pretendere
la sicurezza, non si può pretendere un ambiente stabile.
A quest’ultimo proposito, le cose per voi
si metteranno talmente male che tra un pò non potrete pretendere nemmeno cibo,
elettricità o acqua corrente, ma ovviamente non è più un mio problema. Il
futuro sarà un disastro a cui non voglio assistere, e nemmeno partecipare. Buona
fortuna a chi se la sente di affrontarlo.
Non è assolutamente questo il mondo che mi
doveva essere consegnato, e nessuno mi può costringere a continuare a farne
parte. È un incubo di problemi, privo di identità, privo di garanzie, privo di
punti di riferimento, e privo ormai anche di prospettive.
Non ci sono le condizioni per impormi, e io
non ho i poteri o i mezzi per crearle. Non sono rappresentato da niente di ciò
che vedo e non gli attribuisco nessun senso: io non c’entro nulla con tutto
questo. Non posso passare la vita a combattere solo per sopravvivere, per avere
lo spazio che sarebbe dovuto, o quello che spetta di diritto, cercando di
cavare il meglio dal peggio che si sia mai visto per avere il minimo possibile.
Io non me ne faccio niente del minimo, volevo il massimo, ma il massimo non è a
mia disposizione.
Di no come risposta non si vive, di no si
muore, e non c’è mai stato posto qui per ciò che volevo, quindi in realtà, non
sono mai esistito. Io non ho tradito, io mi sento tradito, da un’epoca che si
permette di accantonarmi, invece di accogliermi come sarebbe suo dovere fare.
Lo stato generale delle cose per me è
inaccettabile, non intendo più farmene carico e penso che sia giusto che ogni
tanto qualcuno ricordi a tutti che siamo liberi, che esiste l’alternativa al
soffrire: smettere. Se vivere non può essere un piacere, allora non può nemmeno
diventare un obbligo, e io l’ho dimostrato. Mi rendo conto di fare del male e
di darvi un enorme dolore, ma la mia rabbia ormai è tale che se non faccio questo,
finirà ancora peggio, e di altro odio non c’è davvero bisogno.
Sono entrato in questo mondo da persona
libera, e da persona libera ne sono uscito, perché non mi piaceva nemmeno un pò’.
Basta con le ipocrisie.
Non mi faccio ricattare dal fatto che è l’unico
possibile, io modello unico non funziona. Siete voi che fate i conti con me,
non io con voi. Io sono un anticonformista, da sempre, e ho il diritto di dire
ciò che penso, di fare la mia scelta, a qualsiasi costo. Non esiste niente che
non si possa separare, la morte è solo lo strumento. Il libero arbitrio
obbedisce all’individuo, non ai comodi degli altri.
Io lo so che questa cosa vi sembra una
follia, ma non lo è. È solo delusione. Mi è passata la voglia: non qui e non
ora. Non posso imporre la mia essenza, ma la mia assenza si, e il nulla
assoluto è sempre meglio di un tutto dove non puoi essere felice facendo il tuo
destino.
Perdonatemi, mamma e papà, se potete, ma
ora sono di nuovo a casa. Sto bene.
Dentro di me non c’era caos. Dentro di me
c’era ordine. Questa generazione si vendica di un furto, il furto della
felicità. Chiedo scusa a tutti i miei amici. Non odiatemi. Grazie per i bei
momenti insieme, siete tutti migliori di me. Questo non è un insulto alle mie
origini, ma un’accusa di alto tradimento.
P.S. Complimenti al ministro Poletti. Lui
sì che ci valorizza a noi stronzi.
Ho resistito finché ho potuto.
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