Ho scritto questo post nel lontano 22
gennaio 2009, nel momento in cui imperversava il “dibattito” dei Sacconi, dei Quagliarello e del cardinale Poletto sulla morte di
Eluana Englaro, sulla decisione del padre di staccare la spina.
Sono passati 8 anni. Nulla è cambiato dal
punto di vista legislativo, e non solo, in Italia.
Io la penso come allora. Non
ho certezze. Ho le stesse domande di allora. La risposta a certe domande
è il presupposto per scrivere una legge sensata in uno Stato laico in cui convivono
credenti e non credenti.
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Inizierò con domande che per la Chiesa,
Sacconi e altri risulteranno banali e inutili. E’ che non sono dotata come
loro, per quanto, ritengo che Dio - nel quale credo - mi abbia dato il dono
dell’intelligenza.
Una persona subisce un evento traumatico
per effetto del quale viene ricoverato in ospedale in condizioni cosiddette
gravi. Ed entra in coma.
I medici non sanno valutare o non si
esprimono in merito a quando il malato potrà uscire dallo stato di incoscienza.
Ovviamente, non essendo autonomo nè fisicamente nè cerebralmente, viene
sottoposto a cure adeguate e alimentato forzatamente per vivere.
Credo che conveniamo tutti sul fatto che
vogliamo e ci aspettiamo per il paziente cure appropriate che comprendono anche
un sostitutivo dell’alimentazione. Non ci aspettiamo certo che i medici
stacchino la spina. Tanto meno per liberare un posto letto.
Non sono un medico. Quindi mi chiedo. Lo
stato di coma non provocato farmacologicamente, ma dovuto appunto ad un evento
che ha danneggiato il fisico e il cervello di una persona, può essere di entità
e sviluppi diversi? E’ in grado la medicina di stabilire se il paziente può
risvegliarsi dal coma: come e quando?
Poniamo di essere in presenza di una
persona in coma, con danni cerebrali, per la quale non è possibile prevedere se
e quando potrà riprendere una vita autonoma. Ci sono pazienti che stanno in
coma per anni e ad un certo punto si risvegliano. Domanda. La medicina sa
spiegare perchè. Mi spiego. Se si verifica l’evento “a” e “b” ci può essere il
risveglio, se si verifica l’evento “c”, no.
Se è possibile stabilire - non con certezza
- ma con un fondamento dettato da conoscenza ed esperienza in quali casi è
possibile che il paziente riprenda vita autonoma la questione è semplice. Anzi,
forse non c’è questione. Non si dovrebbe trattare di accanimento terapeutico,
ma, di cure adeguate per mettere in condizione il paziente di tornare a miglior
vita.
Se, viceversa, non è ragionevolmente
pensabile di definire a priori o nel corso delle cure se e quando il paziente
tornerà a vivere autonomamente (seppure con le conseguenze e gli strascichi
lasciati dall’evento traumatico) la questione si apre.
Siamo nel caso in cui, i medici hanno
predisposto cure per restituire alla salute fisica e psichica il paziente e
conseguentemente, poichè il malato non era in grado di alimentarsi
autonomamente, hanno disposto l’alimentazione forzata. Il tempo passa, il
paziente continua nello stato di coma. Si può definire la sua condizione stato
vegetativo? Si o no? Quando scientificamente si può definire uno stato come
vegetativo?
Vorrei capire a questo punto cosa sia quel
comportamento che alcuni sostengono essere praticato per il quale, in presenza
di alcune condizioni, si sospende l’alimentazione forzata o non so che altro e
nel silenzio, nell’ignoranza dell’opinione pubblica, il paziente passa a tutti
gli effetti a miglior vita. Vorrei sapere se ciò che una parte del popolo
mormora succeda talvolta in qualche ospedale abbia un fondamento di
verità.
Se vi sono casi umani come quelli di Welby
o di Eluana Englaro nel quale “qualcuno” “alcuni” provvedono nel silenzio, di
che si tratta?E’ eutanasia?
Veniamo al caso in cui il tempo passa e la
persona vive, nel senso che il suo cuore batte, che altri organi lavorano più o
meno compiutamente e correttamente ma la testa non riprenda appieno le sue
funzioni. Il mantenimento in vita è dovuto ad una macchina e/o ad una
alimentazione forzata.
Se abbiamo umanamente e sensatamente deciso
che vogliamo che i medici pongono in essere tutte le cure adeguate perchè il
paziente potrebbe risvegliarsi e quindi, non ci aspettiamo che stacchino la
spina, se l’attesa si protrae, se passano i mesi e nulla muta nella condizione
del paziente, le condizioni che hanno consentito di mantenere le funzioni che
servono per stare in vita, cioè per avere un battito cardiaco sono da
considerarsi lecite, morali, dovute o accanimento terapeutico. Staccare una
spina, togliere l’alimentazione forzata è eutanasia o no in questi casi?
C’’è poi il caso di chi ha subito un evento
traumatico per effetto del quale non è incosciente ma il suo fisico è collegato
ad una macchina, tolta la quale il battito cardiaco cesserebbe. La persona in
questa condizione non ha vita propria autonoma e si considera un vegetale.
Staccare la macchina tramite la quale vengono mantenute le funzioni essenziali
perchè non si passi a migliore vita cos’è. E’ eutanasia?
Dopo queste banali domande alle quali il
cardinale Poletto e molti altri che si definiscono - come me - cattolici
credenti, hanno già le risposte, aggiungo per onestà quanto segue.
Viviamo. Nel senso che abbiamo facoltà
fisiche e psichiche che ci fanno sentire vivi. Nel momento in cui questo
equilibrio si dovesse spezzare per noi o per una persona che amiamo il dolore
ci porta immediatamente a pensare: non voglio vivere così, non voglio che viva
così. Questa non è vita.
La fede può venire in aiuto e farci
accettare qualcosa che razionalmente respingiamo. Ma non tutti hanno fede. Non
si può obbligare nessuno ad avere fede. E, comunque, anche chi crede può
attraversare momenti di crisi profonda. Di dubbi e di domande. Può trovare
risposte. Può allontanarsi dalla fede.
Laicamente e ragionevolmente parlando e
riconoscendo un valore alla parola collettiva morale, non è pensabile che in
uno Stato ognuno decida - seppure spinto da amore - quando deve porre fine alla
vita. Certo. Nessuno può impedire il suicidio. Se seguissimo il “sentire” il
“volere” dell’uno o dell’altro (e con quale criterio, perchè uno e non perchè
l’altro) superata la soglia di tolleranza e attesa di questo, si deciderebbe
per sè ma anche per altri.
E’ ovvio - la storia insegna - che il
decidere la fine della persona non è sempre affare di cuore. Anzi, quasi mai.
Nel corso dei secoli, si sono succeduti
modelli politici sociali diversi. Ciò che un tempo era norma è diventato
illecito in altri momenti e viceversa. Si gettavano i bambini nati con
malformazioni dalla rupe Tarpea. Oggi si mostrano in televisione per farsi
quattro risate. Come scriveva Brecht: prima di tutti vennero a prendere gli
zingari, poi vennero a prendere gli ebrei....La diversità rispetto al modello è
stata perseguitata ed eliminata. Persone che non sono in grado di vivere
autonomamente possono essere ritenuto un peso, un costo. Da evitare. Da
eliminare.
L’eutanasia può essere un modo per
eliminare pesi sociali. Come l’aborto.
Capisco - e non può essere diversamente
perchè sono umana - che ciò che molti sentono è la sofferenza per l’amore che
provano. Che non vi è intento di abuso e di manipolazione nel chiedere di porre
fine ad una certa condizione di vita. Ma il vivere insieme in un
paese comporta - laicamente - che lo Stato pensi alla vita delle persone,
non che ne disponga la morte secondo un modello politico sociale di
convenienza. Non è pensabile che si lasci ad ogni singola emozione - seppure
rispettabilissima e comprensibile - una decisione che ha riflessi collettivi.
Uno Stato deve mettere in condizioni di vivere, deve garantire il rispetto
della dignità umana. Deve porre in essere le condizioni di massima assistenza
ai malati e alle loro famiglie. E deve legiferare per rispondere alle esigenze,
alle attese di chi vive un dramma umano che bandisce certezze presunte.
Si facciano leggi. Ma non potranno essere
dignitose, ragionevoli e accettabili dalle diverse concezioni personali se non
ci poniamo alcune domande e se non siamo attraversati anche da qualche dubbio.
Coloro che non hanno dubbi, che non si
pongono domande, sono morti dentro anche se hanno una vita autonoma a tutti gli
effetti.
A loro non delego la decisione su cosa sia
o no eutanasia. Capito Poletto?
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