da: http://www.glistatigenerali.com/ - di
Paolo Natale
Gazebo si inventa un suo tutorial su
Auditel, dopo che la Nielsen – la società che cura le rilevazioni – ne
aveva ordinato un blackout di quindici
giorni, perché i nominativi paiono aver perso la propria privacy,
diventando la loro appartenenza di dominio pubblico. Risultato: è urgente
modificare il campione di famiglie, che sono circa 15mila, in tempi
rapidissimi.
Auditel dunque nell’occhio del ciclone. Le
rilevazioni degli ascolti televisivi, colonna portante del tariffario
pubblicitario, oltrechè spina costante dei programmatori tv, non possono essere
più effettuate con questo campione di italiani. Tutto sbagliato, tutto da
rifare, come avrebbe detto il buon Ginetto Bartali.
Cronache di ieri. Cronache di sempre? Lo
strumento di rilevazione degli ascolti, il mitico meter, creato sul finire
degli anni Ottanta con poco più di 600 famiglie-campione, è sempre stato
ampiamente criticato. E non senza motivo, fin dai suoi esordi. Perché?
Semplicemente per il motivo che era, già da allora, uno strumento gravemente
imperfetto. Non è possibile stimare con un campione così ridotto il
comportamento quotidiano dei cittadini televisivi. Le leggi della
statistica
non lo permettono. Non perché un campione porti con sé un certo errore, insito
nelle leggi probabilistiche, ma perché misurare dei comportamenti non è come
monitorare degli atteggiamenti, delle intenzioni di voto, delle fiducie nei
governanti. Queste ultime restano più o meno stabili, almeno nel breve periodo,
mentre i comportamenti sono molto più erratici, dipendono da quanto si ha
intenzione di fare quel preciso giorno, in quel preciso momento.
Se stasera la mia famiglia, che fa parte
del campione Auditel, invita qualcuno a cena, la tv non viene accesa,
preferendo la compagnia degli ospiti; se vado al cinema, la televisione rimane
spenta; se decidiamo di provare il nuovo videogame, il programma che
solitamente viene visto resta muto. Situazioni erratiche, declinate in misura
diversificata giorno per giorno, ora per ora. E per poter avere una sua
validità generale, estendibile a tutta la popolazione televisiva, il campione
deve essere necessariamente molto molto più numeroso. Alcuni se ne sono resi
conto: dalle 600 famiglie iniziali, si è passati prima a 5mila, fino alle
odierne 15mila. Ma non sono ancora abbastanza, ce ne vorrebbero almeno il
doppio, il triplo, ancora di più, per avere dati attendibili. L’unica cosa che
si poteva capire, allora come ora, era se un programma era visto da tante
persone oppure da poche. Nulla di più, certamente non con le percentuali (con
addirittura i decimali!) che ci sono state sempre fornite.
E una volta non c’erano oltretutto i mille
canali attuali, internet, tablet, smartphone con cui si vedono o rivedono i
programmi televisivi, secondo i tempi di ognuno di noi, secondo i propri
impegni quotidiani. Non solo il campione è oggi troppo povero, ma è l’intera
metodologia di rilevazione che va cambiata alle sue radici. E forse non sarà
possibile farlo, perché troppo dispendioso, e comunque imperfetti sarebbero i
dati finali.
Allora, tanto vale rimanere nella
convenzione, facendo finta che quelli siano dati attendibili. Basta che chi
paga gli inserti pubblicitari ci creda o, meglio, finga di crederci. L’Auditel
non è una vera truffa, come molti sostengono. E’ soltanto uno strumento che non
può essere utilizzato, perché troppo carente. Tutto qui.
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