Qual è il posto della politica? Ricordiamo
il principio di sussidiarietà, che conferisce libertà per lo sviluppo delle
capacità presenti a tutti i livelli, ma al tempo stesso esige più
responsabilità verso il bene comune da parte di chi detiene più potere. È vero
che oggi alcuni settori economici esercitano più potere degli Stati stessi. Ma
non si può giustificare un’economia senza politica, che sarebbe incapace di
propiziare un’altra logica in grado di governare i vari aspetti della crisi
attuale. La logica che non lascia spazio a una sincera preoccupazione per
l’ambiente è la stessa in cui non trova spazio la preoccupazione per integrare
i più fragili, perché « nel vigente modello “di successo” e “privatistico”,
non sembra abbia senso investire affinché quelli che rimangono indietro, i
deboli o i meno dotati possano farsi strada nella vita ».
Abbiamo bisogno di una politica che pensi
con una visione ampia, e che porti avanti un nuovo approccio integrale,
includendo in un dialogo interdisciplinare i diversi aspetti della crisi.
Molte volte la stessa politica è responsabile del proprio discredito, a causa
della corruzione e della mancanza di buone politiche pubbliche. Se lo Stato non
adempie il proprio ruolo in una regione, alcuni gruppi economici possono
apparire come benefattori e detenere il potere reale,
sentendosi autorizzati a
non osservare certe norme, fino a dar luogo a diverse forme di criminalità
organizzata, tratta delle persone, narcotraffico e violenza molto difficili da
sradicare. Se la politica non è capace di rompere una logica perversa, e
inoltre resta inglobata in discorsi inconsistenti, continueremo a non
affrontare i grandi problemi dell’umanità. Una strategia di cambiamento reale
esige di ripensare la totalità dei processi, poiché non basta inserire
considerazioni ecologiche superficiali mentre non si mette in discussione la
logica soggiacente alla cultura attuale. Una politica sana dovrebbe essere
capace di assumere questa sfida.
La politica e l’economia tendono a incolparsi
reciprocamente per quanto riguarda la povertà e il degrado ambientale. Ma
quello che ci si attende è che riconoscano i propri errori e trovino forme di
interazione orientate al bene comune. Mentre gli uni si affannano solo per l’utile
economico e gli altri sono ossessionati solo dal conservare o accrescere il
potere, quello che ci resta sono guerre o accordi ambigui dove ciò che meno
interessa alle due parti è preservare l’ambiente e avere cura dei più deboli.
Anche qui vale il principio che « l’unità è superiore al conflitto ».
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