da: http://www.lescienze.it/
Mangiare è una faccenda pericolosa, come
amo sempre ricordare. E periodicamente arrivano delle notizie che ce lo
ricordano. Ormai lo sapete: lo IARC, l'Agenzia Internazionale per la Ricerca
sul Cancro, un organismo parte dell'OMS, ha inserito ufficialmente le
"carni trasformate" nella categoria cancerogene, e le
"carni rosse" nella categoria probabili cancerogene.
Per "carni trasformate" si
intendono i salumi di qualsiasi tipo, i wurstel, le salsicce, la carne salata e
affumicata e così via, indipendentemente dal tipo di trattamento subito. Per
"carni rosse" invece, nel linguaggio medico (diverso da quello
gastronomico), si intendono carni di mammiferi, quindi manzo, maiale, agnello, cavallo,
cervo e così via. Non importa se siano da "allevamenti felici" o
industriali, che mangino erba o soia.
Sia sui giornali che sui social network si
possono leggere le reazioni più disparate. Da chi spara in home page che
"la carne è cancerogena", cosa errata perché qui si sta parlando solo
di carne rossa, mentre il consumo di carni bianche come il pollo non sembra
essere correlato allo sviluppo di tumori, a chi invece tenta comunque una
difesa di ufficio dei salumi italiani e della carne,
facendo dei distinguo privi
di validità sulla qualità degli allevamenti o sul contenuto o meno di
conservanti.
Chi trova giusto accostare il consumo di
pane e salame con l'amianto o il fumo di sigaretta, in modo da scoraggiarne
comunque il consumo perché "il fine giustifica i mezzi", e chi invece
minimizza dicendo che tanto di qualcosa dobbiamo pur morire, e giù di
salsiccia. Il tutto sommersi da numeri, difficilmente interpretabili dal grande
pubblico, e concetti scivolosi altrettanto difficili da maneggiare propriamente.
La comunicazione in questo campo è cosa
complessa, perché si scontra con un dato di fatto: ognuno di noi assorbe,
elabora e interpreta le informazioni che riceviamo in maniera diversa. È
inevitabile e chiunque faccia informazione o divulgazione ne deve tenere conto.
Cancerogeno
Quando usiamo parole come
"tossico" o "cancerogeno" dobbiamo mettere in conto che
oltre a un senso tecnico ben preciso, queste hanno anche assunto un significato
più o meno diverso nel linguaggio comune. In realtà sembra semplice: "cancerogeno"
è qualcosa che causa un qualche tipo di cancro. Nel caso dei salumi si tratta
principalmente del cancro del colon-retto. In realtà il problema, a livello di
comunicazione al pubblico, di questa definizione è nel verbo "causa".
Non è possibile darne una interpretazione di causa-effetto deterministica.
In altre parole, non posso dire "SE mangi salumi ALLORA ti verrà
SICURAMENTE il cancro al colon". Allo stesso modo non è possibile dire che
se fumi ti verrà sicuramente un cancro al polmone. Questo gli scienziati lo
sanno benissimo, e "cancerogeno" in realtà è qualcosa che, assunto in
determinate dosi e per un certo periodo, può aumentare il rischio di
contrarre un determinato tipo di cancro durante l'intera vita. Aumentare il rischio,
laprobabilità di prendersi un tumore al polmone.
Nell'interpretazione di molti invece, se
una sostanza o un alimento è cancerogeno, questo
fa sicuramente venire il cancro. L'essere umano non è bravo a
maneggiare rischi e probabilità e in qualche modo li rifiuta. Avrete sicuramente
sentito qualche volta la frase "mio nonno ha fumato fino a 90 anni e non
ha mai avuto un tumore!" per "smentire" in qualche modo l'idea
che il fumo causi il cancro al polmone. Oppure frasi analoghe riferite ad altri
comportamenti a rischio. Ovviamente il caso del nonno non smentisce proprio
nulla, così come è sempre possibile lanciare una moneta 10 volte e ottenere
tutte le volte testa. Tuttavia è sintomatico di come non sappiamo maneggiare le
probabilità, e preferiamo le certezze, per cui una cosa è cancerogena se e solo
se al singolo individuo causa il cancro. Non tutti ragionano così, certo, ma è
qualcosa da spiegare sempre quando si parla di cancro.
Un atteggiamento che ha la medesima origine
è quello di pensare che se nonassumiamo l'alimento o la sostanza
cancerogena, allora sicuramente siamo al riparo da quel cancro. Purtroppo anche
questo non è vero. Vi potrebbe venire (e statisticamente succede!) un tumore al
polmone anche se non fumate, e un cancro al colon anche se siete di stretta osservanza
vegana.
Nessuno vi potrà mai dire con certezza se,
anche mangiando culatello ogni santo giorno, vi verrà un tumore all'intestino
oppure no. Questo però non significa che mangiarlo o non mangiarlo esponga allo
stesso rischio. Tutto questo è ben noto agli specialisti, ma deve essere
esplicitamente ribadito quando si scrive o si parla al grande pubblico.
Numeri
e numeri
Facciamo un giochino. Ci sono cinque
alimenti che vi piacciono moltissimo e a cui rinuncereste solo in casi estremi.
Purtroppo è arrivata la notizia che lo IARC li ha classificati tutti come
cancerogeni. Ci rinunciate totalmente? Beh, dipende. Questa è una scelta
individuale che prima di tutto dipende da come voi percepite realmente il
rischio, e poi da come bilanciate il fatto che siano cancerogeni con il piacere
che vi danno quando li mangiate. Siete sicuramente in grado di fare scelte
drastiche visto che avete smesso di fumare quando avete scoperto che il fumo è
responsabile dell'86% dei tumori al polmone e del 19% di tutti i tumori. Però
qualche bicchiere di vino alla settimana ve le concedete, anche se l'alcool è
cancerogeno. Perché vi piace, e non potete mica andare a fare l'aperitivo col
succo di aloe, e pensate o sperate, forse vi illudete, di controbilanciare
l'effetto negativo del vino sulla vostra salute mangiando molta frutta e
verdura, e fibre da cereali integrali. Eliminare i vostri adorati cibi ora che
lo IARC li ha classificati come cancerogeni? Beh, ci dovete pensare. Per
decidere avete bisogno di qualche dato in più. Eccoli, per i vari cibi che
amate.
Pensate
a dei cibi che vi piacciono, e in base alle informazioni scegliete
cosa fare: continuare a mangiarli imperterriti, ridurne il consumo o eliminarli
totalmente.
Cibo
A:
mangiando una porzione giornaliera di 50 grammi, per tutta la vita, la
probabilità di ammalarsi nel corso della vita si incrementa dell'1,08%.
Cibo
B:
se non lo mangiate mai la probabilità che vi venga il cancro è del 6%. Se ne
mangiate 50 g tutti i giorni della vostra vita la probabilità passa al 7%.
Cibo
C:
se ne mangiate ogni giorno 50 grammi aumenta il rischio relativo di cancro del
18%.
Cibo
D:
causa un cancro abbastanza raro prima dei 40 anni. Dai 50 comincia a
manifestarsi e raggiunge il suo picco a 70 anni. Circa un italiano su 14 ne
viene colpito entro gli 84 anni di età.
Cibo
E:
è responsabile di 37.000 morti l'anno. È il tumore più frequente in Italia, con
il 14%, seguito da quello alla mammella e quello alla prostata. Quarto il
tumore al polmone.
La maggior parte delle persone, poste
davanti a una scelta reale, con queste informazioni, hanno reazioni diverse.
Possono decidere per esempio che il cibo A continueranno a mangiarlo perché
tutto sommato l'aumento del rischio (1%) è poco. Sul cibo B potreste ragionare
che comunque, sia mangiandolo che non mangiandolo cambia poco (dal 6% al 7%) e
tutto sommato ci sono cose più pericolose che fate nella vita. Altri invece
penseranno di ridurne il consumo.
Sul cibo C ci pensate un po': un aumento
del 18% vi fa pensare. 18 non è un numero piccolo. Alle informazioni sul cibo D
forse reagite diversamente a seconda dell'età: se siete giovane il fatto che
fino ai 50 anni questo non si manifesti vi può far decidere di continuare,
almeno per qualche anno, a mangiarlo. Poi si vedrà.
I numeri del cibo E sono francamente
impressionanti. Non so cosa abbiate deciso voi, ma in un'ottica di sanità
pubblica si deve fare di tutto per scoraggiare i cittadini al consumo.
Non so se voi, come me, abbiate avuto una
reazione diversa a questi numeri. Ma confesso che vi ho ingannati: i cinque
cibi sono in realtà un'unica categoria: i salumi e gli insaccati. La cosa
sorprendente è che stiamo parlando sempre dello stesso rischio –ammalarsi di
tumore al colon-retto mangiando salumi e insaccati– ma dal punto di vista
comunicativo l'effetto della percezione del rischio sul pubblico è diverso. Ed
è normale che sia così: ognuno di noi decide nella vita quali rischi accettare,
quali ridurre, quali eliminare (per quanto possibile) in base alle informazioni
incomplete che riceviamo. Il modo con cui le informazioni sono comunicate però
può fare una grande differenza. Ed è ovvio che l'atteggiamento che noi abbiamo
di fronte a un rischio possono portare, individualmente, a delle decisioni che
possono essere quelle meno auspicabili dal punto di vista collettivo.
Dal punto di vista comunicativo la scelta
del modo di illustrare un rischio può portare a una enfatizzazione (casi C, D e
E) o a una minimizzazione (casi A e B). È inevitabile che sia così perché
noi reagiamo ai rischi in maniera differente: la
nostra percezione del rischio cambia. Che fare dunque? Io non scrivo,
come invece legittimamente fanno altri, con lo scopo di incoraggiare o
scoraggiare i vostri consumi alimentari. Io mi accontenterei di aumentare
la consapevolezza al consumo, dando più informazioni possibili al
lettore in modo tale che possa decidere in autonomia cosa fare. E quindi in un
pezzo dedicato ai rischi derivanti dal consumo di salumi o di carne rossa,
penso sia corretto inserire tutte le informazioni che vi ho riportato
sopra, e non solo alcune, altrimenti otterrei implicitamente un effetto di
orientare le vostre scelte alimentari attraverso una percezione incompleta del
rischio.
La
classificazione
Un altro problema di comunicazione deriva
proprio dalla classificazione dello IARC degli agenti in varie classi. La classe 1,
quella in cui sono stati inseriti prosciutto, salsicce e wurstel, è quella dei
sicuramente cancerogeni. Da interpretare sempre probabilisticamente, come
spiegato prima. Insieme ai salumi c'è l'esposizione alla luce solare,
l'arsenico, il fumo passivo e attivo, il virus dell'epatite B e C, le bevande
alcoliche come il vino o la grappa, le noci di areca o betel e molti altri
agenti. La classe 2A, dove
è stata inserita la carne rossa (ma non altre carni e non i pesci) è quella
dei probabili cancerogeni. Fa compagnia ai fumi di frittura, al piombo o
alla professione del parrucchiere. La classe 2B invece è quella
dei possibili cancerogeni, come le microonde dei nostri cellulari o
il safrolo. Non è questo il luogo per entrare nei criteri che portano lo IARC a
inserire una sostanza in una lista o nell'altra.
La cosa importante da capire è che
l'esistenza stessa di classi diverse, che genera sempre molta
confusione, non indica una pericolosità diversa a seconda della
classe di appartenenza, bensì quanto è sicuro lo IARC che quella sostanza sia o
meno cancerogena.
Diciamolo meglio: una sostanza, un
alimento, un agente, o sono cancerogene o non lo sono. Domani o pioverà o non
pioverà. Noi però non sappiamo con sicurezza se domani pioverà, e quindi siamo
costretti a usare delle probabilità per descrivere la nostra incertezza su
questo fatto. Le previsioni del tempo esprimono la nostra incertezza sul tempo
di domani.
L'acido caffeico, contenuto nel caffè,
nell'olio di argan, in timo menta e salvia, e in molti altri vegetali, è nella
classe 2B. Questo significa che per lo IARC per ora le prove a favore di una
sua cancerogenicità sull'uomo non sono troppo convincenti. Magari domani
arriveranno degli studi più accurati e verrà messo d'ufficio in classe 1.
Oppure verrà completamente scagionato.
La carne rossa per ora è stata messa nella
classe 2A, insieme alla popolare bevanda sudamericana mate. Entrambi o
sono cancerogeni o non lo sono, ma lo IARC non ha prove certe. Forse non lo
sono ma è più probabile che lo siano rispetto agli appartenenti alla classe 2B,
però dobbiamo aspettare altre prove. Lo IARC non ha inserito nella classe 1 il
consumo di carne rossa, come ha fatto per la carne trasformata, perché
"non è stato possibile escludere la possibilità che l'associazione con il
cancro al colon-retto fosse dovuta al caso, o da altri fattori confondenti, con
lo stesso grado di confidenza". E questo perché l'associazione non è stata
osservata in vari studi di ottima qualità (8 su 15), e non è stato possibile
escludere l'effetto di altre diete o stili di vita.
In altre parole non basta solamente confrontare
la percentuale di cancro al colon tra persone che mangiano carne rossa e
vegetariani, perché non posso escludere che i risultati dipendano in realtà da
qualche altra cosa o dallo stile di vita complessivo, e non dal consumo di
carne rossa in particolare.
Quindi, per ora la carne rossa è in classe
2A. In futuro vedremo.
Confronti
Un altro problema di comunicazione,
cruciale, è di far capire che lo IARC non classifica i vari agenti in base
a quanto sono cancerogeni, né si occupa della stima del rischio,
individuale o collettivo, di una esposizione a un dato agente, una volta
stabilito essere cancerogeno. Questo significa che non è corretto nei confronti
dei lettori trattare tutti gli agenti cancerogeni nella stessa maniera. Detto
chiaramente dire che "i salumi sono come il fumo o l'amianto" è
profondamente sbagliato e di sicuro non si fa un servizio al lettore. Anche
perché si corre il rischio di un effetto "è tutto cancerogeno signora mia,
anche l'aria che respiriamo". Il fumo ogni anno causa più morti dei
salumi, e gli agenti cancerogeni lo sono in misura diversa, ma non è compito
dello IARC classificare questo aspetto. Per dare qualche numero, se venisse
provato il rapporto di causa-effetto tra consumo di carne rossa e cancro, una
dieta ricca di carne rossa sarebbe responsabile di circa 50.000 morti ogni
anno, al mondo. 37.000 invece per le carni trasformate. Per confronto sono
200.000 i morti causati dall'inquinamento atmosferico, 600.000 quelli dovuti
all'alcool e 1.000.000 quelli causati dal fumo. Questo non per minimizzare ma
per mettere nel giusto contesto.
Io non so se la lettura di questo (lungo,
lo sapete ormai ) articolo vi
ha tranquillizzato oppure vi ha allarmato. Se avete riconsiderato la vostra
propensione al consumo di salumi o se manterrete il vostro comportamento. Come
ho scritto ognuno ha inevitabilmente una reazione diversa. Spero solo di aver
messo nel giusto contesto i rischi che si corrono. Poi ognuno decide per sé.
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