mercoledì 21 ottobre 2015

Papa Francesco: Laudato Sì / 5




Quando si pongono tali questioni, alcuni reagiscono accusando gli altri di pretendere di fermare irrazionalmente il progresso e lo svilup­po umano. Ma dobbiamo convincerci che ral­lentare un determinato ritmo di produzione e di consumo può dare luogo a un’altra modalità di progresso e di sviluppo. Gli sforzi per un uso so­stenibile delle risorse naturali non sono una spesa inutile, bensì un investimento che potrà offrire altri benefici economici a medio termine. Se non abbiamo ristrettezze di vedute, possiamo scopri­re che la diversificazione di una produzione più innovativa e con minore impatto ambientale, può essere molto redditizia. Si tratta di aprire la stra­da a opportunità differenti, che non implicano di fermare la creatività umana e il suo sogno di progresso, ma piuttosto di incanalare tale energia in modo nuovo.
Per esempio, un percorso di sviluppo pro­duttivo più creativo e meglio orientato potrebbe correggere la disparità tra l’eccessivo investi­mento tecnologico per il consumo e quello scar­so per risolvere i problemi urgenti dell’umanità; potrebbe generare forme intelligenti e redditizie di riutilizzo, di recupero funzionale e di riciclo; potrebbe migliorare l’efficienza energetica delle città; e così via. La diversificazione produttiva offre larghissime possibilità all’intelligenza uma­na per creare e innovare, mentre protegge l’am­biente e crea più opportunità di lavoro.
Questa sarebbe una creatività capace di far fiorire nuo­vamente la nobiltà dell’essere umano, perché è più dignitoso usare l’intelligenza, con audacia e responsabilità, per trovare forme di sviluppo sostenibile ed equo, nel quadro di una concezio­ne più ampia della qualità della vita. Viceversa, è meno dignitoso e creativo e più superficiale insi­stere nel creare forme di saccheggio della natura solo per offrire nuove possibilità di consumo e di rendita immediata.

[…]
Affinché sorgano nuovi modelli di pro­gresso abbiamo bisogno di « cambiare il modello di sviluppo globale »,136 la qual cosa implica riflet­tere responsabilmente « sul senso dell’economia e sulla sua finalità, per correggere le sue disfun­zioni e distorsioni ».137 Non basta conciliare, in una via di mezzo, la cura per la natura con la ren­dita finanziaria, o la conservazione dell’ambiente con il progresso. Su questo tema le vie di mezzo sono solo un piccolo ritardo nel disastro. Sempli­cemente si tratta di ridefinire il progresso. Uno sviluppo tecnologico ed economico che non la­scia un mondo migliore e una qualità di vita in­tegralmente superiore, non può considerarsi pro­gresso. D’altra parte, molte volte la qualità reale della vita delle persone diminuisce – per il de­teriorarsi dell’ambiente, la bassa qualità dei pro­dotti alimentari o l’esaurimento di alcune risorse – nel contesto di una crescita dell’economia. In questo quadro, il discorso della crescita sosteni­bile diventa spesso un diversivo e un mezzo di giustificazione che assorbe valori del discorso ecologista all’interno della logica della finanza e della tecnocrazia, e la responsabilità sociale e am­bientale delle imprese si riduce per lo più a una serie di azioni di marketing e di immagine.
Il principio della massimizzazione del pro­fitto, che tende ad isolarsi da qualsiasi altra consi­derazione, è una distorsione concettuale dell’eco­nomia: se aumenta la produzione, interessa poco che si produca a spese delle risorse future o della salute dell’ambiente; se il taglio di una foresta au­menta la produzione, nessuno misura in questo calcolo la perdita che implica desertificare un ter­ritorio, distruggere la biodiversità o aumentare l’inquinamento. Vale a dire che le imprese otten­gono profitti calcolando e pagando una parte in­fima dei costi. Si potrebbe considerare etico solo un comportamento in cui «i costi economici e sociali derivanti dall’uso delle risorse ambientali comuni siano riconosciuti in maniera trasparente e siano pienamente supportati da coloro che ne usufruiscono e non da altre popolazioni o dalle generazioni future».

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