da: http://www.liberoquotidiano.it/
Matteo Renzi nega di aver favorito la
banche. In particolare respinge l’ accusa di aver dato un aiutino alla Popolare
dell’ Etruria, ossia all’ istituto di cui era vice presidente e consigliere di
amministrazione il padre del ministro Maria Elena Boschi. Il presidente del
Consiglio scansa, definendoli retroscena, anche le polemiche circa un
coinvolgimento in affari tra esponenti della sua famiglia e alcuni ex dirigenti
della banca finita nel mirino dopo il suicidio di Luigi D’ Angelo. Anzi, ha
aggiunto: «Mi fa schifo chi strumentalizza la morte delle persone». Bravo.
Anche a noi. Ma ancor più ci fa schifo chi
di fronte alla morte di una persona non ha il coraggio di ammettere i propri
errori. E che errori ci siano stati da parte del governo è fuori di dubbio.
Lasciamo perdere i controlli e l’ assenza di vigilanza che ha consentito all’
Etruria di rifilare titoli tossici nei portafogli di ignari clienti come il
pensionato di Civitavecchia che si è tolto la vita: di quello risponderanno i
vertici della Banca d’ Italia e della Consob quando avranno smesso di giocare
allo scaricabarile.
Veniamo invece a quello che Palazzo Chigi
ha fatto e poteva non fare. Ci sono almeno due punti che meritano una risposta
chiara, il contrario cioè di quella
fornita ieri dal premier dal palco della
Leopolda.
Prima questione: il decreto con cui all’
improvviso e in tutta fretta l’ esecutivo ha varato la riforma delle più
importanti banche popolari italiane, trasformandole dalla sera alla mattina in
società per azioni, ossia aperte al mercato e alla contendibilità. Il
provvedimento fu preso il 20 di gennaio e annunciato il 16. Tra gli istituti di
credito c’ era anche la Popolare dell’ Etruria, ossia una banca che già era in
difficoltà, aveva una situazione patrimoniale a rischio e addirittura non era
in grado di ottenere finanziamenti dal sistema bancario.
Averla inclusa nel decreto di gennaio
consentì però alla banca di Arezzo di beneficiare di generosi acquisti. Il
titolo che prima quotava 0,39 euro nel giro di pochi giorni quasi raddoppiò,
portando il valore delle azioni intorno a 0,60. La fiammata fu in assoluto la
più forte fra quelle delle banche coinvolte, tanto che qualcuno arrivò a
sospettare che ci fosse stata una fuga di notizie di cui aveva potuto
approfittare qualche investitore privilegiato. Ma al di là di come e perché la
banca di cui era vicepresidente il papà del ministro Boschi abbia visto
crescere le quotazioni di oltre il 60 per cento, c’ è un aspetto che lascia
perplessi.
La Popolare dell’ Etruria viene trasformata
in spa a gennaio e molti risparmiatori, pensando che sarà l’ inizio di un nuovo
corso, scommettono sullo sviluppo dell’ istituto toscano. Ma neanche il tempo
di acquistare il titolo ed ecco che a metà febbraio la Popolare viene
commissariata dalla Banca d’ Italia per gravi irregolarità e con il decreto di
novembre il suo capitale è azzerato.
Domanda:
come è possibile che a gennaio il governo riformi la
governance dell’ Etruria, lasciando intendere che l’ istituto ha un futuro
radioso davanti a sè, e a febbraio
questa sia commissariata? Chi rimborserà gli azionisti che hanno creduto nella
banca e hanno comprato i titoli tenendo conto del primo decreto del governo?
Forse Renzi non prova sensi di colpa nei confronti di Luigi D’ Angelo, ma nei
confronti di quegli azionisti che hanno comprato un mese prima di vedersi
commissariata la banca che prova?
Seconda
questione. Forse è vero che non c’erano molte alternative al
decreto di novembre con cui si azzerava il capitale dell’ Etruria e si
liquidavano con zero euro le obbligazioni subordinate. Forse è vero che non c’
era altro modo per salvare i correntisti e i dipendenti dato che il governo
aveva rinunciato a fare la voce grossa a Bruxelles, accettando – caso più unico
che raro in Europa – di non poter mettere mano al portafogli per tenere in
piedi gli istituti coinvolti nel crac. Ma a prescindere da tutto ciò c’ è un
aspetto che resta difficile mandare giù. Passi il salva banche, con i danni che
ha provocato, ma perché dobbiamo accettare anche il salva banchieri?
Come abbiamo spiegato, con il decreto l’
esecutivo ha messo una pietra tombale sulla possibilità per i piccoli
risparmiatori di fare causa ai vecchi amministratori dell’ istituto. Il
provvedimento del governo infatti mette al riparo da iniziative di responsabilità
sia i commissari che i vertici della banca, frapponendo fra i danneggiati e gli
eventuali responsabili il giudizio dell’ autorità di vigilanza, ossia di un
soggetto terzo condizionabile dalla politica, cioè da Renzi, visto che il
governatore di via Nazionale deve essere confermato e nominato dal governo.
Risultato, ci troviamo nell’ imbarazzante
situazione in cui indirettamente un giorno il presidente del consiglio potrebbe
dover dare il via libera alla causa di responsabilità nei confronti del padre di
un suo ministro, oppure doverla negare. Comprendiamo che il conflitto d’
interessi sia un argomento morto e sepolto da quando a Palazzo Chigi non c’ è
più Silvio Berlusconi. Ma la dignità non è ancora morta e sepolta e non bastano
quattro frasi a effetto dette sul palco della Leopolda per tumularla.
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