da: http://www.huffingtonpost.it/
Conflitto
interessi Maria Elena Boschi, tre grandi quesiti restano ancora senza risposta.
Il caso non è chiuso
di Alessandro
De Angelis
È un discorso ad alto effetto
comunicativo quello di Maria Elena Boschi, più che
politicamente incisivo. Anzi, è giocato molto sullo spostamento sul piano personale
dei punti “politicamente” più controversi e sul piano politico dei punti
dove veniva richiesto un chiarimento tecnico. Dice la Boschi: “Amo mio padre e
non mi vergogno a dirlo. Mio padre è una persona perbene e sono fiera di lui”.
Ecco, proprio per questo esistono delle norme che regolano i conflitti di
interessi in ambito familiare. In Italia c’è la legge Frattini, ridicolizzata
per anni dal Pd, perché consentiva a Berlusconi di andare nella stanza accanto
quando si parlava di Rete4. Maria Elena Boschi ha sempre detto che non ha
partecipato al primo del cdm sui decreti “salva-banche”. In tal modo,
rispettando la Frattini, ammette che c’è quel conflitto di interessi negato in
Aula. Sulle altre riunioni del Consiglio dei ministri c'è un mistero, dovuto al
fatto che gli atti delle riunione sono secretati.
Per
negare in Aula l’esistenza del conflitto, invece di chiarire se era presente o
meno ai consigli dei ministri che hanno varato gli
altri decreti
sulle banche, il ministro ricorre più volte all’espressione: “chi
sbaglia paga”. Il titolo, che arriva dritto nelle case degli italiani, è sul
passaggio: “Sono orgogliosa di fare parte di un governo che esprime un concetto
molto semplice: chi sbaglia paga. Se mio padre ha sbagliato deve pagare, ma non
lo giudica il tribunale dei talk show”. E, proprio sul passaggio che dà titolo,
il caso si mostra nient’affatto chiuso. Perché proprio nel decreto
“salva-banche” varato il 22 novembre ci sono le norme ribattezzate da parecchi
osservatori come “salva-banchieri”. Detta in modo semplice: il cdm vara il
decreto che recepisce la direttiva europea sul bail in, accollando al sistema
bancario e non allo Stato il costo del dissesto delle quattro banche bollite,
lasciando senza risarcimenti azionisti e obbligazionisti (tra le banche c’è la
Banca Etruria). In questo decreto c’è una clausola (articolo 35, comma tre) in
base alla quale, secondo alcune interpretazioni, viene reso più complicato per
gli azionisti chiedere risarcimenti ai manager e dunque – in quanto manager – a
papà Boschi. Un comma in base al quale chi ha sbagliato non pagherà. Ecco il
punto. Ed ecco perché sarebbe stato cruciale sapere se la Boschi c'era o non
c'era al cdm. Comma peraltro inserito, secondo la documentazione di Franco
Bechis, in riunioni preparatorie dei cdm dove la Boschi avrebbe partecipato. Notizia
questa non smentita né sui giornali né in Aula dal ministro durante il suo
discorso.
Più volte la Boschi ha usato nel suo
discorso i toni della figlia che difende l’onestà del padre più che del
ministro che parla di una banca spolpata dai manager e commissariata dal
governo: “Mio padre è stato destituito con commissariamento voluto dal mio
governo, dov'è il favoritismo nell'aver fatto perdere a mio padre l'incarico?”.
Al di là del fatto che i commissariamenti innanzitutto li vuole Bankitalia e i
governi ne prendono atto, il punto non chiarito è antecedente. Quando cioè il
padre, membro del cda della banca, diventa vicepresidente tre mesi dopo che
Maria Elena Boschi approda al governo. Tra l’altro diventa vicepresidente dopo
che fu sanzionato da Banca d’Italia per una serie di irregolarità individuate
dalla vigilanza. E multato di 140mila euro. Circostanza che il ministro ricorda
nel discorso: “Mio padre è stato sanzionato da Bankitalia e ha pagato la multa,
dov’è favoritismo da parte di Bankitalia?”.
Lo spartito sentimentale della bella favola
di provincia lascia aperti i nodi più di merito del rapporto tra ministro in
carica e operazioni che coinvolgono la banca dove lavora suo padre. Ad esempio,
la Boschi – e infatti scatta l’applauso – ricorda tutte le azioni avute dalla
famiglia di poche migliaia di euro diventate carta straccia. Sarebbe stato meno
ad effetto ma più interessante conoscere le modifiche azionarie che hanno
coinvolto lei e i suoi familiari fino al secondo grado (in base alla legge sul
conflitto di interessi) da quando lei è diventata ministro. E sarebbe stato più
interessante sapere, oltre alle azioni citate, quanti fidi, mutui e prestiti
aveva complessivamente la famiglia Boschi, se li aveva. Per diventare
vicepresidente di una Banca popolare di solito si deve avere una certa
rilevanza azionaria. In questa storia sarebbe invece stato promosso a
vicepresidente un signore con poche migliaia di euro di azioni e tre mesi dopo
che la figlia è entrata a palazzo Chigi.
Ad
effetto pure il riferimento a quanto disse, proprio la Boschi, sulla
Cancellieri. Frase ripetuta in questi giorni in diversi
talk show, a conferma di quanto i renziani doc siano attenti alla
comunicazione. Disse allora la Boschi: “Il punto non è se ci devono essere le
dimissioni del ministro o se viene meno la fiducia nei confronti del governo.
Il punto vero è che è in gioco la fiducia verso le istituzioni. Ancora una
volta si è data l’immagine di un paese in cui la legge non è uguale per tutti
ma ci sono delle corsie preferenziali per gli amici degli amici, per chi ha
santi al Paradiso. Io al posto suo mi sarei dimessa”.
In Aula il ministro rivendica
l’atteggiamento di allora, parlando della famosa telefonata alla famiglia
Ligresti. Dunque, riconosce che l’interesse pubblico è superiore a qualunque
diritto alla riservatezza, quando si è un ministro. Nello stesso intervento
però classifica alla voce “maldicenze” domande che le sono state rivolte con lo
stesso criterio di interesse pubblico. A partire da quelle sul padre, ma non
solo. A palazzo Chigi come consulente - se ne sta occupando anche il Csm - c’è
il procuratore capo dei Arezzo, procura che indaga sulla vicenda della Banca
Etruria. Evidentemente ha varie occasioni di parlare con esponenti del governo.
Come ha occasione Giuseppe Fanfani, membro del Csm che ha autorizzato
l’incarico extragiudiziario di Rossi e titolare ad Arezzo dello studio che da
sempre difende Banca Etruria. Insomma, si poteva dare qualche chiarimento in
più nell’ambito del triangolo tra accusa (Rossi) che ha un rapporto
professionale con palazzo Chigi, governo e un membro del Csm da sempre
difensore della banca. Tecnicamente, questo triangolo non rientra nel conflitto
di interessi, ma nella categoria di opportunità politica e trasparenza che la
Boschi richiese alla Cancellieri.
Il
caso resta aperto, appeso al destino del padre soggetto a una indagine di
Bankitalia in quanto membro del cda e appeso ai punti
politicamente irrisolti. A proposito, un dato inusuale: la Boschi ha votato la mozione di sfiducia che la riguardava. A
memoria, non era mai successo che un
ministro partecipasse a una votazione su di sé. Un conflitto di interessi, ma questo solo di stile.
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