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Nove
disastri in undici anni: abbiamo un problema, e sta in Bankitalia
di Andrew
Sentance
La Vigilanza della Banca d’Italia non va
bene. Mi stupisce che ci vuole il commissariamento di queste quattro piccole
banche per capirlo.
Prima di guardare i conti di queste 4
banche per evidenziare se era possibile/dovuto essere a conoscenza dei loro
problemi, è bene analizzare la questione del rapporto tra vigilanza e sistema
bancario in chiave storica. Questo aiuterà a capire che la Vigilanza della
Banca d’Italia è stata negligente, negli anni, a prescindere da questi ultimi
casi.
Negli ultimi undici anni ci sono stati
cinque casi nei quali la Vigilanza ha fatto errori importanti e, ogni
volta, avevo previsto questa carenza. Queste banche sono la Banca Popolare di
Lodi, la Banca Italease, la Banca Monte dei Paschi di Siena, la Banca Popolare
di Milano e la Banca Carige. Vale la pena di dedicare un breve paragrafo a
ognuno di questi casi.
La Banca Popolare di Lodi è stata la prima.
Si può anche sostenere che
fosse tutta colpa dell’ex-governatore, Fazio, e
che la Vigilanza non c’entri. In ogni caso, ne scrissi con largo anticipo.
Banca Italease: Vittorio Malagutti ha
pubblicato un articolo a fine marzo 2007, nel quale faceva riferimento ai
derivati venduti dalla banca alla clientela. Nel fondo dove lavoravo in quel
momento, eravamo allo scoperto perché la banca non faceva abbastanza
accantonamenti per le sofferenze, il capitale era insufficiente e c’era
qualcosa di strano con i derivati. La Banca d’Italia fece un’ispezione
all’inizio dell’anno senza trovare nulla di rilevante. A maggio, però, la banca
è esplosa perché i derivati invece di essere ‘normali’ erano ‘esotici’ e hanno
creato delle perdite ingenti.
Di Banca Monte dei Paschi di Siena, parlai invece qua, era
giugno del 2011. Da quel momento, la Banca ha fatto 2 aumenti di capitale per €
8mld e ne vale meno di € 4bln. Un altro, precedente, del valore di due
miliardi, era stato eseguito nel 2011.
Il caso della Banca Popolare di Milano è un
po’ diverso, perché in questo caso la Vigilanza diceva che la gestione della
banca fosse scadente e quindi la banca doveva aumentare il rischio del
portafoglio e per questo aumentare il capitale. Una cosa che non ho mai
visto da Lodi, Italease, Monte Paschi o qualsiasi altra banca. Poi la Vigilanza ha deciso di togliere
questo penale perché… boh.
Infine, Carige che resta il caso
mio preferito. Il motivo per cui pensavo la banca fosse gestita male, infatti,
stava nella sopravvalutazione della partecipazione
nella Banca d’Italia.
Ho fatti questo stringato elenco non per
vantarmi ma per fare una domanda, semplice. Se io riesco da solo dall’esterno a
prevedere dove le banche hanno dei problemi, cosa fa la Banca d’Italia con
8.000 dipendenti? La risposta sempre essere scontata: la Vigilanza della Banca
d’Italia non vale un granché.
Torniamo adesso ai casi di questi giorni.
Francamente, una premessa pare doverosa:
dopo aver perso miliardi solo con la Monte Paschi, non capisco perché la gente
si preoccupa improvvisamente per quelli che sono spiccioli di qualche
banca provinciale. Ma andiamo avanti.
La Banca delle Marche sembrava sana fino al
2012 quando, dopo anni di accantonamenti come percentuali dei prestiti forse
bassi – la media 2008-2011 era solo l’0,7% dei crediti rispetto allo 0,9% per
Intesa Sanpaolo -, sono esplosi al 6% e abbiamo scoperto la vera, bassa qualità
dei crediti. Guardandola da fuori, è impossibile aggiungere altro. Sarebbe
(stato) necessario controllare la gestione dei crediti importanti e vedere
se l’informazione fornita alla Vigilanza era congrua. Per dire, se la banca
diceva che un credito ad un azienda con un patrimonio basso, nessun utile e un
flusso di cassa negativa fosse buona, sarebbe (stato) necessario fare
qualche domanda: proprio le domande che Banca d’Italia non faceva.
La Banca Popolare Etruria e Lazio
ha registrato una perdita importante nel 2012, oltre € 200 milioni, e
nonostante un piano strategico a fine marzo 2013 che prometteva un
miglioramento notevole di tutto, ha registrato un’altra perdita nel 2013,
seppur contenuto a € 70 milioni. Forse era già troppo tardi ma una perdita così
importante nel 2012 suggerisce che una vigilanza più attenta fosse utile, e un
ulteriore perdita nel 2013 diventa preoccupante.
Carife ha registrato dal 2009 al 2012 (non
riesco a scaricare i bilanci precedenti) le perdite seguenti: € 70mln, € 47mln,
€ 4mln, € 105mln). Già nel 2010, avrei voluto sapere molto di più, se fossi
stato “il vigilante”. Il patrimonio, in teoria, andava bene, in pratica,
ma le perdite dovevano suggerire che era il momento di accendere un faro.
CariChieti. Difficile esprimersi, su
Chieti, perché non sono riuscito a scaricare i bilanci. Il sito della nuova
CariChieti non li fornisce per quanto vedo. Vale la pena di notare, però, quest’articolo. Nel
2013, dunque, Visco contesta «carenze nell’organizzazione e nei controlli
interni, con particolare riferimento ai rischi di credito e operativi, da parte
di componenti ed ex componenti il Consiglio di amministrazione e del Direttore
generale» e ancora « carenze nei controlli da parte dei componenti il Collegio
sindacale».
Questo suggerisce che la Banca d’Italia ha
visto qualche lacuna minore. Le sofferenze infatti ammontano a 435 milioni
di euro, che le perdite previste ammonterebbero a 304 milioni, che vi sarebbero
ingerenze vietate ed intrecci con personaggi della Fondazione, rischi in
materia di antiriciclaggio, “fidi facili” ad amici imprenditori e nomi noti a
livello locale, lacune nella gestione di crediti per 109 milioni di euro ad
alcuni imprenditori dell’area Chieti-Pescara, e poi ancora 5 milioni di euro
concessi a una società riconducibile a un consigliere della banca…
Nell’arco di 18/24 mesi, quanto veramente
ha cambiato dentro la CariChieti? I fidi facili, gli intrecci con la Fondazione
o le lacune nella gestione di crediti per € 109mln sono diventati così grandi
solo in quel periodo? A quanto sembra, ancora una volta, la Banca d’Italia
doveva fare un indagine ben più profonda già 2 o 3 anni fa.
In tutto questo, ho la sensazione che la
Vigilanza è brava a non vedere la foresta perché nascosta dagli alberi. E che i
processi sono strutturati in un modo tale che è facile per una banca apparire
“a posto” perché le indagine non approfondiscono mai i punti deboli delle
banche potenzialmente fraudolente.
Quello di cui non sono convinto per adesso
è che il capitale delle banche principali quotate sia insufficiente,
soprattutto quando l’economia italiana dovrebbe tornare a crescere. Sembra
ragionevole credere, per me, che questi casi rappresentino la fine, e non
l’inizio.
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