da: La Stampa
Il presidente dell’Inps Tito Boeri è
diretto, sincero e poco maneggione. Durerà poco. Ma anche ieri si è comportato
da galantuomo. Mentre il suo predecessore Mastrapasqua si vantava di nascondere
ai giovani le cifre delle loro future pensioni per timore di rivolte (peraltro
altamente improbabili in questo clima catatonico), Boeri ha detto con chiarezza
che allo stato delle cose un trentenne di oggi potrà smettere di lavorare solo
all’alba dei 75 anni, e per percepire dei simpatici assegni da fame. Chi ha
avuto l’ardire di nascere dopo il 1980 sgobberà cioè tutta la vita, al fine di
irrorare la pensione di chi è cresciuto in un’epoca di diritti sociali, ma
anche di privilegiati, ladri ed evasori abbastanza asociali. E ne verrà
ricompensato con un epilogo esistenziale a base di fatica e di stenti.
Ovviamente Boeri lo dice perché tutti ne
prendano coscienza e facciano qualcosa per modificare il finale. Infatti che il
finale sia quello, al momento, non è una profezia: è una certezza. Per fortuna
in quarant’anni può ancora cambiare tutto, a cominciare dal concetto stesso di
lavoro dipendente. Se nel mondo esistesse una classe dirigente non si dovrebbe
occupare d’altro, ma da
quando le personalità sono state sostituite dai
personaggi e gli statisti dai battutisti, la politica si è appiattita su un
eterno presente che coniuga i verbi al futuro solo per illudere e ingannare.
Toccherà agli interessati, in questo caso ai trentenni, inventarsi una vita e
un’economia diverse. Il tempo è l’unica cosa che non possono togliergli.
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