venerdì 18 dicembre 2015

Carlo Maria Pinardi: Le obbligazioni subordinate non sono tutte uguali


“Il punto resta però ancora una volta diffondere cultura finanziaria e fornire una corretta e completa informazione ai risparmiatori per una scelta consapevole”


Il tema delle obbligazioni subordinate è delicato. Il sistema bancario vi ha fatto ampio ricorso e bisogna evitare il rischio di una riduzione del credito al sistema economico. Per i risparmiatori è fondamentale la totale trasparenza prima e dopo il collocamento. Diffondere la cultura finanziaria.

I titoli subordinati in Italia
Il tema delle obbligazioni subordinate è assai delicato. E non solo perché coinvolge le migliaia di risparmiatori duramente colpiti per aver acquistato quelle delle quattro banche insolventi. Toccare un nervo sensibile del sistema bancario, che a queste obbligazioni ha fatto ampio ricorso, deve avvenire con grande attenzione per evitare che per mettere la classica pezza si peggiori la situazione. Il risparmiatore non sufficientemente avvertito deve accedere a questi strumenti affidandosi ai gestori professionali. Per gli altri, la totale trasparenza prima e dopo il collocamento deve essere invece l’elemento discriminante per poter investire.

Per quanto dolorosa, l’insolvenza riguarda una quota minima delle obbligazioni subordinate collocate in Italia. Molte sono le emissioni subordinate effettuate da gruppi bancari solidi, che non devono essere penalizzate indiscriminatamente.

Nel nostro paese, i titoli subordinati bancari sono oltre 74 miliardi (fonte: Promotio) e quindi rappresentano una fetta importante di approvvigionamento finanziario del sistema, senza considerare che numerose sono le realtà corporate che hanno emesso subordinati. Il totale delle emissioni andate in fumo a causa del crack delle quattro banche è pari a un miliardo e 100 milioni: l’1,5 per cento. Una cifra importante, ma circoscritta.
Se le banche dovessero rinunciare a questo canale senza sostituirlo con altri (cosa tutt’altro che banale nell’attuale contesto) diciamo per un importo pari al 50 per cento, ciò comporterebbe una riduzione approssimativa del credito al sistema economico di non meno di 300 miliardi. Si corre peraltro il rischio di mettere ancor più in difficoltà il credito cooperativo. Non è quindi argomento da trattare con leggerezza, anche perché la possibilità di emettere questa categoria di titoli in realtà rappresenta un compendio fondamentale per elevare la qualità del debito senior degli emittenti.

Cos’è un debito subordinato? Si tratta di una tipologia di debito le cui caratteristiche lo rendono intermedio tra l’investimento azionario e l’investimento obbligazionario senior. E che in caso d’insolvenza porta alla perdita del capitale.
Ci sono molti tipi (almeno otto versioni) di debito subordinato: il più semplice è il cosiddetto debito subordinato plain vanilla, seguito dal subordinato ibrido, dal subordinato junior, poi ancora dal debito con capitale rimborsato con svalutazioni, fino ad arrivare al subordinatohigh trigger, cioè col grilletto alzato. Basta la parola per comprendere come alcune di queste emissioni siano adatte solo a soggetti pronti a sopportare livelli di rischio assai elevato.

Prossimi passi
Limitare il collocamento ai soli clienti istituzionali è la soluzione? È chiaro che si tratta di titoli destinati preferibilmente a questi attori, ma impedire del tutto l’acquisto ai singoli risparmiatori avveduti e informati è inopportuno. Nella larghissima parte dei casi di obbligazioni subordinate bancarie, il rendimento assicurato in questi anni è stato eccellente. Basti osservare le performance che ancora si possono ottenere con questo tipo di strumenti per la stragrande maggioranza delle emissioni subordinate (vedi tabella): coloro i quali hanno investito in questi titoli hanno ottenuto sinora ottime soddisfazioni.

È certo assai difficile valutare ex-post il livello di comprensione che il singolo risparmiatore aveva all’atto della sottoscrizione. Ma quando gli strumenti rendevano (o rendono tuttora) il doppio o il triplo di quanto fornito dai titoli privi di rischio è difficile pensare che il risparmiatore fosse del tutto ignaro del livello di rischio sopportato e dunque sempre meritevole del salvataggio a carico del contribuente.
Ma la trasparenza deve essere assai maggiore. Un primo passaggio auspicabile è il ricorso al rating. È un caso che nessuna delle obbligazioni subordinate andate insolventi ne fosse dotata? Richiedere obbligatoriamente il rating per le emissioni rischiose destinate ai risparmiatori avrebbe dovuto rappresentare l’elemento discriminante per consentire o meno il collocamento sul retail. Per ciascuna delle tipologie di subordinati che abbiamo citato, partendo dal rating dell’emittente si assiste via via a una riduzione del rating di 1, 2 o piùnotch (unità di misura della scala dei rating) per tenere in debita considerazione il livello di rischio associato alla specifica emissione. Il rating deve servire in primis al consulente finanziario per informare correttamente il risparmiatore. Se questi non lo rende edotto o, peggio, nasconde l’informazione, allora sì che potremo parlare di risparmiatori truffati.
Un secondo punto fondamentale è spiegare se il titolo sia oggetto di quotazione. Essere quotati sul sistema multilaterale di negoziazione (Euro TLX), sul mercato telematico delle obbligazioni (Mot) o sull’High Multilateral Trading Facilities (HiMtf) è un passaggio chiave come fattore di trasparenza e di riduzione del rischio associato all’investimento.
Il punto resta però ancora una volta diffondere cultura finanziaria e fornire una corretta e completa informazione ai risparmiatori per una scelta consapevole.


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