da: Il Fatto Quotidiano
Sabato sera, quando s’è diffusa la voce di
un’altra ventina di espulsi nel M5S, ero a Merano, invitato dal locale meetup
5Stelle a parlare della trattativa Stato-mafia.
Cerco le parole per descrivere il volto di
quei ragazzi quando li ho informati degli ultimi boatos da Roma, ma non le
trovo. Sono i famosi “ragazzi meravigliosi” di cui parla sempre Grillo, sia in
originale sia nell’imitazione di Maurizio Crozza. Ed esistono davvero, e sono
davvero meravigliosi. A Merano preparano le primarie online per scegliere il
candidato sindaco (in primavera si vota sia a Merano sia a Bolzano) e intanto
supportano le battaglie del loro consigliere alla Provincia autonoma che
consulta gli iscritti prima di ogni votazione in Consiglio. Alla notizia delle
nuove, minacciate espulsioni, il commento più ricorrente era questo: “Ecco, noi
ci arrabattiamo dalla mattina alla sera, dedicando il nostro tempo libero a
inventare iniziative che avvicinino alla politica una cittadinanza sempre più
sfiduciata e impigrita, rimettendoci di tasca nostra perché siamo e vogliamo
restare senza un soldo pubblico, e poi basta una notizia da Roma, o da Milano,
o da Genova per rovinare mesi e mesi di duro lavoro”. Tutti increduli dinanzi a
un sogno che si sta trasformando nel peggiore degli incubi.
Intanto sulla email del Fatto arrivano
lettere di militanti, compresi i fondatori di alcuni meetup fin dal 2005, che
se ne vanno. Il nostro giornale, checché se ne dica, non è mai stato l’organo
dei 5Stelle, come non lo era dell’Idv o di Ingroia o di altri partiti (tipo
quello, tutto presunto, “delle procure”). Non dobbiamo nulla a nessuno e
nessuno deve nulla a noi. Ma sappiamo benissimo che la nostra lettura del
potere in Italia e dei sistemi criminali retrostanti era ed è condivisa da
tanti cittadini che, negli anni, hanno riposto le loro speranze di cambiamento
– spesso poi deluse – in quelle forze politiche, dopo aver tifato per Mani
Pulite e la Primavera di Palermo, poi confidato nell’Ulivo di Prodi
modello-base, poi partecipato alla stagione dei girotondi e dei movimenti
(sfociata ancora tre anni fa nella bella battaglia vinta dei referendum contro
l’acqua privata, il nucleare e l’impunità ad personam), e ultimamente – perché
no – accarezzato il sogno renziano.
È a questi cittadini che si è sempre
rivolto il Fatto: non per aderire a questa o quella sigla, ma per incoraggiare
politici onesti e non ricattabili a rompere quel grumo di interessi illegali e
ricatti incrociati che paralizza la vita pubblica e condanna l’economia
nazionale alla crescita zero. Il merito di Grillo e Casaleggio è stato offrire
a tanti italiani, perlopiù giovanissimi, uno strumento organizzato per
impegnarsi e provarci. Ora il movimento, dopo le crisi tipiche della crescita,
è diventato grande, ma i suoi fondatori sembrano non riconoscerlo più. Come i
padri gretti che diventano incapaci di trattare da adulti i figli maggiorenni
e, anziché accompagnarli con l’esperienza in un percorso sempre più autonomo,
li segregano in casa per non perderne il controllo. O li fanno interdire. O li
diseredano.
La nomina del direttorio a cinque (a parte
il metodo: molto meglio farlo votare dagli eletti) era un primo segnale di
apertura, subito purtroppo seguito da due di chiusura: l’estromissione di
Artini e Pinna dal gruppo della Camera senza neppure il voto dei deputati (che
peraltro avrebbe dovuto arrivare prima di quello del blog) e la minaccia di
fare altrettanto con 15, 17, o 20 parlamentari accusati di non si sa bene cosa.
Già era assurdo espellere due deputati accusati di “tenersi i soldi” (avevano
solo rendicontato la restituzione in un luogo diverso dal sacro blog). Ma ora
violare persino le proprie regole sulle espulsioni è pura provocazione, che
taglia le gambe al direttorio appena nominato. Il tutto nel momento (la crisi
di consensi del renzismo, l’onda nera del fascioleghismo, l’elezione del capo
dello Stato, robette così) che richiederebbe una presenza ancor più forte
dell’opposizione. Non si può neppure dire: “fermatevi prima che sia troppo
tardi”. Perché è già troppo tardi.
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